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«L'Ospedale di Rogliano deve diventare, attingendo alle risorse del Recovery Fund, l'avamposto di una ipotetica e - si spera - remota lotta al Covid dinanzi alla quale potremmo trovarci in futuro, a partire dal prossimo autunno, e dovrà strutturarsi come un Ospedale di comunità che sia al servizio del territorio dell'area urbana e che funga da supporto per l'Ospedale dell'Annunziata di Cosenza».

È questa la proposta del consigliere regionale Pierluigi Caputo che invita a mantenere alta la guardia nei confronti della pandemia.

«L'allentamento, anche grazie alla stagione estiva, della pressione del Covid sulle strutture ospedaliere della regione – sottolinea Pierluigi Caputo – non deve farci cullare sugli allori e, nella malaugurata ipotesi, che noi auspichiamo sia la più remota possibile, si riaffacci il virus in autunno, alla luce delle diverse varianti sotto le quali si manifesta, deve consigliare, invece, la predisposizione di un piano di interventi che eviti la trasformazione in reparti Covid di tutto il presidio ospedaliero di Cosenza. Non è più possibile – afferma ancora il consigliere Caputo – far gravare sull'Annunziata il peso dell'azione di contrasto al Covid. L'Ospedale di Cosenza deve tornare ad essere quell'Hub di secondo livello in grado di fornire il massimo delle prestazioni assistenziali per le quali è stato riconosciuto tale. Occorre fare in modo che vengano recuperate tutte le prestazioni ambulatoriali e in regime di ricovero che non sono state erogate nel 2020 e nei primi mesi del 2021. In una logica volta a non sacrificare più l'Hub Annunziata, il Santa Barbara di Rogliano, con i suoi 60 posti letto, può diventare, sotto il profilo strategico, un punto di riferimento nevralgico per un'eventuale nuova lotta al Covid. Per tutte queste ragioni – sottolinea ancora Pierluigi Caputo – nel presidio di Rogliano diventa necessaria la realizzazione di un’area sub-intensiva, un'altra di terapia intensiva e una di lungodegenza, tutte Covid, dotate di attrezzature dedicate, come gas medicali e ventilatori polmonari. Naturalmente – ha aggiunto Caputo- a queste azioni deve necessariamente accompagnarsi una significativa immissione di nuovo personale ed una migliore riorganizzazione delle risorse umane. È fin troppo evidente come la lunga emergenza sanitaria che abbiamo attraversato abbia messo a nudo la notevole carenza di personale sanitario in Calabria, dove mancano medici, infermieri e OSS, mentre quei pochi che ci sono continuano a fare salti mortali per assicurare dignitosi livelli assistenziali e il diritto alla salute dei calabresi. Per tacere di quanti, tra i nostri corregionali, continuano a migrare verso altre strutture sanitarie fuori regione. Si è stimato che nell'ultimo anno, oltre 50.000 sono stati i ricoveri fuori regione, per un valore economico di oltre 200 milioni di euro. Per evitare questa emorragia di pazienti verso l'esterno, è necessario che la medicina territoriale diventi medicina di prossimità e si lavori per potenziare il sistema di Assistenza Domiciliare Integrata. Il Covid ha mostrato, infatti, un altro dato allarmante- conclude Caputo- e cioè la carenza di cure domiciliari, sempre per mancanza di mezzi e personale sanitario. Ecco perché diventa decisivo prestare attenzione alle risorse che arriveranno per la sanità dal Recovery Fund. Da una recente ricognizione operata dai vertici dell'Azienda Ospedaliera, per soddisfare i fabbisogni in termini di personale e di attrezzature per portare l'Hub di Cosenza al massimo delle sue possibilità, occorrerebbero più di 4 milioni di euro per il personale e 5 milioni per le attrezzature. Con il Recovery Fund si potrebbe anche investire sulla telemedicina e snellire le procedure concorsuali attraverso l'articolo 3 del decreto legge 44. Investimenti necessari e non più rinviabili per colmare quel gap e quelle differenze che ci vedono indietro rispetto ad altre regioni del Paese».

 

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