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Diciamoci la verità. In Calabria non è mai nata una vera stagione dell'antimafia, non è mai decollata una "Primavera" della "Società civile", non è mai nato dal basso un desiderio di costruire un modello sociale basato sulla normalità, basato sul rispetto delle leggi, sui diritti e sui doveri, non è mai nato un concetto reale di "cittadinanza". Come non è mai decollato un "vero e concreto" movimento antimafia.

Come, invece è accaduto in Sicilia dopo la morte di Falcone e Borsellino e come è accaduto finanche a Scampia, popoloso quartiere di Napoli, ben 90.000 abitanti, che vive una stagione di cambiamento con una forte riduzione dello spaccio di droga, con una rinascita del quartiere e con l'abbattimento delle "Vele" simbolo di "Gomorra". Ed ha ragione l'imprenditore e coraggioso testimone di giustizia, Antonino De masi, in prima linea da anni sul fronte della legalità, quando afferma in una sua accorata lettera di aver sempre "avuto la speranza che la mia terra, la mia gente, sarebbe riuscita prima o poi a riscattarsi, liberandosi dal giogo che l’imprigiona. Non vi è stato mai momento nella mia vita in cui non abbia trasmesso speranza e fiducia, certezze di riscatto, ho rappresentato sempre la “bellezza” della mia terra". Ma nella stessa lettera Antonino De Masi ammetta di vivere oggi delle incertezze. "Mi sembra di essere immerso in  tenebre profonde. Pessimismo, stanchezza, forse, o amaro realismo? Non lo so. Analizzando quanto sta avvenendo mi guardo intorno con queste sensazioni, con queste angosce, e mi chiedo cosa mi sta succedendo". "Mi guardo intorno e vedo ogni giorno, ogni momento, la malvagità dell’uomo e di come hanno ridotto, quei criminali cosiddetti mafiosi, questa terra, una situazione di asservimento presente da decenni e profondamente radicata in questi territori e nelle loro genti. Nonostante questo ho nutrito sempre la speranza di riscossa, come ebbi modo di riferire un giorno ad un avvocato, ricordando i film western visti da bambino: “Avvocato, non vedo l’ora che arrivino i nostri!”. Simbolicamente speravo di “sentire quella tromba che suonava  la carica” con i buoni, lo Stato ed i cittadini, che si riappropriano della loro libertà. A questa mia affermazione l’avvocato ebbe modo di rispondere con la sua saggezza: “De Masi, allora non ha capito che il problema sono proprio i nostri?”
Ho 62 anni - continua nella sua bellissima e profonda lettera Antonino De Masi - e sino ad oggi ho sperato di sentire quel suono della carica, quell’inno alla libertà, ma oggi mi sembra solo un’utopia. Quante stragi, quanti sacrifici, quanti morti nel nome di quella libertà mai arrivata sono avvenute, ed a che cosa sono servite? Sino a poco tempo fa ero certo che le forze del “bene” avrebbero prevalso su quelle del male, nel mio percorso ho visto e conosciuto uomini e servitori dello Stato che hanno messo al centro della loro vita il “bene collettivo”, lo Stato, la libertà. Mi sono commosso tante volte quando ho visto quei volti pieni di speranza e certezze nei propri principi, e da loro ho tratto la forza, l’energia per combattere le mie battaglie. Quegli uomini dello Stato, quei magistrati, quelle forze dell’ordine, sempre in prima linea, che in questi anni con sacrifico ed onore hanno combattuto questa battaglia a volte impari contro il potere mafioso mi hanno e ci hanno dato la speranza di un domani diverso, mantenendo accesa quella luce in fondo al tunnel. Sembra oggi che tante cose siano però cambiate. Abbiamo passato in Italia periodi bui e pieni di incertezze, ricordo il maxi processo di Palermo in cui un sistema criminale e di potere ha cercato di denigrare e distruggere le “forze del bene” (i magistrati e le forze dell’ordine) cercando di rappresentare all’opinione pubblica una realtà invertita dei fatti, facendo passare per malvagi gli uomini dello Stato e per eroi i criminali. Le stragi di quegli anni nascono proprio da questo clima. Stessa cosa avvenuta ai tempi di Mani pulite, dove il potere criminale con i suoi accoliti (media e politici) hanno attaccato frontalmente i magistrati che stavano facendo emergere i crimini commessi, cercando di offuscarli, coprirli o cambiare verità. Siamo oggi nel 2021 ed abbiamo l’esperienza di quanto avvenuto in passato, e con tutto ciò come è possibile assistere inermi agli stessi tentativi di sovvertire verità e delegittimare i poteri dello Stato? Da quello che si legge sui media e dalle percezioni che si hanno, sembra che la lotta alla mafia sia scomparsa dalle priorità dello Stato, come se la pervasività della criminalità che vediamo ogni momento, in ogni settore della nostra vita, sia scomparsa. Al contrario, così come emerso dalle tantissime indagini giudiziarie che quotidianamente fanno luce sui contesti che ci circondano, ogni angolo della nostra democrazia è stato infettato dal potere criminale; il sistema economico calabrese è quasi totalmente asfissiato dalle organizzazioni criminali ed anche il potere politico in alcuni contesti ne è pesantemente condizionato, così come la libertà di ognuno di noi.   Ogni giorno che passa la povertà di questa regione aumenta, il divario con le altre regioni del Paese si accresce, l’abbandono della popolazione con fenomeni di migrazioni sono ben evidenti così come anche la drammatica fuga dei nostri ragazzi, dei giovani che cercano speranza altrove.   Di fronte a questi drammi sociali che abbiamo sotto gli occhi, dove sono stati messi in discussioni diritti fondamentali quali la libertà, salute, lavoro, istruzione, noi cittadini calabresi che facciamo? Rimaniamo inermi, omertosi in silenzio, come sempre fatto. Il futuro dei nostri figli, i nostri diritti oggi negati, sono elementi sufficienti per farci reagire e “combattere”? Siamo di fronte a fatti gravissimi che noi abbiamo normalizzato, portandoci a vivere senza diritti e senza speranza, come se fossimo  “figli di un Dio minore”. Abbiamo normalizzato di essere chi non siamo, codardi. Sono questi momenti cruciali per il nostro presente e futuro e questo noi sembriamo non volerlo capire. L’attualità di oggi sembra essere data esclusivamente dalla gestione delle importanti risorse del Recovery Plan, dimenticando tutti che negli ultimi decenni in alcune aree del Paese come la nostra tutte le importanti risorse ad esse destinate (Piani di sviluppo, leggi speciali, etc.) sono state preda da parte di un “sistema di potere” di “padrini e padroni” senza minimamente apportare un reale beneficio al territorio a cui erano destinate. Di conseguenza sappiamo tutti che fine faranno quelle risorse. Mi chiedo e chiedo, in aree come queste dove, così come affermato dalle tante inchieste, il controllo del territorio è in mano alle cosche criminali, come possono governarsi tali ingenti investimenti senza subire il condizionamento della criminalità? Ricordo a me stesso, le parole di un ex ministro che ha detto “con la mafia bisogna conviverci” o le ignobili “tangenti di Stato” dove aziende statali pagavano il pizzo nei lavori pubblici. Lo Stato, il governo, sembra abbia dimenticato il dramma che il paese tutto sta attraversando (oltre il Covid che ha nei vaccini una soluzione) che è data dall’aggressione del potere mafioso.Perché con forza e determinazione le Istituzioni ed i cittadini tutti non mettono al centro del proprio agire la lotta alla criminalità, alle mafie, che purtroppo non ha vaccini e cure “scientifiche” se non la sola forza di un sistema Paese?" "Anche oggi, come accaduto in passato, stiamo assistendo - conclude Antonino De Masi - inermi ed in silenzio all’attacco di un sistema di potere, che ha come solo obbiettivo di normalizzare le cose, annullando il lavoro di tanti magistrati, delle forze dell’ordine e dei tanti calabresi onesti, che sono maggioranza. Può la pandemia del virus essere “la nebbia” che copre questa strategia?
Non è corretto scaricare il peso di tutto ciò sulle spalle di uomini e donne servitori dello Stato, spesso lasciati soli; questo Paese non ha bisogno di eroi o martiri, ma della consapevolezza che ognuno di noi faccia la propria parte. La lotta alla criminalità è l’unica speranza di un riscatto del sud e non solo, e ciò deve passare dal ruolo forte e determinato di uno Stato che faccia il suo dovere tutelando ogni giorno ed in ogni momento i suoi uomini e donne. Le mie sono parole non figlie di arrendevolezza e commiserazione , ma di rabbia e orgoglio che hanno il solo obbiettivo di “scuotere coscienze e risvegliare valori”, cito infine alcuni passaggi del nostro illustre Corrado Alvaro, sempre attuali nella loro drammaticità: “Nessuna libertà esiste quando non esiste una libertà interiore dell’individuo” e “La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile.”


 
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Info Autore
Gianfranco Bonofiglio
Author: Gianfranco Bonofiglio
Biografia:
Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Milano, docente ordinario di "Competenze digitali" negli Istituti Superiori dal 1990, impegnato sin dal 1987 in percorsi di educazione alla legalità e crescita della cultura antimafia, promotore di numerose iniziative nelle scuole e nelle Università per la conoscenza del fenomeno mafioso. Autore di numerose inchieste giornalistiche pubblicate anche su quotidiani di caratura nazionale. Docente di Storia della criminalità in vari corsi e varie iniziative del mondo universitario. Direttore responsabile dell'emittente televisiva regionale, Calabria News 24, Direttore responsabile e editore del quotidiano on - line "La Voce Cosentina.it" e del quotidiano on - line "LaVoceRomana.it". Moderatore di centinaia di convegni e scrittore di numerosi libri sulla criminalità.
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