di Guendalina Middei
Sapete qual è la differenza tra la letteratura dell’Ottocento e la letteratura del Novecento? Gli scrittori dell’Ottocento non mostravano, se non in rarissimi casi, l’atto sessuale. Gli scrittori dell’Ottocento avevano vergogna del sesso. Gli scrittori del Novecento invece hanno vergogna dei sentimenti.
I personaggi di oggi non amano, al massimo vivono relazioni di dipendenza affettiva. Non si emozionano, non hanno ideali, non sentono più così intensamente, anzi sembra che sia proprio il non sentire, l’essere anaffettivi la caratteristica di molti personaggi contemporanei.
Ecco, lasciatemelo dire, io non ne posso di leggere queste storie di uomini ossessionati dal sesso, che parlano soltanto di sesso, alla Philip Roth per intenderci. Non ne posso più di questo cinismo desolante, di questa volgarità gratuita, di questa letteratura moderna che ha fatto della freddezza una moda. Ci sono stati dei grandi romanzi, indimenticabili romanzi come Lolita e l’Amante di Lady Chatterley che sapevano essere profondamente sensuali senza mai essere volgari, romanzi dove la sessualità era la chiave di volta della storia e non un qualcosa buttato lì tanto perché «il lettore si aspetta che ci sia».
Ma soprattutto come scrittrice rivendico il diritto di «tornare a parlare dei sentimenti». Mi piace leggere e scrivere di personaggi capaci di provare tutta la gamma dei sentimenti umani, amore, odio, vendetta, tristezza, che possano parlare di Dio, dell’ambizione, della morte, di tutto ciò insomma che appartiene al regno della vita umana. Di storie su relazioni disfunzionali, famiglie disfunzionali, uomini e donne cinici, bugiardi, di storie su questi eterni adolescenti troppo cresciuti ormai se ne sono lette fin troppe.
E voi che ne pensate?