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Sessantamila donne, uomini, bambini violentati nel basso Lazio dalle truppe coloniali francesi dopo la battaglia di Monte Cassino

 

di  Massimo Reina

È il 1944. L’Italia è occupata. Roma è ancora tedesca, e la linea Gustav blocca l’avanzata degli alleati. Gli americani vogliono sfondare, i francesi promettono di riuscirci. A un patto. Che li lascino liberi di premiare i loro soldati con il bottino di guerra.

Quando sentite parlare della Seconda guerra mondiale, dei “liberatori”, delle “democrazie che hanno sconfitto il nazifascismo”, provate a chiedere a una donna di Esperia, Pico, Lenola, Ceccano, o di qualunque altro paesino del basso Lazio. Chiedetele se la parola “liberazione” per lei evoca la gloria o la vergogna. Vi risponderà con uno sguardo pieno di secoli di umiliazione, perché quello che noi chiamiamo il trionfo delle democrazie, per loro fu un’apocalisse: stupri di massa, torture, mutilazioni. Un’orgia di violenza impunita passata alla storia con un nome grottesco e razzista: le marocchinate.

"Eroi" con le mani sporche

Le truppe coloniali francesi – le famigerate Goumiers, arruolate dal Marocco – furono usate durante la Campagna d’Italia come carne da macello e strumento di terrore. A pagarne le conseguenze fu la popolazione civile italiana. Le testimonianze parlano di oltre 60.000 casi di violenza, anche se alcuni storici ridimensionano la cifra (senza mai negare i fatti). Il dato certo è che il generale Alphonse Juin promise ai suoi soldati un bottino di guerra, donne comprese, come premio per la conquista del Monte Cassino. Era il 1944. Non il Medioevo. Il comandante americano Mark Clark sapeva. Il generale de Gaulle sapeva. Ma fecero spallucce. Doppiopesismo democratico in purezza.

Parla lo Stato italiano (tardi)

Nel 1996, il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro rese omaggio alle vittime delle marocchinate parlando esplicitamente di “crimini orribili e inumani perpetrati da soldati alleati”. Nel 2004, anche Carlo Azeglio Ciampi usò parole simili. Ma le scuse ufficiali della Francia? Manco per sogno. Né Macron, né Sarkozy, né Hollande. Troppo impegnati a impartire lezioni di civiltà e libertà. Quando si trattava di riconoscere le responsabilità storiche, la grandeur faceva cilecca.

Nel 2015, il Parlamento italiano ha approvato all’unanimità una mozione per riconoscere quelle atrocità come crimini contro l’umanità. Ma è rimasta lettera morta. Il ministero della Difesa francese? Zitto. La NATO? Assente. Gli USA? Silenzio stampa.

 

 

L’ipocrisia democratica

Il punto è questo: non ci fu solo Auschwitz. Non ci fu solo il nazismo. Anche le democrazie hanno i loro armadi pieni di scheletri. E fanno di tutto per non aprirli. Quelle stesse potenze che oggi si ergono a paladine dei diritti umani, ieri premiavano i soldati che violentavano contadine italiane, spesso in gruppo, spesso davanti ai familiari. C'è differenza tra il boia e chi gli fornisce la corda?

E l’Italia? Quella che ha sempre chinato la testa. Quella che, in nome dell’atlantismo, ha sempre taciuto. Nessun museo nazionale sulle marocchinate. Nessun giorno della memoria. E quando qualche amministrazione locale cerca di ricordare, scoppia la polemica: “Non facciamo revisionismo”, “Attenti a non offendere gli alleati”, “Non è il momento”.

Come se la verità avesse bisogno di tempi giusti per essere detta. Gli “alleati”, quelli buoni, quelli con la bandiera della libertà. Un crimine di guerra dimenticato, rimosso, rimosso anche da noi. Per non disturbare l’ordine atlantico.

Le parole che pesano

Scriveva Pier Paolo Pasolini: “La verità non sta in un solo sogno, ma in molti sogni”. E il sogno dell’Italia liberata, a guardar bene, è pieno di incubi che nessuno ha mai voluto raccontare. Finché la memoria storica continuerà a essere selettiva, strabica e codarda, continueremo a chiamare "eroi" anche gli stupratori, e "liberazione" anche ciò che fu solo distruzione e trauma.

La verità non ha bandiere. E nemmeno la vergogna.
Perché lo stupro non è meno infame se lo commette un alleato.
E la democrazia non è meno ipocrita se si mette la divisa da vincitrice.

NOTA STORICA

«A S. Andrea, i marocchini stuprarono 30 donne e due uomini; a Vallemaio due sorelle dovettero soddisfare un plotone di 200 goumiers; 300 di questi invece, abusarono di una sessantenne. A Esperia furono 700 le donne violate su una popolazione di 2.500 abitanti, con 400 denunce presentate. Anche il parroco, don Alberto Terrilli, nel tentativo di difendere due ragazze, venne legato a un albero e stuprato per una notte intera. Morirà due anni dopo per le lacerazioni interne riportate. A Pico, una ragazza venne crocifissa con la sorella. Dopo la violenza di gruppo, verrà ammazzata. A Polleca si toccò l’apice della bestialità. Luciano Garibaldi scrive che dai reparti marocchini del gen. Guillaume furono stuprate bambine e anziane; gli uomini che reagirono furono sodomizzati, uccisi a raffiche di mitra, evirati o impalati vivi. Una testimonianza, da un verbale dell’epoca, descrive la loro modalità tipica: "I soldati marocchini che avevano bussato alla porta e che non venne aperta, abbattuta la porta stessa, colpivano la Rocca con il calcio del moschetto alla testa facendola cadere a terra priva di sensi, quindi veniva trasportata di peso a circa 30 metri dalla casa e violentata mentre il padre, da altri militari, veniva trascinato, malmenato e legato a un albero. Gli astanti terrorizzati non potettero arrecare nessun aiuto alla ragazza e al genitore in quanto un soldato rimase di guardia con il moschetto puntato sugli stessi»

Andrea CionciMarocchinate De Gaulle era presente e non fece nulla, su Il Corriere delle Regioni, 13 marzo 2021 (archiviato dall'url originale il 15 marzo 2021).

 

 

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Info Autore
Massimo Reina
Author: Massimo Reina
Biografia:
Giornalista, scrittore e Social Media Editor, è stata una delle firme storiche di Multiplayer.it, ma in vent’anni di attività ha anche diretto il settimanale Il Ponte e scritto per diversi siti, quotidiani e periodici di videogiochi, cinema, società, viaggi e politica. Tra questi Microsoft Italia Tecnologia, Game Arena, Spaziogames, PlayStation Magazine, Kijiji, Movieplayer.it, ANSA, Sportitalia, TuttoJuve e Il Fatto Quotidiano. Adesso che ha la barba più bianca, ascolta e racconta storie, qualche volta lo fa con le parole, altre volte con i video. Collabora con il quotidiano siriano Syria News e il sito BianconeraNews, scrive per alcune testate indipendenti come La Voce agli italiani, e fa parte, tra le altre cose, dell'International Federation of Journalist e di Giornalisti Senza Frontiere. Con quest’ultimo editor internazionale è spesso impegnato in scenari di guerra come inviato, ed ha curato negli ultimi 10 anni una serie di reportage sui conflitti in corso in Siria, Libia, Libano, Iraq e Gaza.
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