di Fiore Sansalone
La domenica delle Palme, la festa per antonomasia dei contadini, rappresenta uno degli appuntamenti religiosi più importanti dell’anno. Una ricorrenza tradizionale legata allo scambio di palme e di ramoscelli di ulivo e di alloro, che assume un significativo valore per le virtù magiche e miracolose attribuite a queste piante.
La festa, che rappresenta il primo gradino della settimana santa, ricorda l’ingresso di Gesù in Gerusalemme acclamato da una moltitudine di persone che vedevano in lui il Messia d’Israele giunto a liberare il suo popolo. Un ingresso trionfale, salutato dalla folla con rami di palma e di ulivo in segno di vittoria.
La ricorrenza, che cade all’inizio della bella stagione, dopo il grigio torpore invernale, viene accolta con gioia e rinnovata speranza nei villaggi calabresi. In ogni comunità si rinnovano riti e usanze legate al giorno della festa, con momenti di sana socialità e fede cristiana. Per i campi è un via vai di gente, intenta a munirsi di ramoscelli di ulivo e di alloro da benedire durante la funzione religiosa della domenica.
La cerimonia della benedizione delle palme e dell’ulivo richiama alla memoria rituali arcaici a cui si è sovrapposto il carattere cristiano della ricorrenza, basato sulla purificazione; rituali che assumono un preciso significato sacrale e propiziatorio: i rami di ulivo benedetti vengono piantati nei campi al fine di ottenere un raccolto migliore ed abbondante; altri vengono posti accanto alle immagini dei Santi e dei defunti ed i rimanenti sistemati nelle stalle e negli ovili. In casa, vengono appesi dietro l’uscio o sui davanzali, poiché si ritiene portino fortuna e tranquillità per tutta la famiglia. Lo stesso avveniva presso gli antichi greci dove era costumanza appendere alle porte delle case l’iresione, un ramo di ulivo intrecciato a forma di corona, carico di frutti, che si toglieva l’anno seguente bruciando il vecchio.
Il giorno della vigilia ogni buon genitore si preoccupa di confezionare ‘a parma ai propri figli. Al più piccolo spetta la palma più grande ed abbondante. I contadini, dopo una giornata di dure fatiche nei campi, lavorano pezzi di canna con grande maestria creando per i loro figlioli artistiche “parme” a forma di conocchia, sulle quali appendono castagne, pani di grano, fichi secchi, arance, adornandole poi con nastrini di vario colore. Tanta è la gioia dei ragazzi nel vedere quei piccoli alberelli ricolmi di ghiottonerie! Sono momenti semplici e gioiosi vissuti in modo intenso da ogni famiglia.
Intanto, le donne di casa, in cucina, preparano i dolci della festa: i cosiddetti ginetti, ciambelle all’uovo ricoperte di zucchero. Di ginetti se ne preparano in abbondanza per adempiere agli obblighi di buon vicinato ed anche per dispensarli a parenti ed amici colpiti da lutti recenti.
Il mattino seguente il suono delle campane annuncia il giorno di festa. Da ogni parte si snodano cortei di persone, con enormi fasci di ramoscelli di ulivo e di alloro, che si avviano con entusiasmo e devozione alla tanto attesa cerimonia. “La chiesa adorna allora i suoi altari di rami di ulivo, e i devoti calabresi vi concorrono portandone anch’essi per averli benedetti, ma non minuti e semplici e nudi, quali spiccati dall’albero, sebbene grossi o ligati a fascio e ornati di nastri e di fiori, ai quali appendono pure offelle, fichi secchi, mele, aranci ed altro…”.
I bambini più fortunati ostentano con gioia le caratteristiche palme ornate di ogni ben di Dio (dolci, caramelle, cioccolatini, ecc.), a differenza dei meno abbienti che portano in chiesa un semplice ramoscello di ulivo guarnito con due o tre fichi secchi o qualche castagna.
In poco tempo, l’edificio sacro si riempie in ogni ordine di posto. Al momento della benedizione, i presenti, con gli occhi rivolti al cielo, alzano le palme e i rami di ulivo e di alloro lasciandosi trasportare dalle parole del celebrante. Terminata la cerimonia, i fedeli, rinnovati spiritualmente, si stringono la mano in segno di riconciliazione.
Alla domenica delle Palme sono legati alcuni proverbi meteorologici da cui si traggono pronostici per il futuro raccolto: “Parma ciuciusa, gregna gravusa” (“Domenica delle Palme piovosa, covone carico, abbondante”). Nella cultura popolare è ferma la credenza che la pioggia nel dì delle Palme è indizio di buon raccolto.
Con la domenica delle Palme si entra nel vivo della settimana santa e, con il passare dei giorni, i rituali religiosi aumentano di intensità e raggiungono il loro culmine nel giovedì, venerdì e sabato (il cosiddetto triduo pasquale), nei quali la vecchia liturgia cristiana commemora la Passione, la Morte e la Resurrezione di Cristo, per terminare la domenica con la solenne messa di Pasqua e la comunione generale dei fedeli. Un periodo intenso di devozione e religiosità accompagnato da una ricca letteratura di riti, canti e lamenti che caratterizzano l’intero periodo in un crescendo di folklore e fede religiosa che coinvolge la comunità tutta:
Di luni si cumincia ‘u primu chianti,
di chiantu in chiantu tutta la simana.
Lu marti fannu lu passiu e lu cantu,
lu mercuri la santa corantana.
Lu jovi si fa lu cristu santu,
lu vennari è di lignu la campana.
Lu sabatu Maria jetta lu mantu,
e duminica Cristu ‘ncielu ‘nchiana.
Questa era fino a qualche decennio fa la festività della domenica delle Palme, una ricorrenza semplice e gioiosa vissuta in modo intenso dalle famiglie, con grande senso di devozione. Oggi, purtroppo, la festa ha perso molto della sua originalità. Si va in Chiesa ad assistere alla funzione non con l’entusiasmo di un tempo. Le tradizioni e le usanze del passato sono state sconfessate dalla maggior parte. Non si vede più la palma realizzata artisticamente. Non si vive più l’attesa semplice e genuina della festa. La domenica delle Palme è ormai diventata una ricorrenza come tutte le altre.
Bibliografia:
V. Dorsa, La tradizione greco-latina negli usi e nelle credenze popolari della Calabria citeriore, Tip. Municipale di F. Principe, Cosenza, 1884