di Adelaide Baldi
Il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni è un territorio ricco di storia, arte e cultura dal valore inestimabile, di miti e leggende affascinanti. Palinuro, detta terra del Mito, è senza dubbio uno dei luoghi più conosciuti ed apprezzati di questa splendida zona.
«Il porto di Palinuro ha le casette bianche, e l’ultima è rosa: sembrano sulle prime biancheria stesa ad asciugare, e poi blocchetti di gesso… Non ho mai visto acqua di pari trasparenza a quella che scopro avvicinandomi al porto. Vediamo la sabbia del letto come pettinata soavemente, e i nastri delle alghe trasformare in serpenti agitati, la bella capigliatura». Così Ungaretti descrive Palinuro nella sua opera "Il deserto e il dopo", precisamente nella terza parte della raccolta dedicata al "Mezzogiorno".
Palinuro è adagiato su un versante dell’omonimo promontorio Capo Palinuro. Palinuro deriva dal greco pailinouros che significa vento contrario. Difatti è nota ai naviganti la pericolosità delle correnti nel punto di Capo Palinuro, non a caso Capo è detta "capo sparti vento".
Ma il nome di questo paese della Campania sicuramente richiama alla mente di tutti il nocchiere di Enea, Palinuro appunto. In effetti la denominazione di questa località è legata anche ad una vicenda mitologica dell’Eneide. La sfortunata vicenda di Palinuro. Virgilio nell’Eneide narra che Enea per arrivare alle coste del Lazio passa con la sua imbarcazione, di notte, dinanzi all’odierno Capo Palinuro. Il suo nocchiere tradito dal dio sonno, Morfeo, cadde in mare proprio di fronte Palinuro. Giunto sulla riva, dopo aver trascorso tre giorni e tre notti in acqua, ricoperto di alghe fu scambiato dagli abitanti del posto per un mostro marino. Questi lo uccisero e gettarono il corpo in mare, mai più ritrovato. In seguito per espiare questa colpa eressero in suo onore un sepolcro: il Cenotafio. Costruito con pietre rosse, si crede passate nel fuoco. Ovviamente solo simbolicamente le spoglie di Palinuro riposano qui, ma per gli abitanti del posto questo ‘sepolcro’ ha da sempre un immenso valore storico poiché dopo la sua costruzione questo luogo prese il nome del nocchiere. La storicità del monumento è stata riconosciuta nel 1930 dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali di Salerno. Il Cenotafio si trova su una piccola altura del promontorio di Capo Palinuro, da dove si intravede il porto.
Il promontorio di Capo Palinuro è un massiccio sperone calcareo proteso nel mare Tirreno. É molto particolare per la sua forma a cinque punte e per le pareti rocciose che cadono a picco nel mare. Sul punto più alto del promontorio, Punta del Telegrafo, ci sta il Faro di Palinuro. É il secondo faro più alto d'Italia, tant’è vero che si riesce a vedere la sua luce persino da alcuni paesi sulla costa della Sicilia. Il panorama dal faro è mozzafiato.
Ciò che attrae migliaia di turisti a Palinuro, oltre il mare cristallino e le lunghe distese di spiagge (molto belle la spiaggia delle dune fossili in località Saline, la spiaggia dell’Arco Naturale, la spiaggia della Marinella e la famosa Cala del Buon Dormire ), sono le grotte marine. Si trovano nelle insenature di Capo Palinuro. Sono ben trentacinque, una più bella dell’altra. La più visitata e la più grande di tutte, lunga 85 metri e larga 90, è la Grotta Azzurra per il colore azzurro brillante del mare dovuto a fenomeni fisici. L’intensità del colore è massima quando i raggi solari hanno l'inclinazione più propizia. Al suo interno ci sono due tunnel all’asciutto, uno lungo qualche metro e l’altro una trentina, accessibili solo ad esperti coraggiosi muniti di torcia. Invece la Grotta Argento prende il nome dalla colorazione argentata dovuta dalla miscelazione dell’acqua marina con l’acqua delle due sorgenti sulfuree che si trovano all’interno. La Grotta del Sangue è chiamata così per le pareti di colore rosso sangue che riflettono sul mare. La Grotta dei Monaci è la più particolare. Al suo interno ci sono stalagmiti di colore marrone scuro che hanno l’aspetto di monaci raccolti in preghiera. Interessante qui è la presenza di vari organismi vegetali tra cui i pomodori di mare. La Grotta Sulfurea è caratterizzata dalla presenza di intensi vapore sulfurei, per questo è detta anche Grotta del Fuoco o Cala Fetente per il forte odore di zolfo. La Grotta della Scaletta è visitabile solo per immersione, ma è fortemente sconsigliato andarci per la sua insidiosità. La Grotta delle Ossa o preistorica al suo interno custodisce ossa di animali preistorici. Invece la Grotta Trombetta prende il nome dalla somiglianza con lo strumento musicale. Poi c’è la Grotta di zi’ Anna, la Grotta del Morto, la Grotta dei Pipistrelli e altre di minore rilevanza.
Chi viene qui, inoltre, non può fare a meno di percorrere uno dei sentieri naturalistici più belli di Palinuro: il Sentiero della Primula che si snoda tra costa, collina e il centro abitato, dove è possibile rifocillarsi in uno dei tanti ristoranti tipici. Il percorso tocca le Saline, l’Arco Naturale, la Ficocella, il porto, la Punta del Fortino, le torri saracene, il faro, l’area archeologica Tempa della Guardia, il ponte sul Lambro e la collina della Molpa, dove sono ancora presenti i resti del castello. Protagonista di questo meraviglioso sentiero è la Primula Palinuri. É un fiore giallo a campanula che fiorisce tra febbraio e marzo. La Primula Palinuri è il simbolo del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, e della Campania. É una pianta molto rara, conosciuta dai naturalisti di tutto il mondo. Purtroppo è in via di estinzione, ed è per questo che è tutelata dalla convenzione di Berna, da una legge della Regione Campania del 12 gennaio 1994.
«...anche le generazioni future possano ricevere in eredità questa pianta, che è il simbolo stesso dell'evoluzione, della continuità, della vita». Questo è ciò che si augurava il compianto dott. Vincenzo La Valva, primo Presidente dell’Ente Parco. É grazie al suo impegno e al suo amore, più che professione, per la botanica e per la natura se ancora oggi questa pianta rarissima è presente in questa terra.
Nel 1985 la Primula Palinuri fu oggetto dell’attenzione filatelica delle Poste Italiane che le dedicarono un francobollo, disegnato da Giuseppe Ascari, nella serie “Flora da salvare”.
Oggi Palinuro non è più lo stesso paesino che vide Ungaretti negli anni ’30, purtroppo la piaga edilizia ha preso piede anche qui. Le caratteristiche del vecchio borgo hanno assunto quella di una 'moderna cittadina'. Ma al di fuori del centro abitato si possono godere le tante meraviglie della natura, che qui è stata particolarmente generosa. Palinuro ha un fascino senza eguali. Da visitare in particolare nei periodi che precedono e susseguono la stagione balneare, quando la calca dei villeggianti tende a diradarsi. Solo allora si può gustare quell’alone del Mito che lo avvolge.
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