di Monica Vendrame
C’è un momento preciso, durante la Pasqua, in cui torniamo tutti un po’ bambini: quello in cui si scarta l’uovo. La carta frusciante, il cioccolato che si spezza tra le mani, e la sorpresa — che sia un gioiellino, un gioco o un messaggio — fa comunque brillare gli occhi. Rompere il guscio non è solo un gesto, ma un’apertura simbolica alla primavera: dentro c’è il sapore della pazienza artigiana, il fremito dell’attesa e l’eredità di una cultura che trasforma il cioccolato in poesia.
Non è un caso se alcuni dei più bei (e buoni) esempi di uova pasquali nascono qui, nella patria del gusto. A Torino, la storica Caffarel fonde secoli di maestria con design avanguardistici, mentre a Modica, il cioccolato grezzo – lavorato a freddo come volevano gli antichi aztechi – diventa uovo dalle venature dorate, omaggio alla Sicilia barocca. Passando per Perugia e Alba, il cioccolato italiano è una forma d’arte che si rinnova ogni primavera.
In Toscana, botteghe rinascimentali trasformano l’uovo in una scultura: draghi, castelli, mazzi di fiori interamente commestibili, dove ogni petalo è un velo di zucchero soffiato. E il cioccolato non è solo dolce: negli ultimi anni, complice la creatività degli chef, sono spuntate versioni salate e gourmet, con accostamenti audaci come fondente al peperoncino di Calabria o al latte con sale affumicato di Cervia.
La sorpresa è il cuore narrativo dell’uovo di Pasqua. Se Fabergé vestiva le uova d’oro e gemme per gli zar, i maestri cioccolatieri piemontesi preferivano nascondere versi d’amore o semi di melograno, simbolo di prosperità. Oggi, quella sorpresa è diventata un dialogo intimo: c’è chi incastona una chiave per una casa nuova, una foto di un viaggio indimenticabile o un biglietto con un “grazie” scritto a mano.
Per chi cerca l’effetto “wow”, artigiani digitali creano sorprese su misura: miniature dei personaggi preferiti, gadget per brand o persino ologrammi che raccontano una storia. E c’è chi, come una bottega milanese, offre sorprese “vive”: semi di basilico da piantare, perché la rinascita pasquale fiorisca davvero.
In Italia, le uova non si limitano al formato “standard”. Nel 2011, a Cortenuova (Bergamo), è stato realizzato un uovo di 7.200 chili, entrato nel Guinness. Ma è nel 2023 che un pasticcere di Brescia ha sfidato i record con un’opera ispirata alla Primavera del Botticelli: 3 metri d’altezza, decorato con fiori di marzapane e una sorpresa-mosaico di cioccolati monocromatici, dal bianco perlato al rubino.
Ogni regione, però, ha la sua fantasia. A Caltagirone, in Sicilia, nascono uova in ceramica dipinte a mano, che sembrano rubate a un affresco bizantino. A Firenze, laboratori d’arte dolciaria permettono di “scolpire” il proprio uovo, mentre in Puglia, tra ulivi secolari, i bambini imparano a modellare il cioccolato ascoltando storie di rinascita.
La classica “egg hunt” anglosassone ha preso piede anche da noi, ma con uno stile tutto italiano. A Matera, nel 2024, 500 bambini hanno cercato uova tra i Sassi, trasformando la storia in gioco. A Napoli, invece, la caccia diventa gastronomica: tra vicoli e profumi, si inseguono assaggi di pastiera, taralli dolci e colomba al limone di Sorrento.
E c’è chi trasforma il rituale in impegno sociale: a Reggio Emilia, nel 2023, le uova nascoste nel centro storico hanno finanziato borse di studio per giovani pasticceri. Intanto, alcuni artigiani scelgono cacao etico e packaging biodegradabile, regalando al pianeta una dolcezza senza rimorsi.
L’uovo pasquale italiano non è solo un dolce: è un scrigno che custodisce l’essenza di un popolo. In quel gesto di rompere il cioccolato c’è il coraggio di ricominciare (come la primavera), l’orgoglio di un saper fare che sfida il tempo e quella tipica sprezzatura nel mescolare sacro e profano. Perché in Italia, persino una sorpresa di stagnola sa diventare storia.
Piccola curiosità storica:
Il simbolo dell’uovo, come messaggero di vita e rinascita, è antico quanto le civiltà. Gli Egizi lo deponevano nelle tombe, i Romani lo donavano a primavera come augurio. Ma è con la tradizione cristiana che l’uovo diventa metafora della Resurrezione: un guscio che si schiude, come il sepolcro vuoto.
Che sia gigante o tascabile, classico o audace, l’uovo di Pasqua italiano resta una promessa. Di dolcezza, certo, ma soprattutto di stupore. Perché in un mondo che corre, saper custodire il rito dell’attesa – quel momento in cui il respiro si ferma prima di scoprire cosa c’è dentro – è forse la più autentica delle magie. Buona Pasqua, con la lentezza di chi assapora ogni crepa del cioccolato, e la leggerezza di chi ancora crede nelle sorprese.