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di Paolo Russo

Parlare di Roberto Baggio è descrivere un campione che ha fatto sognare un'intera nazione attraverso il suo gioco, la sua sobrietà , la sua sofferenza e la sua forza di volontà.

Baggio è l'uomo con cui ogni italiano si è identificato dentro ogni contesto sociale. Era lui che tirava i rigori quando nessuno voleva calciarli prendendosi la responsabilità di sbagliare un tiro, che è valso un intero mondiale.

Baggio era il campione "umano" che tutti i tifosi amavano, c'era persino chi seguiva il calcio per vederlo giocare.

Un uomo in campo, che ha costruito una carriera brillante sempre con la smorfia di sofferenza in volto, per gli esiti di un infortunio gravissimo che lo hanno accompagnato dagli albori della sua carriera. Era il 5 maggio del 1985, Baggio, giocatore del Vicenza, durante una partita contro il Rimini  scivola  rompendosi crociato anteriore, capsula, menisco e collaterale della gamba destra. "La gamba destra era diventata così piccola che pareva un braccio”, scriverà Baggio successivamente nella sua  autobiografia (Una porta nel cielo).

Baggio riesce a riprendersi dopo un durissimo lavoro di riabilitazione e da lì comincia una carriera indimenticabile, seguita da altri infortuni importanti da cui Roberto si è sempre ripreso.

Di Baggio si sapeva che non era lui a giocare, si è  vero lui ci metteva il talento straordinario ma veniva caricato da un pubblico che sentiva la sua fortissima passione per un gioco che ai suoi tempi era ancora agonismo puro.

Nessuno dei suoi tifosi capì l'esclusione dai mondiali, voluta da Trapattoni che costò tra l'altro l'eliminazione dal mondiale nel 2002.

Parlando di Baggio non si doveva parlare di età, infortuni, razionalità perchè in Baggio era intrisa quella qualità magica dell'animo umano che rende tutto imprevedibile e inaspettato, come d'altronde successe nel mondiale Usa in cui Baggio portò in finale una squadra molto più debole delle antagoniste sbagliando lui stesso però il rigore della finale che avrebbe potuto farci vincere il titolo mondiale.

Baggio era il Brescia che pareggia con la Juventus facendogli perdere lo scudetto. Tutto era possibile quando giocava il divin codino!

Non sentire la fatica, il dolore, la sofferenza nel nome della ricerca di gioie più grandi, nel nome della passione. Baggio era la madre che sopporta il travaglio, la forza di ogni padre di lavorare per mantenere i figli, era la lotta per le proprie idee e per i propri valori.

Era l'aspetto magico dell'animo umano!

Eppure arrivò la fine anche per Baggio che deluso dall'esclusione dal mondiale, due anni dopo lasciò il calcio contattando d'improvviso tutto il peso della sua condizione fisica. “Lasciare mi ha ridato vita e ossigeno, stavo soffocando, stavo troppo male, avevo troppo dolore fisico" e ancora Baggio: "quando da Brescia rientravo a casa, non riuscivo a uscire dall’auto, chiamavo Andreina, mia moglie, che mi aiutava ad aggrapparmi al tetto e poi a far passare il corpo. Ho sempre saputo che il calcio aveva una fine..."

Uscirà il 26 Maggio un film che commemorà questo straordinario personaggio che voglio presentarvi con il testo della canzone di Diodato scritta proprio per lui...

 Più di vent'anni in un pallone/Più di vent'anni ad aspettare quel rigore/Per poi scoprire che la vita/Era tutta la partita/Era nel raggio di sole/Che incendiava i tuoi sogni di bambino/Era nel vento che spostava il tuo codino/Che a noi già quello sembrava un segno divino/Era cercarsi un posto/In mezzo a un campo infinito/E poi trovare la gioia/Quando il tempo ormai sembrava scaduto/Era cadere e rialzarsi ascoltando il dolore/Sentire come un abbraccio arrivarti dal cuore/Di chi ti ha visto incantare il mondo con un pallone/Senza nascondere mai/L'uomo dietro il campione/E poi c'è tutta la passione/E quella cieca e folle determinazione/Che la destinazione/A volte è un'ossessione/Le cicatrici e i trofei/A ricordarti chi sei stato e cosa sei/E maglie stese ad asciugare/Sul filo di un destino che oggi può cambiare/E lì a cercarsi un posto/In mezzo a un campo infinito/Per poi trovare la gioia/Quando il tempo ormai sembrava scaduto/E poi cadere e rialzarsi accettando il dolore/Sentire come un abbraccio arrivarti dal cuore/Di chi ti ha visto incantare il mondo con un pallone/Senza nascondere mai/L'uomo dietro il campione/Che poi Roberto in fondo tutto questo amore è pure figlio del coraggio/(Figlio del coraggio)/Di quel campione che toccava ogni pallone come se fosse la vita/Lo so potrà sembrarti un'esagerazione/Ma pure quel rigore/A me ha insegnato un po' la vita...

 

Brilla un fuoco scarlatto

sopra i tetti di Gaza di maggio

e le porte sventrate e scuoiate

da uno scoppio assassino

ora osservano mute un'assenza

di senso e ricercano il sole

annerito di un fumo bugiardo.

(da “Sera di Maggio su Gaza” di Lucia Lo Bianco – Diritti d’Autore Riservati)

 

Viviamo ignari e attoniti questi giorni di guerra nello stato di Israele, come un drammatico dejà-vu di fatti che avevamo relegato al passato. Pioggia di razzi su Tel Aviv, contrattacco israeliano con bombardamento su Gaza City: di nuovo guerra con un bilancio di morti che includono anche donne e bambini. I civili continuano ad essere vittime di giochi politici di cui forse sono ignari. Un territorio tormentato da lotte e contrasti le cui vere motivazioni sfuggono a molti. Niente può davvero giustificare una strage di gente innocente, l’ingente bilancio di morti e feriti che si aggiungono al numero di decessi a causa della pandemia. La diplomazia insiste per un cessate il fuoco mentre Papa Francesco, così come — con toni e accenti diversi — i ministri degli Esteri di Arabia saudita e Germania, spinge perché questo eccidio abbia fine. «Faccio appello alla calma, e chiedo ai responsabili di far tacere il clamore delle armi, e intraprendere il percorso della pace», ha detto Bergoglio ai fedeli in piazza San Pietro. «Molti innocenti sono morti, tra loro anche dei bambini. È terribile, è inaccettabile. Dove ci condurranno l'odio e la vendetta?»

 

di Lucia Zappalà

Quello che sono oggi gli stranieri extracomunitari in Italia, lo erano gli stessi italiani (i meridionali) nella nostra penisola negli anni del boom economico. Milioni di meridionali disoccupati lasciarono la loro terra per trasferirsi al nord con l'aspettativa o l'illusione di una vita migliore. Una luce improvvisa di speranza in collisione con la realtà.

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