Colors: Blue Color

 

"Placida notte, e verecondo raggio della cadente Luna;
e tu che spunti fra la tacita selva in su la rupe;
nunzio del giorno...
mentre ignote mi fur l'Erinni e il Fato....
già non arride spettacol molle ai disperati affetti........


*********

COMMENTO
Un dolore cosmico pervade il Poeta nella sofferta rievocazione della enigmatica e sensibile Poetessa greca [14:20, 1/10/2020] +39 351 871 1468: pervasa da forte passionalità intrisa di struggente umanità il cui etico nitore viene decantato dal grande lirico greco Alceo.
La di lei storia esistenziale non suffragata da oggettivi e reali riscontri è falcidiata da fallaci calunnie da parte di artisti satirici del tempo che ottemperando al loro mordace spirito sarcastico la sprofondano nell'abisso dell'ambiguità femminea denigrando la sua figura fisica non baciata da dolce e formale estetica come invece è esaltata dai Poeti lirici che ammirando il suo spirito tendente ad assoluta libertà e a straordinaria intelligenza ne compongono un'immagine di statuaria bellezza non certo propensa ad un suicidio d'amore per un oscuro e incolpevole giovane.
Il Poeta recanatese pur conoscendo il crogiuolo di storia esistenziale della Poetessa di Lesbo propende per infelice similitudine con se stesso a cantare poeticamente "il disadorno ammanto" quale causa della insanabile depressione che la spingerà alla morte.
Il pessimismo del Poeta s'innesta nella delusione di Saffo di non vivere in un universale dolore in cui la Natura diventa cinica dispensatrice.
Nostalgico incipit è la sequenza di versi che si riversano nella contemplazione di una serena notte irradiata dalla flebile luce di una Luna calante che invita a momenti di placida meditazione contrastati però da altri di angoscioso pessimismo.
Allora inizia il triste ricordo dei tempi felici quando la Natura dispensava amene visioni con cui l'animo entrava in stretta simbiosi fino a quando una oscura coltre l' avviluppava in una dimensione di tetra infelicità generando naturale astio verso di Lei matrigna quale rea di averle rapito il piacere di vivere.

 

Non sono un’esperta né una studiosa di Dante, ma da sempre ho subito il fascino della Divina Commedia, poema che non smette mai di incantare perché in essa si scopre sempre una intrinseca attualità e modernità.
In questo mio breve scritto desidero soffermarmi sulla prima parte del XXXIII canto del Paradiso.

 

Per scrivere Poesia bisogna "sentire poesia nell’anima" e avere bisogno di scrivere l’emozione viva che suscita dentro.
La Poesia viene a cercarci, penso che prima che noi la amassimo, lei ci amò.
Da sempre io adoro la Poesia, sono innamorata di tutte le arti a dire il vero, ma la Poesia e la Pittura mi hanno cercata, chiamata e conquistata interamente... così tanto che, a suo tempo, lasciai il mio lavoro nella moda, per dedicarmi a queste arti, sempre senza rimpianti.
A tutti coloro che mi leggono, di cuore il mio abbraccio di Poesia
BUONE FESTE a tutti voi amici carissimi.


NATALE

Profondo fu il silenzio.
Freme
dal cuore del creato
un’essenza divina.
L’irrefrenabile evento
scende come la neve
....
sovrastando il tempo.

Palpito d’anime
capovolge in speranza
la paura,
non ore di vane stelle
cometa irraggiungibile
riluce.

Tra piccole fiammelle
passi - che nel segreto -
non sanno
trattenere l’intima follia
di un esilio,
mentre
speranza arde...
In tanta solitudine
nasce e s’immola
appassionato
Amore.

Stefania Melani@ d.r.

Foto di Stefania Melani @

 

Nel 2006 è stato inaugurato a Ulassai, in provincia di Nuoro, il museo d’arte contemporanea Stazione dell’arte dedicato all’opera di Maria Lai (1919-2013).
Allestito nell’ex stazione ferroviaria con un corpus di oltre centocinquanta opere, donate dalla stessa artista, il museo si affaccia su una valle circondata dai Tacchi calcarei ( monti calcareo – dolomitici il cui nome deriva dalla tipica conformazione simile a un tacco di scarpa).
Il museo occupa tre caseggiati restaurati, dove sino al 1956 si arrampicavano i treni sulla linea Gairo – Jerzu e costituisce il punto di arrivo di un percorso creativo, tra l’artista e il suo paese natio, avviato nel 1981 con l’intervento “Legarsi alla montagna”. Ispirandosi a un’antica leggenda locale, tutte le case del paese e le montagne circostanti sono state legate con un nastro celeste lungo ventisette chilometri.
A questo intervento ne sono seguiti molti altri trasformando il piccolo paese ogliastrino in un museo a cielo aperto d’arte contemporanea.


La stazione è gestita dalla Fondazione “Stazione dell’arte” che cura il museo permanente delle opere di Maria Lai. Le sue numerosissime opere non saranno esposte contemporaneamente ma seguiranno fili tematici e conduttori in divenire col tempo. Gli allestimenti potranno essere ammirati dal pubblico in percorsi espositivi, realizzati in diversi periodi dell’anno, allo scopo di creare uno spazio museale, al di fuori della canonica staticità, in continua crescita ed evoluzione.
Le opere di Maria Lai dialogano col territorio. La scelta del luogo infatti si presta all’intento, tanto caro all’artista, di avvicinare l’arte alla gente. La stazione, luogo di arrivi e partenze, di separazioni e ricongiungimenti, rappresenta la cornice ideale in cui ospitare le opere di un’artista che ha saputo rappresentare storie, riti e antichi saperi che legano la sua terra millenaria e il suo popolo con un progetto cucito nel tempo. E il tempo scorre sul filo della memoria.
Sul sito internet https://stazionedellarteexperience.com/ è possibile visitare la prima mostra online dedicata a Maria Lai dal titolo “Lente sul mondo”.
Maggiori informazioni sono reperibili sul sito del museo all’indirizzo http://www.stazionedellarte.com/

Nelle foto, estratte dalla pagina Instagram Stazionedellarte: Museo stazione dell'arte e Maria Lai 

 

Claudia Piccinno è una figura molto importante nell’attuale panorama letterario italiano. È poetessa e scrittrice, nata a Lecce, ma residente in provincia di Bologna. Da sempre si adopera per promuovere la poesia basata sul rispetto e sull’apprezzamento delle differenze, lottando contro i pregiudizi di genere. La sua opera è stata pubblicata in molte riviste del settore in Italia e all’estero. È membro della Consulta immigrazione italiani all’estero per l’AIM. È Direttrice per l’Europa del Word Festival of Poetry, ambasciatrice culturale di Istanbul Sanat Art Association e riconosciuta, nel 2017, come “World icon for peace” per WIP nella città di Ondo, in Nigeria. Ha ricevuto premi importanti in concorsi di poesia nazionali e internazionali tra cui la Stelae of Rosetta, World Literary Prize di Istanbul 2016 e la benemerenza civica, Ape d’argento nel 2019 dal Comune di Castel Maggiore (Bo). Ha tradotto molti autori dall’inglese all’italiano. Le sue poesie sono state tradotte in varie lingue. Molteplici le sue pubblicazioni. L’ultima silloge poetica dal titolo “Sfinge di Pietra” vedrà luce tra poco.

 

  • Il tuo nuovo lavoro “Sfinge di Pietra” affronta la misteriosa superficie della línea di confine che delimita quel che è intimo e quel che invece è estrinseco, esattamente come avviene nella metafora che usi nel titolo. Ci puoi parlare del processo creativo della tua nuova silloge dalla genesi fino alla sua pubblicazione?

 

La prima parte della raccolta comprende una ventina di componimenti scritti durante l’isolamento a cui la pandemia ci ha costretto la scorsa primavera. Le restanti liriche sono precedenti, alcune sono stralci di poesie pregresse che si collocano nel filone della sfinge. Non a caso, la mia prima raccolta, edita nel 2011 si chiamava La sfinge e il Pierrot. Ma se lì affrontavo il tema del doppio, questa volta mi sono concentrata, mio malgrado, sul solidificarsi di una voce univoca, quella della sfinge sebbene caratterizzata da ossimorica compresenza di stasi (la pietra, il dolore che ci mura in casa...) e il girovagare (sia pure metaforicamente, attraverso il sogno e lo stupore).

 

  • Ipazia di Alessandria, rappresentata nella splendida copertina dell’artista Immacolata Zabatti, cosa significa per questa tua nuova raccolta poetica?

 

Ipazia, filosofa e scienziata, scopritrice e studiosa, riuscì a ottenere un forte peso politico e culturale in un’epoca in cui le donne non avevano la possibilità di distinguersi nella scienza. Fu uccisa probabilmente perché la conoscenza non doveva essere appannaggio delle donne e lei, oltre che dotta, era una brillante divulgatrice di saperi. L’opera della bravissima Zabatti, richiama sì l’Egitto, ma richiama soprattutto l’indipendenza di giudizio ch’è il lascito migliore che qualsiasi libro possa produrre. La figura di Ipazia, donna open minded e tollerante, ci dimostra come la conoscenza sia l’unica chiave per abbattere i pregiudizi e ipotizzare una società sana, incontaminata. Ipazia non fece leva sulla sua bellezza per affermarsi, ma fece dello studio una ragione di vita, e in questo sento di somigliarle. “Se mi faccio comprare, non sono più libera, e non potrò più studiare: è così che funziona una mente libera” (Ipazia, in Ipazia Vita e sogni di una scienziata del IV secolo).

 

 

  • Nelle poesie presenti nelle tue molte sillogi passi dal “Perdersi dietro la paura” al correre libera come “Un cavallo senza briglie”, dall’ “Invocare pace” e dal bisogno di essere amata da Dio (“Amami Dio”) alla necessità di superare il dolore che viene dall’abisso della nostra anima, “dal nulla”. Che funzione pensi abbia la poesia?

 

La poesia non serve a niente, dice il nostro amico Dante Maffia. Eppure si impone con prepotenza in alcune fasi della nostra vita, scrivere versi è un’urgenza che avverto quando sono più turbata. Credo sia inscindibile dallo stupore e dall’ascolto, ma se per animi afflitti è terapia, nella mia vita è un patto di fiducia, se leggo poesia, respiro bellezza; se la scrivo mi nutro di parole in combinazioni sempre nuove, mi alimento di sonorità mista a semantica, creo strade alternative che mi rivelano infinite possibilità di espressione e libera interpretazione. La poesia ha una funzione pedagogica: è un antidoto all’omologazione, ci aiuta a sviluppare le nostre potenzialità espressive, e favorisce un sano pensiero divergente.

 

  • La poesia è figlia dell'ispirazione o del lavoro?

 

L’esercizio è importante, ma la poesia per sbocciare necessita d’ispirazione. Il labor limae viene dopo e occorre certamente una solida preparazione; ma il tecnicismo fine a se stesso, non basta.

 

  • Pensi che il poeta si evolve nella sua scrittura? Com’è cambiato il tuo linguaggio poetico negli anni?

 

Il poeta si evolve se si mette in discussione, lo si fa in un solo modo: leggendo. Certo le esperienze di vita e l’ascolto sono ottimi espedienti di crescita, ma occorre leggere tanto, occorre uscire dal proprio guscio narcisistico e rispettare la parola.

La mia scrittura è cambiata dacché ho iniziato a tradurre altri poeti, leggere i loro testi mi ha risvegliato associazioni di pensiero, mi ha ricordato studi di tanto tempo fa, mi ha fornito spunti di approfondimento lessicale e metrico. Credo che la poesia sia come una pianta di rose che vada curata.

 

  • Qual è lo scopo che ti piacerebbe si raggiungesse attraverso la tua poesia?

 

La poesia può diventare strumento di conoscenza, quando a Istanbul ho letto la mia poesia su Nawal Soufi, ho potuto raccontare la sua storia. La poesia può svolgere funzioni trasversali, raccontando di temi dei nostri tempi, infatti, diventa un modo di fare memoria. Mi piacerebbe che tante persone comuni si possano riconoscere, che la gente possa ritrovarsi in quello che i miei versi testimoniano, mi piacerebbe che la poesia non resti a uso esclusivo degli addetti ai lavori, sarebbe bello incentivarne la passione nei lettori sin da piccoli, senza forzare l’apprendimento mnemonico.  Rodari è stato un esempio di come la poesia non solo possa insegnarsi a tutte le età, ma di quante altre nozioni si possano divulgare attraverso la poesia. I suoi versi spiegano ai piccoli, i concetti più disparati, dalla geografia all’ortografia, dall’astronomia alla cibernetica.

 

  • Attualmente ti dedichi all’insegnamento. Com’è l’approccio dei tuoi ragazzi con la poesia? Cosa consiglieresti ai giovani che iniziano a scrivere poesia?

 

Insegno nella scuola primaria e ho negli anni sviluppato un modo interattivo di fare poesia, sulla falsariga dei Draghi Locopei di Ersilia Zamponi. Ai bambini piace moltissimo. Mio riferimento fisso è Rodari, ma utilizzo anche i suggerimenti di Bernarde Friot che ho avuto la fortuna d’incontrare personalmente. Ogni settimana dedico un’ora al laboratorio di poesia, quest’anno ho la quinta e ci dilettiamo non solo a scrivere poesia, ma a leggere e a comprendere le funzioni delle figure di suono e felle figure di stile. Il laboratorio di poesia è uno spazio di assoluta libertà creativa, ma li educa anche all’ascolto e al rispetto dell’espressività altrui.  Ai giovani che iniziano a scrivere suggerisco sempre di leggersi dentro, ma di non restare fermi, suggerisco di allargare lo sguardo agli altri, perché la scrittura è movimento, non è mai stasi. E ovviamente li invito a leggere i grandi poeti, a ricopiare versi su un diario personale, ad avere rispetto della Parola, a fidarsi della Parola che gli suona dentro. Celan diceva che la poesia è come una stretta di mano, perché non regalarci dei versi in questi momenti d’isolamento e tristezza?

 

 

Fonte Italine

Notizie