di Imma Pontecorvo
Tra i diversi dolci di Natale tipici della tradizione sorrentina, abbiamo i follovielli. Si presentano come dei fagottini di foglie di agrumi che contengono all’interno uva passa e arancia candita.
La loro origine risale all’epoca dei Romani che preparavano questi dolci utilizzando foglie di platano, uva o fico per conservare l'uva passita e questa lavorazione viene celebrata anche da Gabriele D’Annunzio nel romanzo «La Leda senza cigno».
Il nome “follovielli” deriva dal latino folium volvere, ovvero avvolgere la foglia, o c’è chi dice anche da folliculus, cioè sacchetto, guscio, chiusi da scartocciare lentamente, per scoprirne l’aroma a poco a poco.
I follovielli fanno parte delle prelibatezze dette sciosciole che sono l’insieme di noci, nocciole, pistacchi, castagne secche, fichi secchi, datteri o frutta secca in generale, che vengono consumate come tradizione al termine del pranzo natalizio con tutta la famiglia riunita.
A Capodanno assumono un significato molto rilevante, dopo la mezzanotte vanno infatti mangiati 12 chicchi d'uva, uno per ogni mese come buon auspicio.
La loro preparazione prevede una lavorazione in cui l'uva viene bollita nel vino e che venga, poi, avvolta insieme a dell'arancia candita in foglie di agrumi legate con la rafia e lasciati in forno affinchè si asciughino.
Al giorno d’oggi sono poche le persone che preparano i follovielli in casa, li troviamo in vendita presso i maestri artigiani della Deia, azienda di Sant’Agnello che li produce da oltre quattro lustri, per poterli regalare a parenti e amici come dolce beneagurale.