di Michele Petullà
Una raccolta di poesie intensa e profonda, attraverso cui l'autrice racconta sé stessa e il suo sguardo sul mondo.
SIAMO GIÀ STATI DENTRO QUESTA CAREZZA – Macabor Edizioni, Francavilla Marittima (CS) 2023 – è un’intensa raccolta poetica di Paola Bonadies, eclettica e brillante autrice calabrese – nata a Castrovillari e laureata in DAMS – che unisce, con indubbia efficacia, la passione per la poesia, e l’arte in genere, alle sue diverse esperienze personali e professionali: da quella nel settore cinematografico a quella di danzatrice professionista, fino alla sua passione per il pilates, attraverso cui si occupa della cura del corpo. La raccolta è impreziosita da una dotta e approfondita Prefazione di Rocco Taliano Grasso, poeta e scrittore calabrese. La copertina, inoltre, ritrae una foto di Paola, in una sua caratteristica espressione assorta e introspettiva, ma con lo sguardo profondo, che guarda lontano, che guarda “oltre”, come ogni buon poeta deve saper fare. Un volto, uno sguardo che sono già l’espressione della poesia che l’anima sua contiene.
L’Opera rappresenta un ritorno in grande stile alla poesia per Paola, la quale aveva pubblicato la sua prima raccolta poetica – Lampi di Luna – già nel 1997. Un ritorno, dunque, che avviene dopo un lungo periodo di riflessioni e meditazioni, di ricerca interiore ed artistico-espressiva, fatta anche di contemplazione rispetto al mondo esterno e alle dinamiche relazionali che caratterizzano il nostro tempo: un percorso umano ed artistico che è sicuramente servito a plasmare l’anima e l’essere di Paola, anche nella direzione di una maturazione poetica ed espressiva.
La raccolta si presenta con un titolo non semplice e di non semplice “interpretazione”, che presenta una sua “complessità”, potremmo dire; un titolo che comunque è molto evocativo dal punto di vista poetico e crea un’indubbia curiosità e, pertanto, invita alla lettura, ad approfondire. Siamo già stati dentro questa carezza è un titolo che, a mio modesto parere, ben rappresenta e racchiude in sé l’insieme della poetica di Paola, le sue caratteristiche, la sua struttura, la sua tensione, la sua delicatezza, la sua intensità, la sua profondità e la sua intimità, anche. Poesia e persona costituiscono un unicum in Paola: la sua poesia trae origine dal suo “essere” intimo e profondo, di più, è il suo stesso “essere”. Una poesia e un poetare che traggono viva ispirazione da un naturale e viscerale bisogno espressivo di Paola, fatto di pensiero ma anche di corpo, di meditazione e di movimento, di ricerca interiore e di gestualità corporea. Una poesia e un poetare in cui trovano la loro sintesi perfetta l’esigenza intellettuale, la ricerca interiore e l’amore per la vita: una sintesi di cui i versi decisi e intensi di Paola si fanno respiro e svelamento.
Una poesia di stile prettamente contemporaneo, caratterizzata dal verso libero, che bada alla “parola” poetica ed ai suoi accostamenti più che alla metrica o alle figure retoriche. Una poesia che sgorga come lava impetuosa dall’animo sensibile e dalle viscere tumultuose di Paola; una poesia che scaturisce dal sentimento, dall’osservazione, dalla contemplazione, dalla trasfigurazione. Non è sempre facile comprendere la poesia, in genere, e dicerto la poesia di Paola non si presta ad una lettura superficiale, intensa e profonda com’è, intrisa di una certa carica ermetica, nella quale la poeta compie un buon lavoro sulla parola poetica, per ricercare il suo significato originale, affinché riesca ad evocare nel lettore sentimenti nascosti. Una poesia caratterizzata da parole quasi criptiche, che la rendono polivalente e interpretabile in diversi modi, che richiamano alla mente alcuni modelli del Decadentismo francese (Mallarmé, Rimbaud, Verlaine e Valery) e del Simbolismo pascoliano. Una poesia fatta spesso di componimenti corti con pochi e brevi versi, concisi, essenziali, lapidari (Farò un sogno d’estate / sulla bocca del cielo), di parole con carica allusiva, analogica e simbologica (La periferia del mio corpo…; Umanità stordita…; dentro questa carezza…; storia breve…; felicità improvvisa…); di componimenti senza punteggiatura, di spazi bianchi e scrittura paratattica, che conferisce un ritmo più veloce ed incalzante alla versificazione, caratterizzati dall’assenza quasi totale delle forme classiche di espressione linguistica. In tutto questo sta la grande bellezza della poesia di Paola.
Un verso breve ma altamente musicale, che propone un ermetismo arricchito della poetica simbolista: “La musica prima di tutto”, il celebre motto di Verlaine, diviene nei componimenti di Paola la sonorità fonetica della parola, che si concretizza mentalmente in immagini della realtà e dunque della vita stessa, unica vera fonte di ispirazione. Le parole sono messaggere di luce, di illuminazione e solo il poeta riesce a coglierne tutto il bagliore, trasformandolo in un vero e proprio atto creativo intenzionale.
Attraverso questo poetare, intimistico ma con lo sguardo lungo, verso l’”oltre”, Paola racconta sé stessa, attraverso l’uso di una parola “forte e chiara” mette a nudo la sua essenza e la sua anima, il suo essere “abitata” dalla poesia, imbastisce un “confronto con sé stessa e con il mondo esterno”, denotando anche “una certa vena sapienziale di meditazione etica, che si rivela a volte a incipit di tante liriche” (R.T. Grasso, Prefazione, pp. 5-6): Non edificare sul dolore / Non cementare il pianto / I colori del sole / Spaccheranno la più intensa luce. Una poesia che attraversa l’anima e penetra il corpo, la carne viva; una poesia che si fa autentico linguaggio dell’anima; una poesia che per essere capita deve essere letteralmente attraversata, penetrata, contemplata.
Siamo già stati dentro questa carezza è una raccolta politematica, un insieme di “frammenti” poetici che riflettono sensazioni molteplici e cangianti, che l’autrice raccoglie per poterli trasfigurare mediante la forza della parola poetica, la forza interpretativa del verso che ridona splendore e novità di senso. La poesia si fa così riflessione e rifugio allo stesso tempo: riflessione su sé stessa e sul mondo e rifugio dal caos e dall’irrazionalità. La profonda sensibilità dell’autrice, poi, raffina un linguaggio poetico che scolpisce la pagina e rivela un’interiorità creatrice di nuovi mondi e di nuove dimensioni.
In conclusione, Siamo già stati dentro questa carezza di Paola Bonadies è un intenso e coinvolgente viaggio poetico, fatto di soste e ripartenze, emozionali e contemplative, che denotano anche una certa tensione spirituale (Ho pianto ai piedi di Cristo; Siamo già stati orfani di spirito e di carne / resti di luce / musica di Dio), alla ricerca di una dimensione dell’esistenza a metà tra il sogno e la realtà; un canto alla vita nel suo equilibrio dinamico, proposto con uno stile decisamente contemporaneo, in cui la carica espressiva della parola si libera attraverso una versificazione evocativa, a tratti surreale, e la scrittura diventa mezzo per indagare le tante e diverse sfaccettature della vita. Una raccolta carica di sensazioni molteplici, in cui l’autrice ci narra di sé e ci presenta il suo sguardo sul mondo, atto a rivelare l’essenza delle persone e delle cose. Leggendo i versi di Paola si rimane intimamente colpiti dall’intensa espressione poetica che anima le liriche: un netto senso di malinconia pervade la silloge, a cui però fa da contrappunto un acuto spirito indagatore, del quale l’autrice si serve per scandagliare la realtà in cui è immersa, alla ricerca di valori puri ed assoluti che possano stabilire un equilibrio tra sé e il mondo circostante.