COSENZA - Scigliano, il mio bell'amato paesello, è situato nella media Valle del Savuto ed ha un grande passato da raccontare.
• È un luogo che parla di storia, di cultura, di tradizioni, paesaggi naturali affascinanti, un clima mite, aria pura e acque cristalline, dove sembra che il tempo si sia fermato.
Scigliano nei secoli ha subito diverse dominazioni, ma senza dubbio, quella spagnola ha lasciato una importante impronta.
In quel periodo era un importante centro del Regno di Napoli e godeva del titolo di “Città Regia”, cioè dipendeva direttamente dalla Corona di Spagna. Per ben 3 volte nel corso della sua storia, fu venduta, dal Re (o Vicerè) di turno, ma sempre si seppe riscattare dal “vassallaggio” di Baroni e Prîncipi.
Il RISCATTO di Scigliano
(Ritratto del Re Filippo IV di Spagna)
l più famoso in merito è l’episodio del “riscatto” di Scigliano, avvenuto nel Settembre del 1631. È descritto molto bene nel libro “Storia di Scigliano”, ad opera del parroco Francesco Accattatis. Nello stesso libro, è riportato il poemetto “Lu ricattu de Sciglianu’, scritto in vernacolo, dal “diacono selvaggio” Flaminio Cimino, da Pedivigliano. Infatti, nel maggio di quello stesso anno, il territorio di Scigliano (con tutti i diritti reali, comprese le rendite e le tasse che produceva) era stato venduto dal Viceré di Napoli (Fernando Afàn de Ribera, Duca D’Alcalá), al Principe di Castiglione, don Cesare D’Aquino.
• I cittadini di Scigliano, che erano stati sempre fedeli agli aragonesi, erano abituati a vivere con una certa libertà,perciò non si rassegnarono a questa idea. Il popolo sapeva bene che essere dominati da un faudatario significava vivere subendo angherie e odiosi soprusi , tasse e gabelle di ogni tipo, fino al famigerato “Jus primae-noctis”, (secondo questo diritto feudale il feudatario aveva il diritto di sostituirsi allo sposo nella prima notte di nozze), e senza alcuna garanzia di giustizia. Pertanto voleva affrancarsi dalla oppressione del Principe. Si decise, allora, di chiedere direttamente al Re il riscatto della Città. Ogni cittadino contribuì secondo le proprie possibilità economiche e venne raccolto un capitale pari a quanto aveva pagato l’acquirente. Con questo tesoro , partirono così, a cavallo, 15 notabili Sciglianesi, alla volta della Corte di Madrid. Dopo un estenuante viaggio, lungo oltre 2.400 km, giunti a Madrid, furono ricevuti dal Re (Filippo IV di Spagna, nella foto in alto, in un ritratto del 1655), che accolse la loro richiesta e, dietro il versamento della somma pattuita, concedette il riscatto. E così Scigliano poté passare di nuovo da feudo a “Città Regia”, tornando a godere di diversi privilegi.
Al loro ritorno a Scigliano ( alcuni non erano sopravvissuti al viaggio), il 12 settembre del 1631, con in mano la preziosa bolla regale, furono accolti al suono delle campane.Il POPOLO, felice, festeggiava!
• Questa pratica, di vendere le Città e interi territori a privati, a cui faceva quasi sempre seguito il riscatto, era piuttosto comune per la monarchia spagnola, che era sempre alla ricerca di fondi, per finanziare le sue dispendiose campagne di guerra. La corona spagnola, in quegli anni, era impegnata fino al collo in quella che è nota come la cosiddetta “guerra dei Trent’anni”, innescata dal fatto che gli Asburgo volevano diventare la dinastia egemone in Europa. Questa guerra era in pieno svolgimento e sconvolse l’Europa, tanto che portò allo smembramento dell’ Impero Romano d’Occidente; ebbe inizio nel 1618 e terminò con la pace di Westfalia nel 1648. Ecco, allora, che questa tattica tornava molto utile. Infatti, permetteva al Monarca di raccogliere fondi dalla popolazione, evitando di introdurre direttamente nuove tasse. Ma il riscatto, a ben vedere, altro non era che una specie di “tassa forzosa”, opportunamente mascherata.
Il Re, concedendo il riscatto, mostrava la sua magnanimità verso il popolo.
In tal modo il Sovrano raggiungeva 3 obiettivi diversi:
• Attraverso la vendita, incassava i soldi;
• Concedendo il riscatto rientrava in possesso di nuovo della Città;
• Faceva così la figura del Monarca magnanimo verso i propri sudditi;
• Evitava tumulti e fenomeni di piazza e proteste incontrollate; infatti il popolo, una volta ottenuto il riscatto, scendeva in piazza, ma non per protestare, tutt’altro: era concentrato a festeggiare l’avvenuta riconquista della libertà dal Barone o Marchese o Principe che fosse..
Veramente fine, come strategia e tattica!
LE ORIGINI
• Le fonti storiche più accreditate concordano sul fatto che le origini di Scigliano siano da ricondurre all’epoca dell’Impero Romano. Il nome sembra derivi dal condottiero romano Marco Giunio Sillano, che commissionò la costruzione di un “Castrum” nell’anno 566. Lo storico Tito Livio lo menziona nel “De bello macedonico”, in cui parla dell’ antica città romana di STURNI, che alcuni autori ritengono fosse ubicata sulla collina che da Cupani sale verso Calvisi, sulle cui rovine nacque Syllanum.
(Da questo, forse, deriva l’ antico detto: “Roma Caput Mundi, Cupani sunt secundi”..).
Peraltro, Scigliano rappresentava un luogo strategico per l’esercito di Roma, in quanto si trovava sul percorso della Via Popilia, la autostrada dell’epoca, che portava a Reggio Calabria.
IL CASTELLO
Sempre Tito Livio riporta che, nell’anno 1198, Costanza d’Altavilla, Imperatrice e madre di Federico II di Svevia, per difendere il territorio dagli attacchi dei Bruzi e dalle scorrerie dei Cartaginesi, ordinò di ricostruire i castelli di Nicastro e Scigliano, che erano stati distrutti nel corso della guerra tra Normanni e Svevi.
Questo Castello, che sorgeva sull’ altura che domina l’abitato del Borgo di Diano, fu raso al suolo dal disastroso terremoto del 1638 che devastò gran parte della Calabria. Oggi restano alcuni ruderi, rintracciabili con difficoltà, in quanto coperti dalla vegetazione spontanea.
Io stesso ricordo che, ai tempi in cui frequentavo la Scuola Media (che all’epoca era ubicata al “Ginnasio”), spesso, nelle giornate estive andavamo in gruppo sul posto; ricordo nitidamente che si notava ancora bene una scala in pietra e calce, protetta da una volta a livello del terreno, che scendeva nelle viscere della montagna; si vedevano alcuni gradini, circa una decina, parte di una scala che poteva essere larga più o meno un metro e mezzo, le pareti e la volta erano intonacati di calce, ma poi non si poteva proseguire, in quanto tutto era ostruito da pietre e calcinacci per via dei muri e della volta, quasi interamente crollati. Sono tanti i miti e le leggende che si narrano intorno al Castello. Da piccoli i suoi misteri, come il TESORO del Castello e il fantasma del guardiano che lo custodisce, ci incuriosivano molto; secondo la leggenda, il tesoro era formato da tre cumuli , il primo era di monete di ORO, il secondo di monete di Argento, il terzo di monete di Bronzo. Si favoleggiava sull’esistenza di un cunicolo segreto che dai sotterranei del Castello attraversa la montagna e sbuca dall’altra parte, nel Torrente “Zìppuli”, e che era servito per la fuga del Principe e della sua famiglia e dei seguaci. Nella fuga, il Principe, non potendosi portare appresso il tesoro, aveva sgozzato sul cumulo di oro il suo scudiero, con l’intento che il suo fantasma custodisse il tesoro. Il fantasma è una sentinella invisibile e implacabile che protegge il tesoro stesso per renderlo inattaccabile e si può manifestare in tanti modi. Entrare nella sala del tesoro comporta un grande coraggio; all’ingresso si incontrano due enormi serpenti che ti avvolgono e ti leccano tutto il corpo, partendo dai piedi e, quando arrivano al collo, si capisce il loro scopo, iniziano a stringerti nelle loro spire, fino a soffocarti!
Queste storie fantastiche e impressionanti, raccontate dai più anziani, ci incuriosivano e nello stesso tempo incutevano tanta paura, e provocavano a qualcuno di noi anche qualche incubo notturno..
POPOLOSITA’
Dagli Abati Pacinelli, intorno al 1700 e poi da Francesco Sacco, verso la fine dello stesso secolo, apprendiamo che, nel periodo della dominazione spagnola, la Città di Scigliano, compresi tutti i Borghi e Contrade, contava circa DIECIMILAanime. A proposito di popolosità, per avere un termine di paragone, si pensi che l’Enciclopedia Treccani riporta che alla fine del 1700, Cosenza contava appena 6.000 abitanti e solo nel 1861 raggiunse i 12.000 abitanti. Da questi dati si capisce un po’ meglio l’importanza economica e sociale che aveva la Città di Scigliano.
BELLEZZE ARCHITETTONICHE
Formato da 10 borghi, Scigliano, come la gran parte dei piccoli centri del Sud, è spopolata e conta circa 1.000 abitanti. Passeggiando tra suoi vicoli e osservando le sue piazze si resta a bocca aperta nell’ ammirare le tante CHIESE e i numerosi PALAZZI nobiliari, testimonianza di storia e tradizioni millenarie.
Mi sono messo a contare: tra chiese, conventi, cappelle e monasteri, sono arrivato a DICIOTTO!
Alcune di queste chiese risalgono al XIV/XV secolo, ma molte furono edificate nella seconda metà del 1600. In quel periodo soggiornò a Scigliano, precisamente nel borgo di Diano, il Vescovo Giovanni Giacomo Palamolla, detto il “Palemonio”, che era dovuto scappare dalla propria sede curiale di Martirano, in quanto minacciato di morte. Il vescovo dimorò a Scigliano per circa un quarto di secolo, e le testimonianze delle opere che ha lasciato sono numerose, a partire dal maestoso ampliamento della CHIESA MATRICE di S. Giuseppe, prospiciente al palazzo vescovile, da egli stesso fatto erigere. Palemonio ampliò la chiesa realizzando la bella facciata e fece costruire l’imponente campanile, che successivamente ospitò un Monte di Pietà. Le spoglie del Palemonio furono tumulate nella Chiesa dell’Assunta del rione Lupia, che inizialmente era una cappella di campagna ed il vescovo fece abbellire ed ampliare (la grande campana, da lui stesso commissionata, fu installata sul campanile nel 1691, circa un anno prima della sua morte).
• Sempre a Diano, nella parte alta del Paese, si trova il CONVENTO dei Padri cappuccini, il cistercense.
Fuori dall’abitato di Diano, in direzione N/E, una strada sterrata, di circa 1 Km, porta alla chiesetta della Madonna delle Timpe, che sorge su un vertiginoso spuntone roccioso a picco sul fiume Bisirico (nei racconti popolari si tramanda che sia stata fatta edificare da un nobile, il cui cavallo si impennò sull’orlo del burrone, disarcionandolo, e si salvò implorando la protezione della Madonna; durante l’edificazione, fu una lotta continua con il diavolo che, di notte, distruggeva quanto costruito quel giorno..)
Nella frazione Calvisi, troviamo il Convento di S. Francesco, del secolo XV, con un chiosco contornato da meravigliosi archi acuti in tufo locale; fino ai primi anni 60 ospitava l’Ospedale ed il Carcere, oggi è adibito a casa di riposo per anziani.
Sempre a Calvisi, nella parte più alta, troviamo la bella chiesa cinquecentesca di S. Nicola.
Il SANTUARIO della Madonna di Monserrato domina, isolato, dall’alto il Paese; sotto l’altare vi è una teca in vetro che contiene le reliquie di S.Giudtino. Annesso al santuario vi è una ampia costruzione, che era sede del famoso “Ginnasio”, e successivamente le Scuole Medie (fino agli anni 60). Annesso alle scuole era attivo un Convitto che ospitava ragazzi provenienti da vari paesi della Calabria. A proposito, il mio compagno di banco, A. Giustiniani, era ospitato in questo convitto e proveniva da Pizzo (VV). Alcuni di questi ragazzi erano appartenenti a famiglie dalle scarse possibilità economiche; gli si garantiva così, il diritto allo studio. Da questo posto si apre al visitatore un panorama spettacolare, con davanti tutta l’ampia valle del Savuto e la sua foce, nel mare Tirreno, all’altezza di Nocera Terinese; al tramonto, con il sole che tramonta alle loro spalle, si stagliano, nette, all’orizzonte le Isole Eolie.
Anche nelle cosiddette “frazioni basse” troviamo interessanti testimonianze architettoniche:
-a Serra la bella chiesa di S. Lucia;
-a Petrisi la parrocchiale di S.Michele e più in basso, isolata la chiesa della Madonna del Carmine.
-Cupani merita un discorso un po’ più ampio. Questo piccolo borgo, sembra che sia proprio l’antica STURNI di cui parla Plinio il Vecchio. All’ inizio del Paese si incontra la chiesa di San Rocco, con il suo alto campanile, ma la più interessante è la chiesa della Madonna della Luma, alla fine del Paese, che guarda l’abitato di Diano, e che è una delle più antiche di tutte le chiese di Scigliano; da anni, purtroppo, entrambe queste due chiese sono chiuse in quanto pericolanti.
Il PONTE di ANNIBALE
A Sud del Paese, uscendo allo svincolo A2 di Altilia Grimaldi, dopo circa 3 km si può ammirare in tutta la sua imponenza, il famoso Ponte di ANNIBALE. È il più antico ponte romano ad unica campata, costruito con un doppio arco in pietra di blocchi di tufo locale, che scavalca il fiume Savuto. Questo maestoso manufatto, spettacolare opera di ingegneria dell’epoca, faceva parte della Via Popilia, che congiungeva Capua con Reggio Calabria; era una vera “autostrada” per l’epoca (parliamo di circa DUEMILA anni fa..), colossale infrastruttura di trasporto che serviva a spostare celermente le Legioni durante le guerre.
GEOGRAFIA
Attraversato da due Fiumi, il Savuto ed il suo affluente, il Bisirico, Scigliano, adagiato sulle colline, gode di un clima mite, ed è immerso nella macchia mediterranea; alle spalle la Pre-Sila cosentina e davanti l’ampia Valle del Savuto.
È formato da 10 frazioni(Calvisi, Diano, Lupia, Cupani, Serra, Petrisi, Celsita, Traversa, Agrifoglio, Porticelle), nessuna delle quali si chiama Scigliano.
Fino agli inizi del 1800, Scigliano copriva un territorio molto più vasto, partendo dal Fiume Savuto, arrivava fino al Comune di Taverna, nella Sila Piccola; È stato sede di una Pretura fino agli anni 60, era dotato di un ospedale, del carcere, dell’ufficio del Registro. Il suo ampio territorio fu smembrato nel 1811 con il nuovo ordinamento voluto dai francesi, per effetto del decreto di Gioacchino Napoleone. Furono così istituiti gli attuali Comuni di Pedivigliano, Carpanzano, Colosimi, Bianchi, Soveria Mannelli, Carlopoli, Decollatura, Panettieri.
Nel territorio dell’antica Scigliano si trovava la potente e ricca ABAZIA di Corazzo, che rivestiva grande importanza in quanto a cultura e tradizioni religiose, oggi diroccata, ma in fase di ristrutturazione.
Ma in tutto il suo territorio erano disseminate chiese, conventi e santuari, tanto che era soprannominata la “Città delle QUARANTA Chiese”!
GASTRONOMIA
Anche il cibo, a Scigliano, è straordinario, quanto di più appetitoso e vario: soppressate, salsicce, capicolli di maiale locale, non mancano in nessuna casa, e poi.. polpette di riso, melanzane ripiene, pasta chjina, baccalà fritto o in umido, pane casereccio, cotto in a forno legna, il famoso “cùottu” (spezzatino di carne ovina che si usava preparare alla Fiera di Sant’Angelo, che si teneva il 27 settembre nei pressi del già citato Ponte di ANNIBALE. Il tutto innaffiato dal nettare del corposo vino “Savuto”. Un vino, il “Savuto”, tanto famoso e celebrato che, perfino nel poemetto in dialetto cosentino “Jugale”, di Totonno Chiappetta, ad un certo punto si legge: “ stu vinu nu ‘me para de Cusenza, è veru zuccarìellu de Savutu”!
Per non parlare delle “FRÌTTULE”, frattaglie di carne di maiale, saporitissime, che hanno bisogno di bollire nella “quadara”, assieme alle ossa, per oltre 8 ore, e da cui l’ultimo prodotto è la sugna. Il top in proposito è “pitta” calda appena sfornata, farcita con le “frìttule” una vera delizia, degna del miglio Chef stellato…
E, potrei continuare.
ABITANTI
E per finire, che dire degli abitanti? Persone per lo più intelligenti, istruite, gradevoli e con grande senso di ospitalità.
Infine, da osservare che, essendo Scigliano (purtroppo) un paese con poche attività economiche, non è tanto appetibile x la criminalitá organizzata; pertanto, si vive abbastanza tranquilli.
Insomma, venite a Scigliano, avrete tante belle sorprese!