di Rita Scelfo
Nel mese di Novembre, a partire dal giorno dedicato al ricordo dei cari defunti, in tutte le pasticcerie siciliane si può ammirare un tripudio di colori, un caleidoscopio di colori e forme che riproducono in maniera impeccabile ortaggi e frutta.
La tradizione popolare vuole che nella notte tra il 1° e il 2 Novembre, i defunti ritornino sulla terra ciascuno alla propria casa portando ai bambini regali e dolci; i dolci vengono chiamati “ossa di morto”.
Le ossa dei morti
Ma è la "frutta martorana, il dolce tipico realizzato con zucchero e farina, che impera e adorna le vetrine in Sicilia. Riguardo la sua nascita ci sono due versioni: la tradizione popolare racconta che prende il nome dalla nobildonna Eloisa Martorana che fondò il terzo monastero benedettino di Palermo, oggi sede della facoltà di architettura accanto alla chiesa della Martorana.
Nel giardino del monastero, le suore coltivavano agrumi vari e il Vescovo, incuriosito dal profumo che proveniva da questo giardino, si recò in visita al monastero per la festa di Ognissanti ma, essendo in pieno Autunno, gli alberi erano spogli e l’orto era carente dei suoi ortaggi; così, le suore, ebbero la felice idea di mettere sui rami spogli, dei frutti fatti con la pasta di mandorla, di colorarli e in altrettanto modo abbellirono l’orto. Nacque così la frutta martorana con i suoi limoni, melograni, arance, fichi d’india, castagne ecc… che, in seguito, fu realizzata per le nobili famiglie.
La scrittrice Maria Oliveri ne “I segreti del chiostro, storie e ricette dei monasteri di Palermo” racconta, invece, che la frutta martorana fu inventata dalle monache della Martorana che in Autunno ricevettero la visita non del Vescovo ma del re che volle vedere il bellissimo giardino di cui tutti parlavano con tanto entusiasmo. Una suora pensò ad un dolce in onore del re e così fece dei dolci a forma di arance e limoni da appendere ai rami spogli. Il re ammirò questi alberi ricchi di frutti e volle assaggiare un’arancia ma capì che non era un frutto e tra i complimenti dello stesso e una risata generale, la suora superiora disse: «Questi fruttini di mandorla e miele sono stati realizzati in vostro onore, maestà», mentre il Gran Cancelliere aggiunse: «Sono dolci degni di un re, sono proprio regali, potremmo chiamarli pasta reale!».
Nel suo libro la scrittrice Maria Oliveri scrive che “la frutta martorana profuma di luoghi lontani e sono piccole opere d’arte, testimoni di una vita vissuta al femminile tra le mura di un convento” che ai nostri occhi assumono un aspetto misterioso; ci riportano, così, ad un passato che la città di Palermo ha vissuto e si ha l’impressione di tornare indietro nel tempo, ai sapori e ai profumi che emanavano queste delizie.
Un altro dolce tipico è la “Pupa di zucchero” o “Pupaccena” e i molteplici “Pupi di zucchero”, realizzati esclusivamente di zucchero, colorate e che riprendono i personaggi dell’“opera dei pupi”, dei paladini di Francia. La tradizione popolare fa riferimento ad un nobile arabo che, caduto in bassa fortuna, offrì questa leccornia fatta da un solo ingrediente in quanto non poteva più permettersi altro; un’altra versione fa riferimento a dei marinai provenienti da Venezia che raccontarono di un banchetto realizzato con posate, piatti e tovaglioli di zucchero in onore di Enrico III di Francia.
I pupi di zucchero non possono mancare nel “cannistru”, un cesto che la tradizione vuole si metta a casa come simbolo di benessere in memoria dei cari estinti. Nel “cannistru” si mettono i pupatelli (dolci con all’interno mandorle tostate), i taralli (dolcetti rivestiti di glassa di zucchero), i tetù e catalani (i primi bianchi velati di zucchero, i secondi marroni spolverati di polvere di cacao).
Si usa, anche, preparare la “muffoletta”, una pagnottella mangiata calda e condita con olio, sale, pepe, origano, acciughe, formaggio primosale : Una vera bontà!
Oggi le insegnanti, in particolare delle scuole primarie, in prossimità del 2 Novembre si dilettano a realizzare insieme agli alunni la frutta martorana utilizzando le varie formine e i colori vegetali che poi, i bambini, doneranno alle mamme.
Questo è molto importante per non perdere il valore del proprio patrimonio culturale, per mantenere vive le tradizioni ripercorrendo, attraverso i colori e i sapori, i pensieri di un popolo; bisogna parlarne per non abbandonare la nostra storia, per non perdere quei valori che testimoniano l’amore verso la nostra Terra e ne fanno riaffiorare la memoria emozionale.
La frutta martorana
I pupi di zucchero