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Il sisma fu seguito da uno tsunami che causò 15.703 morti


di Massimiliano Oriolo

Il terremoto si verificò in Giappone dieci anni fa alle ore 05:46:24 (corrispondenti alle ore 06:46:24 italiane) nel distretto sismico a E dell’isola di Honshu a circa 130 km da Sendai, a 373 km a NE di Tokyo, a 178 km da Yamagata e Fukushima. Notevole è stata la magnitudo, che ha raggiunto il valore di 9.0 della scala Richter. L’evento, con ipocentro alla profondità di 24.4 km, è stato preceduto da due altre forti scosse: la prima il giorno 9 (alle ore 02:4518) con magnitudo 7.2 e alla profondità di 14.1 km e la seconda (ore 18:44:35) di magnitudo 6.3 e alla profondità di 10 km.

Questo è il sismogramma del terremoto del Giappone del giorno 11 marzo 2011 registrato dall’Osservatorio geofisico di Oriolo. Il terremoto fu seguito da uno tsunami, causando 15.703 morti. Distanza dalla stazione sismica di Oriolo 10.372 km. Honshu, che è la più grande isola del Giappone, si trova nel punto in cui le placche del Pacifico si scontrano con quella nordamericana e quella euroasiatica. In particolare, dalla parte dell’Asia e dell’Australia la placca delle Filippine va in subduzione sotto la placca euroasiatica e quella pacifica sotto la placca australiana; lungo la costa occidentale delle Americhe vanno in subduzione parte della placca del Pacifico, quella di Nazca e delle Cocos. A causa del movimento delle placche l’oceano Pacifico si sta restringendo. L’epicentro del terremoto è stato localizzato nel così detto “anello o cintura di fuoco” del Pacifico. La “cintura” si estende per circa 40.000 km dalle isole Tonga alla Kamchatka, all’Alaska al Sud America, circondando completamente il Pacifico (a ferro di cavallo).

All’interno della “cintura di fuoco” si verifica il 90% dei terremoti mondiali sia profondi sia superficiali e avvengono le più grandi eruzioni vulcaniche. Il terremoto del giorno 11 marzo 2011 ha provocato uno spostamento verso E della costa orientale del Giappone di 2.5 m secondo i calcoli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia della cui rete fa parte la stazione sismica di Oriolo. Lo tsunami colpì la centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi a Naraha alle 15:35 ora locale, mettendo in crisi il sistema di allerta. L’acqua, dopo il violento urto contro la centrale, mise fuori servizio il sistema di raffreddamento; il reattore n. 2 esplose con conseguente dispersione di
materiale radioattivo.

Il terremoto dell’11 marzo 2011 e il conseguente maremoto provocarono un danno ambientale. L’onda anomala, alta 14 m, distrusse i sistemi di raffreddamento dei reattori con conseguente aumento della temperatura delle barre d’uranio. A Fukushima i livelli di radioattività in mare superarono di oltre 4.400 volte i limiti ammessi. Alcuni studi sull’inquinamento, provocato dalla fuga radioattiva dai reattori, hanno accertato che nei salmoni a pinna blu, provenienti dai mari del Giappone e giunti nelle acque della California, sono state ravvisate concentrazioni di isotopi radioattivi superiori a quelli del passato. Il terremoto dell’11 marzo 2011 è stato così forte da spostare di 10 cm l’asse terrestre. A causa del sisma e dello tsunami morirono 15.700 persone, 4.000 dispersi e 130.000 sfollati.

 

 

È ufficiale: da domani, lunedì 15 marzo 2021, il Veneto torna in zona Rossa.
Aumentano i positivi: oggi sono 1932, ieri 1677... i decessi aumentano, coinvolte anche le fasce più giovani; è vero, salgono anche i guariti ma: … un lotto di ASTRAZENICA il ABV2856, 3000 dosi, viene ritirato in via precauzionale, si continua con altri lotti a vaccinare, ma sono insufficienti.
Zaia sta lavorando a un protocollo, che presenterà martedì, vorrebbe partire con le vaccinazioni aziendali. Consegnando alle imprese i vaccini, ma queste aziende dovranno avere frigoriferi, per la conservazione, ma soprattutto un medico, che prepari le dosi.
All'interno della Regione è stata rilevata la variante inglese, quella brasiliana e la sudafricana.
Scuola, la DAD, negozi chiusi, ad eccezione dei supermercati e i generi di prima necessità.
Non ci si potrà spostare se non per motivi lavorativi, per motivi di salute o situazioni di necessità; saranno vietate le visite ai parenti e agli amici, saranno concesse solo attività motorie, passeggiate, nei pressi delle proprie abitazioni.
È un lockdown soft.
La popolazione è stanca, stremata psicologicamente. Per strada incontro persone con il volto tirato, emaciato, irritato, inquieto.
Mi fermo a parlare con qualche paesano, tutti mi riportano lo stesso stato d'animo: la voglia di vivere, fame d'aria, i bambini nei cortili delle scuole, con il volto nascosto dalle mascherine, fanno trapelare occhi tristi, spenti, quelle grida nei giochi, non è uguale a quello di un anno e mezzo fa.
I commercianti sono disperati, provano a reinventarsi, ma quando sembra di poter tirare un sospiro di sollievo, ecco che arriva di nuovo lo STOP, la zona Rossa colora la regione.
Temerari aprono nuove attività, li definisco i guerrieri del nuovo tempo, sono giovani, ma non fanno in tempo a festeggiare l'inaugurazione, che dovranno chiudere le porte e abbassare le serrande.
Da lunedì...il silenzio assordante ci investirà come un tir in corsa.


Una volta la tavolozza dei colori dell'arcobaleno rendeva allegra la nostra vita, veniva sempre dopo la pioggia che lavava la terra, ora … queste sfumature di rosso, fanno piangere l'essere umano, che si sente frustrato, defraudato della propria dignità.
Muoiono i parenti, gli amici, quelli di penna; quante penne si sono spente in questo ultimo periodo, una anche oggi.
Molti miei vicini si sono contagiati, chi per lavoro chi durante qualche compleanno; si abbassano le tapparelle, si spengono le luci, per settimane.
Ho visto arrivare un'ambulanza, si è fermata davanti al cancello di una villetta, vicino casa mia, subito dopo ne è arrivata un'altra, gli operatori in tenuta da COVID, mi si è stretto il cuore, si prega, mentre le campane rimbombano nell'aria.
In questo girotondo di colori, la vita e la morte se la giocano come alla roulette russa.

@Sabella Maria Cristina

 

 

"Carissimo Direttore,
mi chiamo Massimiliano Oriolo docente di Scuola Secondaria di Primo grado in Rende, in questa mia volevo esprimere tutto il rammarico e sconcerto nel ritrovarmi ancora una volta a dover svolgere il mio lavoro da casa.
Ad un anno dalla prima chiusura totale delle scuole in Calabria e non solo, mi ritrovo, anzi ci ritroviamo noi insegnanti, a dover colloquiare con i nostri alunni da dietro lo schermo di un Pc. Sicuramente la situazione pandemica di questo COVID 19 non ci permette ancora un ritorno ad una vita serena e normale, però è anche vero che non ci sono delle linee guida omogenee per tutto il territorio nazionale per cercare di fronteggiare il virus.
Ogni giorno si sente parlare di vaccinazioni che vengono somministrate agli insegnanti, molte regioni sono in uno stato avanzato del processo vaccinale che a noi calabresi e in particolare a noi rendesi e cosentini ci fa invidia. Siamo forse una delle poche zone d’Itala, se non l’unica a non avere iniziato nessuna prassi vaccinale per gli insegnanti e addirittura da ieri siamo nuovamente chiusi a casa perché non possiamo lavorare a contatto con gli alunni, mettendo in pericolo loro, le loro famiglie e noi stessi.
Per l’amor di Dio, la salute prima di tutto e quindi il principio attuato dal Presidente della Regione F.F. Spirlì è giusto, ma sarebbe stato ancora più giusto e inattaccabile qualora a chiusura degli istituti scolastici fosse corrisposta una immediata partenza con le vaccinazioni degli insegnanti. E invece no, ci troviamo in una situazione davvero assurda, lavoriamo in Dad (che assolutamente non accetto come metodo didattico-educativo), siamo lontani dai nostri alunni che hanno bisogno del contatto con gli insegnanti e con i compagni e paradosso delle cose, non sappiamo quando e se ci vaccineranno. Inoltre, da sottolineare che tutto il comparto scuola, viene ripetutamente sballottato tra lavoro in presenza e Dad, a piacimento sia dell’Istituzione regionale, sia dal Tar che prontamente risponde in maniera affermativa ai tanti ricorsi che alcuni genitori fanno per svariati motivi personali.
Per finire mi rivolgo proprio a quei genitori che puntualmente si rivolgono al Tribunale Amministrativo Regionale, contestando le decisioni del Presidente di Regione in merito alla scuola. Signori miei diceva un detto antico che “Non si può avere la moglie ubriaca e la botte piena”, volete e vogliamo tutti giustamente una scuola sicura nel massimo rispetto delle normative anti-Covid, allora permettete agli insegnanti e a tutti i lavoratori della scuola di essere vaccinati in tutta sicurezza, perché così facendo si potrà rientrare in classe prima e sicuri da tutti i punti di vista. Se proprio volete ricorrere ad una forma di protesta verso la nostra amata Regione Calabria, aiutateci, con le vostre belle lettere, affinché tutti noi riceviamo al più presto la nostra dose di vaccino, così come l’hanno ricevuto migliaia di colleghi in altre Regioni d’Italia”. 

 

 
E’ trascorso più di un anno da quando la nostra vita è cambiata totalmente a causa del virus Covid-19, che dalla lontana Cina, precisamente da Wuhan, è giunto sino a noi.
Il 30 gennaio 2020 arriva la notizia dei primi due casi accertati di coronavirus in Italia: sono due turisti cinesi, ricoverati all’ospedale Spallanzani di Roma.
Il 31 gennaio in Italia viene dichiarato lo stato di emergenza.
Da allora è stato un crescendo di notizie da parte di virologi e di infettivologi, che si sono prodigati a isolare e studiare il maledetto virus, che in breve tempo si è diffuso in tutto il mondo.
Quante immagini e quanti ricordi affiorano alla mia mente,ripercorrendo questo terribile anno di isolamento,terribile soprattutto per noi di una certa età,in cui si devono farei conti con varie patologie e fragilità.
Un anno tragico fatto di paure, di solitudine, di sconforto, diesortazione a stare chiusi in casa, ma anche di speranza…quella speranza che non dovrebbe mai abbandonarci, specie se si crede in qualcosa di sovrumano… che ci aiuta a salvarci!
I ricordi più vivi del primo lock-down sono le strade incredibilmente vuote, le file ordinate e silenziose ai supermercati, le strisce con le scritte “Andrà tutto bene”, “Restate a casa”, i canti e i suoni dai balconi per dare speranza, il corteo dei camion dell’esercito che trasportavano i morti in cimiteri anonimi in quel di Bergamo.
Ricordo i tanti medici e infermieri distrutti da turni massacranti di lavoro per cercare di salvare vite umane,anziani soprattutto, spaventati e lontani dai propri cari,e destinati ad una morte indecorosa e crudele.
Chi può dimenticare papa Francesco, che la sera del 27 marzo 2020 attraversa, con la sua andatura claudicante, una Piazza San Pietro insolitamente deserta, sfidando il freddo e la pioggia per pregare Dio su di un altare disadorno, posizionato al centro della grande piazza, per l’umanità intera, eper infonderci coraggio,speranza nella salvezza,che non potrà realizzarsi se non lottando insieme…perché “nessuno si salva da solo” e nessuno, allora, metteva in dubbio che saremmo diventati tutti più umani!!!
Quella sera le parole del Papa erano sovrastate dal suono lugubre delle sirene delle ambulanze,che non smettevano di trasportare i malati nei vari ospedali romani.
Ricordo di aver pianto quando le frecce tricolori, in segno di unità, di solidarietà e di ripresa, dal 24 maggio, per cinque giorni, hanno sorvolato l’Italia, toccando tutti i capoluoghi di Regione.
Da allora niente o quasi niente è cambiato: l’Italia è diventata come il vestito di Arlecchino…a colori!
La scuola anch’essa si è adattata alla nuova situazione…ora c’è la DAD (didattica a distanza), ma le mamme protestano: vogliono la scuola in presenza. Poi ricompaiono focolai e si ritorna alla DAD…non si capisce più nulla…tuttoè precario, tutto è in subbuglio.
Gli ospedali, dopo una breve pausa di quasi normalità per qualche mese estivo, per effetto delle vacanze e degli assembramenti, a cui molti incoscienti non hanno saputo rinunciare, sono di nuovo al collasso.L’economia soffre, le imprese rischiano il fallimento, la gente non ce la fa più ad andare avanti.
Ma la cosa più terribile è che più di 100.000 persone se ne sono andate senza nessun conforto, senza la vicinanza di un volto familiare accanto.
Siamo ancora terrorizzati dal virus assassino,che si permette anche di prenderci in giro, mutando le sue caratteristiche, rischiando di annullare l’effettodei vaccini, celermente approntati da varie case farmaceutiche.
Anche se ci sono intoppi per quanto riguarda la distribuzione e la somministrazione dei vaccini,spero che tutti possiamo fare in tempo a vaccinarci prima di contrarre la malattia, che ora sembra colpire non solo gli anziani, ma anche persone molto giovani.E questo mi dispiace moltissimo!

 

 

di Lucia Lo Bianco

La “Giornata internazionale della donna” è appena trascorsa e gli effetti sono ancora evidenti nei discorsi e negli articoli pubblicati in questi giorni sulla scia dei convegni o dei Reading letterari organizzati in varie parti del paese. Ci si chiede quanto durerà questa sensazione di autoconsapevolezza e di autocritica da parte del genere maschile o quanti altri episodi di violenza o discriminazione continueranno a riempire le nostre cronache.

La storia di quella che viene impropriamente definita “festa” delle donne risale ai primi del ’900 e si riferisce alla tragedia del 1908 in cui  le operaie dell'industria tessile Cotton di New York rimasero uccise da un incendio. Numerosi eventi seguirono nell’ambito della rivendicazione dei diritti della donna per ottenere parità in ambito politico, lavorativo, e familiare. Al VII Congresso della II Internazionale socialista svoltosi a Stoccarda dal 18 al 24 agosto 1907 si discusse del voto alle donne. Il 3 maggio 1908 la socialista Corinne Brown  presiedette la Conferenza del Partito socialista a Chicago, che venne ribattezzata "Woman’s Day". Si parlò dello sfruttamento dei datori di lavoro nei confronti delle operaie, delle discriminazioni sessuali e del diritto di voto.

Tra le tante associazioni va ricordata in ambito italiano l’istituzione dell’UDI, Unione Donne Italiane nel settembre 1944 a Roma, momento in cui l’8 marzo nelle zone liberate dell’Italia diventa  la giornata della donna che dal 1946 sarà contrassegnata dalla “mimosa”, fiore simbolo scelto perché di stagione e poco costoso. Sarà poi il 1975 ad essere definito dalle Nazioni Unite come l'Anno Internazionale delle Donne e l'8 marzo del 1977 di quell'anno i movimenti femministi di tutto il mondo manifestarono per ricordare l'importanza dell'uguaglianza dei diritti tra uomini e donne.

Ha ancora un significato questa giornata in un momento in cui il mondo del lavoro è testimone di licenziamenti di donne in stato di gravidanza e in cui le cariche continuano a non essere ugualmente distribuite nei posti chiave? In una fase storica che vede il proliferare di episodi di violenza e femminicidi, alcuni dei quali particolarmente cruenti, resta da chiedersi se non si stia lentamente regredendo nel processo evolutivo del genere umano. Sono ancora troppe le domande senza risposta, troppi gli aspetti della società da cambiare.

La scrittrice inglese Virginia Woolf nel suo scritto “Una stanza tutta per sé” ripercorreva il cammino che aveva lentamente condotto alle conquiste raggiunte dalle donne soffermandosi in particolare sulla produzione artistica. Lo squilibrio ancora esistente tra quanto prodotto da un uomo e quanto, al contrario, da una donna dipendeva a suo avviso dal fatto che le donne nella storia non avevano mai avuto una stanza tutta per loro in cui raccogliere privatamente i propri pensieri.

Fattore da non sottovalutare quello della “privacy”, dell’agognata intimità di sensazioni e sentimenti che le donne hanno per secoli condiviso con la famiglia riuscendo solo poche volte ad estraniarsi in quelli che a ragione vanno definiti come veri momenti creativi. Potrà allora l’arte salvare ed emancipare la donna attraverso ritrovati momenti di sognata libertà?

La protagonista del mio racconto “Le Donne lo Dicono” riesce in un ultimo barlume di lucidità a riflettere sulla sua fine imminente riconoscendo nella sua vicenda il triste ripetersi di uno schema «Doveva davvero morire con l’Isola muta testimone della sua fine? Urlava no, no e ancora no e in un angolo ancora lucido della sua mente albergava la consapevolezza di come la storia fosse destinata a non cambiare mai, leggenda dopo leggenda, secoli dopo secoli, in un susseguirsi e ciclico ripetersi delle stagioni. Fu il cespuglio di agave sulle rocce a sentire il suo ultimo no e ancora no mentre un enorme sasso la colpiva ripetutamente. Ma era no. Le donne lo dicono.» Saranno forse questi episodi di reiterata e feroce violenza l’oscuro segnale di un buio senza luce nel futuro delle donne?

Molti interrogativi senza risposta continuano ad accompagnare le riflessioni nel corso delle giornate a loro dedicate ogni anno per l’8 marzo. Serpeggia però un sentimento di stanchezza ed insofferenza da parte di chi non è più disposto ad aspettare che qualcosa cambi nel corso delle cose. La speranza rimane alla fine che ogni donna decida di prendere in mano le redini della propria esistenza senza chiedere o aspettarsi un cambiamento che forse non avverrà mai. Sarà ognuna di noi, mimose gialle in mano o scarpette rosse ai piedi poco importa, a dare una svolta al proprio destino perché non sia mai più soltanto quello che il mondo di noi vuole.