di Rita Scelfo
“Nessuno ha mai scritto,
dipinto,
scolpito,
modellato,
costruito o inventato
se non per uscire
letteralmente dall’inferno”
Artaud
La chiusura dei Musei e delle Gallerie d’Arte, come tutte le attività, è stata penalizzante ma adesso sembra vedersi una rinascita, un ritorno alla normalità, un desiderio di riprendere i contatti con il mondo esterno, la necessità di dar sfogo e far emergere la nostra creatività. Gli artisti sentono il bisogno di “parlare e raccontare” del periodo oscuro che hanno vissuto e della speranza che non è mai svanita. E così, dopo aver ascoltato la loro nostalgia, il ricordo di un roseo passato, la speranza di un futuro migliore, il paese della ceramica, Santo Stefano di Camastra, si risveglia con una Biennale d’Arte Contemporanea Nazionale ed Internazionale di pittura, scultura e fotografia, intitolata “I Mori”, che è stata inaugurata il 4 giugno e si protrarrà fino al 4 luglio, ricollegandosi alla maestria dei ceramisti e realizzando un connubio tra l’arte dei vari artisti espositori e quella che caratterizza i manufatti stefanesi. La Biennale è stata organizzata nell’ambito della Galleria Paveri Fontana dall’editore Calogero Cordaro con la collaborazione della Dottoressa Tamara Gallo, della Dottoressa Beatrice Cordaro, critico d’arte e rappresenta, anche, un’apertura per gli studenti del liceo Artistico che potranno confrontarsi con espressioni artistiche e metodologie tecnologiche varie, ampliando i loro orizzonti.
Perché il nome “I Mori”?
Le “ Teste di Moro” sono molto conosciute; quella dei mori è una storia d’amore e lo stesso amore viene profuso dai ceramisti nel creare le loro opere.
Si tramanda che intorno al 1100 d.C, una ricca ragazza che viveva nel quartiere Al Hàlisah di Palermo si innamorò di un ragazzo moro. Prima di incontrare questo giovane, la ragazza trascorreva le sue giornate curando le piante e i fiori del suo balcone; il ragazzo moro guardava questo balcone ben curato con amore dalla giovane donna che, un bel dì, lo accolse a casa sua. L’amore tra i due durò poco perché il moro confessò di avere già una moglie in Oriente.
La ragazza non riuscì ad accettare la situazione e, accecata dalla gelosia, uccise il moro facendo della sua testa un vaso in modo da averlo sempre accanto a lei. In quel vaso piantò semi di basilico che, giorno dopo giorno, cresceva sempre più rigoglioso. Chiunque passasse da quella via, ammirava quella pianta e iniziarono a realizzare vasi di terracotta simili.
LE TESTE DEI 2 INNAMORATI
IL TAGLIO DEL NASTRO
Tra i tanti artisti ammirati alla Biennale ricordiamo Carlo Balljana con il suo “Busto in bronzo”; l’artista ha scoperto la sua passione modellando la creta lungo gli argini del fiume Piave. Di lui V. Sgarbi ha detto che «le sue sculture rispettano le regole dei maestri del passato e nel con-tempo sa recuperare la somiglianza fisionomica dei personaggi ritratti in bronzo con sensibilità acuta».
Non meno interessanti le opere di Massimo Campanella, medico geriatra di Palermo che nel suo tempo libero si dedica alla pittura e alla scrittura. Nel descriverne le opere, la Dottoressa Cordaro, critico d’arte e curatore della Biennale dice: «Ciò che spicca dalle opere, oltre alla varietà cromatica che si rivela essere brillante, sono i soggetti posti su una superficie geometrica che fornisce la matrice ottica all’opera, nella quale poi posiziona le sue figure. L’ insieme sembra rievocare da un lato l’ideologia della corrente metafisica, dall’altro il gusto surrealista di Salvador Dalì».
Molto osservate sono state le opere di Antonio Casolin, pittore autodidatta le cui tele “sembrano fondali da teatro, sipari colorati di uno spettacolo che appartiene alla sensibilità del pittore che del vivace ritmo cromatico fa le note di un processo in cui la natura, l’oggetto diventano componenti formali di una struttura sintetica, ricca di spunti astrattivi… ( Dottor Carlo Cordaro).
Iryna Omelin, Ucraina di nascita, vive da vent’anni in Italia; la sua dimensione pittorica è quella di una visione della realtà in certo senso trasfigu-rata, in cui c’è la misura dell’uomo che guarda al futuro, ma che sa leggere nel passato, attraverso un processo di elaborazione tecnico espressivo di indubbio fascino… ( Dottor Carlo Cordaro).
Ad ogni artista è stato donato un piatto realizzato dai Maestri Fratantoni la cui grafica è stata ideata dalla Dottoressa Beatrice Cordaro.