di Laura Vargiu
Ogni miniera ha una storia a sé, unica e particolare: quella piombo-argentifera di Monteponi racconta di uno dei più importanti impianti produttivi della Sardegna e di un borgo minerario che cerca di sopravvivere alla cessazione dell’attività estrattiva.
Monteponi, a pochi chilometri dalla città di Iglesias di cui è frazione, nacque come villaggio di minatori intorno alla metà dell’Ottocento; conobbe un progressivo ampliamento con una serie di edifici che è possibile trovare ancora oggi, seppure non tutti siano in uso: dalla scuola materna a quella elementare, dall’ospedale alla chiesa, dal Palazzo Bellavista, un tempo sede della società che gestiva la miniera, alla foresteria che ospita un affresco del celebre artista Aligi Sassu.
Una crescita inarrestabile che ha provocato l’inevitabile metamorfosi del territorio, dominato tuttora dalle innumerevoli costruzioni una volta necessarie allo sfruttamento della concessione mineraria e dai caratteristici fanghi rossi rimasti come residuo della lavorazione dei minerali.
Alcune foto di Papa Giovanni Paolo II con in testa l’elmetto da minatore e un pozzo a lui dedicato ricordano la visita del pontefice nell’ottobre del 1985, quando Monteponi era ormai in crisi. Negli anni Settanta, infatti, era iniziata la lenta agonia della miniera la cui attività si trascinò sino al ventennio successivo; a fine anni Novanta sopraggiunse la chiusura totale definitiva, imposta dalle controverse logiche della globalizzazione e non dalla penuria di risorse: il prodotto proveniente dall’estero a prezzi più contenuti aveva reso l’estrazione in loco semplicemente antieconomica a dispetto della buona qualità del materiale disponibile.
Tra le strutture del sottosuolo di Monteponi, la Galleria Villamarina è aperta al pubblico dai primi anni Duemila.
Seppure meno famosa rispetto ad altri siti minerari, come per esempio quelli di Masua e Buggerru, la Galleria Villamarina meriterebbe maggior attenzione poiché in essa, forse più che altrove, il lavoro del minatore acquisisce contorni meno sfumati e più tecnici che sfuggono in altre gallerie. Intitolata al viceré del Regno di Sardegna, Giacomo Pes, marchese di Villamarina, la galleria fu realizzata a 174 metri sul livello del mare a partire dal 1852. Si accede tramite due imbocchi in prossimità dell’asilo e dell’ospedale che veniva gestito dalle suore.
Lungo il percorso si incontrano i due pozzi più importanti della miniera di Monteponi: Pozzo Vittorio Emanuele II e Pozzo Sella, risalenti entrambi alla seconda metà dell’Ottocento. Il primo, che scendeva fino a quota -100 metri, serviva per i trasporti verticali (discesa e risalita) dei lavoratori e del minerale tramite le “gabbie”, appositi ascensori ancora presenti sul posto; il secondo, dedicato al parlamentare Quintino Sella, doveva ospitare invece le grandi pompe a vapore necessarie per prosciugare i cantieri più bassi invasi dalle acque sotterranee. Lo svuotamento delle falde acquifere rappresentò costantemente un problema da superare per poter continuare i lavori.
Di particolare interesse, la grande sala argano del pozzo Sella in cui, tra rumori assordanti, operava l’arganista, figura professionale importantissima e alla quale si richiedeva un lavoro di estrema precisione in modo da garantire il regolare svolgimento dell’attività nel sottosuolo. Nella galleria, inoltre, si possono vedere alcuni vuoti di coltivazioni minerarie, i dispositivi di rovesciamento dei vagoni e la ricostruzione dei metodi di lavoro per la preparazione dei sistemi d’esplosione che dovevano frantumare la roccia. Nel complesso, un percorso di più di un’ora straordinariamente istruttivo per gli appassionati del mondo minerario e per chiunque desideri avvicinarsi a esso.
La Galleria Villamarina viene gestita dal Comune di Iglesias. Sul sito http://www.visitiglesias.comune.iglesias.ca.it è possibile reperire tutte le informazioni relative alla visita e all’acquisto dei biglietti.
(Foto di Laura Vargiu)