TARANTO / Storie di ordinaria pandemia: il Covid e la vaccinazione nella città dei due mari
di Luisa Di Francesco
La pandemia ci ha rubato la vita, la socialità gli affetti, la quotidianità.
Lo sappiamo e lo viviamo da più di un anno. Ci siamo adattati a mascherine, distanziamento, gel sulle mani per ogni cosa che per caso tocchi (maniglie, portoni, il bottone dell’ascensore…se si pensa a quanto potrebbe essere infetto, si dovrebbe evitare di prenderlo! Abito al sesto piano, però, e con le buste della spesa e il fiatone che l’età ti dona, non è proprio impresa semplice!)
Qui in Puglia siamo “ROSSI”, un numero di casi incredibile, strutture ospedaliere al collasso (per questo siamo colorati così!); sui portoni dei palazzi ogni due giorni compaiono manifesti listati a lutto, a volte uno ad un lato dell’ingresso e uno all’altro.
Unico rimedio, unica possibilità di opposizione al virus: il vaccino!
Sono una docente, sono anche un soggetto fragile, ma questo non ha avuto importanza; l’essere insegnante mi ha consentito di inviare alla USL la disponibilità alla vaccinazione che ho fatto ai primi di marzo. Una bella fortuna! AstraZeneca: 4 giorni di febbre a 39, dolori e assenza di gusto, ma poi è passata.
Sono ancora qui.
In questa casa siamo in due: io e mio marito, io vaccinata con la prima dose- richiamo a fine maggio- lui no. Non ha 80 anni, non ne ha 70; ne ha solo 63 e sta aspettando.
Pochi giorni fa un comunicato: nelle tre sedi della mia città- Taranto- dove si effettuano le vaccinazioni per gli ultraottantenni o per la fascia dai 70 agli 80 è possibile, semplicemente presentandosi nel luogo senza alcuna prenotazione via Cup, essere sottoposti a vaccinazione con AstraZeneca.
Il medico di famiglia, interpellato, gli ha detto che verrà considerato nel novero dei pazienti che saranno da lui vaccinati, probabilmente con Jhonson & Jhonson. Quando? Non si sa, non ha le dosi, non sono ancora arrivate, non si sa quando verranno consegnate.
I media bombardano: il vaccino Jhonson & Jhonson è pericoloso, viene sospeso. Che si fa? Non lo sappiamo.
Mio marito è un soggetto a rischio più di me: patologie multiple, casi di TIA, iperteso e con evidenti fenomeni di allergie (shock anafilattico).
Decide di tentare la vaccinazione “ad impronta” (possiamo chiamarla così???), cioè di recarsi direttamente in una delle sedi; alcuni amici e colleghi si sono presentati e sono stati vaccinati “seduta stante”.
Va. Compila la chilometrica documentazione necessaria indicando con assoluta precisione tutte le patologie di cui soffre e ha sofferto, ogni medicinale che assume. Si mette in fila, aspetta; gli chiedono la prenotazione, non la ha; vorrebbero mandarlo via, non desiste, si arrabbia, spiega che altri hanno fatto come lui e sono stati vaccinati. Si arrendono, lo lasciano mettersi in fila. Aspetta.
Quando finalmente lo chiamano, l’infermiere legge la scheda anamnestica e chiama immediatamente un medico.
-Non può fare AstraZeneca” - conclude dopo una rapida lettura- troppo pericoloso per lei; deve fare Pfizer.”
-E dove? E quando? Non ho 80 anni, come lo prenoto?
-Si senta con il suo medico di famiglia.
Lo chiama all’istante.
-Non ho dosi in più di Pfizer, giusto quelle che servono per le vaccinazioni dei miei assistiti invalidi che non possono raggiungere i centri di distribuzione.
-E allora? Che devo fare? chiede al dottore presente nell’ambulatorio.
-Provi a tornare a fine giornata nel primo pomeriggio, magari è rimasta qualche dose di Pfizer, qualcuno potrebbe rinunciare o non presentarsi.
Così torna a casa, poi alle 14,00 è di nuovo al Palazzetto della Ricciardi di Taranto; tante persone in fila.
Spiega di nuovo.
-No, è troppo presto! Ritorni più tardi! gli dicono.
E così torna a casa, aspetta un paio di ore e poi di nuovo al Palazzetto. Lo trova chiuso: hanno finito le dosi e sono andati via.
Il 16 aprile aprono le prenotazioni per la vaccinazione della fascia di età in cui si trova mio marito. Chiama…dopo trenta minuti riesce a fissare un appuntamento per il 10 maggio, sa che gli faranno AstraZeneca e sa che non può fare quel vaccino.
Cosa spera? Che una volta prenotata la vaccinazione, i medici, confermando la sua condizione di fragilità, gli diano la possibilità di rinviarlo ad un’altra data con una dose di Pfizer! Spera questo! Spera che la prenotazione secondo i canali ufficiali, gli dia qualche possibilità in più rispetto al presentarsi semplicemente ai centri di distribuzione del vaccino.
Riuscirà? Chi lo sa! Aspettiamo la data e speriamo.
In casa siamo in due: io e lui, nostra figlia vive e lavora al Nord. Lui soggetto ultra fragile ed io anche. Però lui ha paura che ogni volta che si reca sul posto di lavoro possa infettarsi. E’ lui ad uscire anche per fare la spesa; un contatto sbagliato, nonostante le innumerevoli precauzioni che segue, potrebbe capitare anche per un banale errore o per distrazione. Non vuole e non può mettere me in una condizione di “Rischio”.
E allora succede che due persone che vivono nella stessa casa, di cui una vaccinata con prima dose e l’altra no, entrambi soggetti fragili, decidano, nell’epoca della pandemia, di “evitare” i contatti: nello stesso appartamento ma con mille precauzioni, nessuna vicinanza, meglio prevenire ed evitare.
Aspettiamo il 10 maggio e speriamo in una dose di Pfizer disponibile.
Aspettiamo e… speriamo in una storia di ordinaria normalità.