di Gabriella Paci
Come qualunque altro tema anche questo finirà per dividere gli italiani in due, anzi tre, schieramenti: quelli dei “contro”; dei “pro” e degli “indecisi”.
Fatto è che stiamo assistendo ad una progressiva crescita e diffusione dei cinghiali che in ogni zona d’Italia, stanno affluendo sempre più numerosi in città metropolitane e campagne circostanti.
Animale fonte primaria di carne nell’antichità, anche se noto per le sue capacità di resistenza e di combattimento e, dunque di pericolosità, è stato man mano soppiantato dall’addomesticato suino.
Tuttora la sua carne risulta comunque molto apprezzata, tanto che in varie zone d’Italia esistevano sagre paesane a base di pietanze a base di cinghiale.
Abitatore dei boschi e di zone isolate, le abitudini di vita del cinghiale sono mutate negli ultimi anni.
Non occorre più, come una volta, andare nei boschi o in luoghi isolati per incontrare questi ungulati, parenti stretti del nostro suino di allevamento, in quanto sono loro a venire a trovarci in città, anche in quartieri centrali, attirati anche dai cassonetti dei rifiuti spesso - ahimè - traboccanti di avanzi di cibo e maleodoranti. Infatti i cinghiali sono onnivori e la loro alimentazione è alquanto varia e, dunque, i nostri avanzi sono per loro una fonte di cibo di facile presa.
Una causa di tale abbondante riproduzione e intrepida avanzata è senz’altro il fatto che, durante i vari lock-down causati dalla pandemia, i cinghiali non hanno subito le decimazioni dei cacciatori e, anzi, hanno ripreso il controllo di zone prima frequentate da camminatori e gruppi di amanti della natura che costituivano per loro un potenziale pericolo.
Fatto è che agricoltori rappresentati da associazioni come la “Coldiretti” sono scesi in piazza a protestare che i loro prodotti subiscano, oltre ai danni dovuti alle calamità climatiche, anche quelli dovuti alle incursioni di gruppi di cinghiali. Alla loro si è aggiunta la voce di abitanti di zone urbane che lamentano danni alle coltivazioni private, incursioni nei giardini e aggressioni a pollai e a cose, come auto in sosta, con il conseguente panico che si scatena.
E che dire degli incidenti stradali causati da cinghiali in transito? Si stima la media di almeno15 ogni mese…
Non bisogna dimenticare che la natura del cinghiale è aggressiva e se i maschi hanno a difesa poderose e temibili zanne con cui sventano gli avversari, le femmine, che vivono in gruppi, anche numerosi con i piccoli, capeggiate da una “matrona” hanno denti capaci di azzannare anche prede difficili.
Ed ecco dunque il dividersi in vari schieramenti tra coloro che, ritenendoli per i motivi sopra esposti, propongono la loro riduzione numerica e, dunque, il loro abbattimento, almeno fino al rientro delle cifre precedenti alla pandemia; coloro che, invece, anche senza essere animalisti, affermano che sono solo animali che hanno ripreso lo spazio che l’uomo aveva arbitrariamente loro sottratto e che, comunque, sarebbe una ferocia il loro abbattimento: ne evidenziano l’attività di smuovere dunque areare il terreno che diventa, nel bosco, più propizio alla nascita di nuove piante e ricordano che in alcune zone sono stati inseriti artificialmente su richiesta di gruppi venatori. Del resto la caccia potrebbe rivelarsi un male peggiore dei benefici: uccidendo la matrona del gruppo, che tiene a freno l’estro delle alte femmine, si potrebbe rischiare addirittura un incremento dei nuovi esemplari e, dunque un ulteriore sovrappopolamento. Meglio allora predisporre aree protette e far sì che lupi e altri predatori intervengano su esemplari datati.
Ci sono coloro che, infine si dichiarano indecisi e non sanno quale tra le due opzioni sia quella più giusta, divisi tra il sentimento di benevolenza e il timore di invasione e tra i vari pro e i contro.
Come in tutte le cose, occorre avere il sano “buon senso” della misura: evitare dunque di accanirsi nel prendere drasticamente l’una o l’altra posizione ma ponderare quale tra i due mali, costituisca il minore,ovvero per dirla con i Romani: “in media re stat virtus”.
Importante è cominciare ad agire anziché stare a lamentarsi e basta.