A dare la triste notizia sono ormai le tante dichiarazioni di ricercatori, studiosi e scienziati, da cui emerge una chiara e netta attività di geoingegneria climatica. Di innocuo c’è ben poco, mentre di ingenuo c’è ancora, purtroppo, un nutrito numero di persone che ignora la gravità di quanto sta accadendo nei nostri cieli.
Ci sono voluti anni. Anni durante i quali ci hanno guardato di nascosto a sguazzare felici nell’acqua fredda, inconsapevoli. Poi, con pazienza chirurgica, hanno iniziato ad alzare la temperatura. Poco alla volta. Quasi impercettibilmente.
Che sorpresona! Il 94% degli italiani non vuole andare a morire nel Donbass e non ci vuole mandare neanche i propri figli. Se fanno un sondaggio tra francesi e tedeschi, sarà il 99%. Se lo chiedono agli ucraini, il 100%.
C’è un’"altra" Ucraina che non finisce nei titoli dei giornali occidentali. Non è quella delle foto in posa con le bandiere gialloblu, degli abbracci con Ursula e Macron, delle standing ovation nei parlamenti. È l’Ucraina di chi viene rastrellato per strada, strappato dal lavoro, dalla famiglia, dalla vita civile, per essere trasformato in carne da cannone. Una storia tra le tante è quella di Alexandr, ucraino puro sangue 100%, nome di battaglia "Yakuza", che fino a un anno fa insegnava giapponese all’Università di Kiev e oggi combatte per i russi contro il suo stesso governo.
Escalation nucleare? I servizi segreti USA avvertono: non stiamo giocando a Call of Duty
di Massimo Reina
Ogni tanto, persino dalle stanze ovattate dell’intelligence americana, esce fuori un barlume di lucidità. È il caso dell’ultimo rapporto dell’Office of the Director of National Intelligence, redatto sotto la guida di Tulsi Gabbard, che per chi non la conoscesse, è il principale consigliere del presidente degli Stati Uniti, del National Security Council e dell'Homeland Security Council per le questioni di intelligence correlate alla sicurezza nazionale, supervisiona e dirige il National Intelligence Program, e dirige la United States Intelligence Community, composta da sedici enti e agenzie, comprese CIA e FBI.
...quando prepararsi alla guerra (?) sembra una gita scolastica!
di Guendalima Middei
Al peggio non c’è mai fine? Ormai ne parlano tutti ed è diventato virale il video che ci invita a preparare una «borsa della resilienza» con 10 oggetti per sopravvivere 72 ore. Non so se lo avete visto con i vostri occhi, ma io ho fatto fatica a credere che fosse reale.
Ecco, sono rimasta scioccata dalla faccia sorridente e spensierata di Hadja Lahbib, la commissaria europea per la Gestione delle crisi, che mostra il contenuto della sua borsa come se si preparasse a una scampagnata. E, poi, illustra, neanche fosse una televendita, gli "accessori indispensabili": «Ecco il mio amico speciale: il coltello svizzero con 18 funzioni (per aprire la scatoletta di tonno mentre fuori cadono i razzi, chiaro), non puoi non averlo». Il tutto condito da risatine preregistrate e la perla: «Una bottiglia d’acqua è vita», declamata con l’entusiasmo di uno spot.
Sono rimasta scioccata dal livello di superficialità con cui si è dipinto uno scenario da brividi. Dal tono da maestra d’asilo che spiega come fare un lavoretto. Soprattutto, dal fatto che qualcuno abbia potuto scriverlo e altri abbiano pensato: «Sì, pubblichiamolo!».
Vi ho parlato di continuo del potere delle parole. Dell’importanza delle parole. Di come le parole non siano mai soltanto parole ma strumenti di potere. Vi ho parlato di continuo di quella cosa che si chiama «manipolazione» verbale, e di quell’altra cosa che si chiama «prendere le parole, storpiarle, deformarle» per farne ciò che si vuole. Perché dare a questa schifezza il nome di «borsa della resilienza» significa far passare il messaggio che affrontare una catastrofe umanitaria o un attacco imminente sia qualcosa di «positivo», una prova da affrontare, una sfida da superare. E più vedevo questa signora ridere, più a me veniva da piangere!