di Chiara Taormina
Il medioevo racchiude mille anni di storia, dalla caduta dell’impero romano d’Occidente (476) alla scoperta dell’America (1492).
Molti intellettuali definirono questo lunghissimo periodo storico “secoli bui”, mettendo in risalto le sue peculiarità negative. Tuttavia, successivamente si pose l’accento anche sulle grandi scoperte e migliorie della vita che i secoli in questione portarono all’umanità, ponendo le basi per lo splendore del Rinascimento grazie all’avanzamento tecnologico di grande importanza.
Il medioevo fu anche dominato dalla religione cristiana, e quest'ultima sovrastava ogni cosa e tutto veniva collegato alla volontà di Dio.
Per tale motivo, questi secoli diedero alla luce le crociate (tra il 1095 ed il 1270 ), campagne militari promosse dal clero e potenze cristiane occidentali per liberare la Terra Santa dal controllo dei musulmani. In questo contesto Matteo Manenti, con grande abilità e naturalezza, colloca le gesta di Astulfo LanciaFoco de Ruperti, un nobile lombardo e cavaliere crociato al seguito, nel 1101, del vescovo Anselmo IV da Bovisio. Il libro di Matteo Manenti è un crescendo di emozioni, nel crogiolo delle umane sofferenze tra ombre e luci di un periodo complesso e troppo spesso frettolosamente svalutato.
Il crociato Astulfo, in questa sua perigliosa avventura, si distingue per il coraggio e astuzia, ma di sovente, lungo il cammino, si lascerà travolgere dalle sue ardite passioni, alla ricerca del tepore dolce e al contempo torbido che contraddistingue l’intimità di chi vive tra guerra, caos e morte.
La doppia faccia di una medaglia, così il cuore di un uomo valoroso cede alla lussuria, agli istinti più riposti e alla brutalità di chi deve scegliere come salvarsi da situazioni incresciose e persino pericolose.
In questo bivio si insinua la vicenda di Astulfo, che a ogni racconto viene insignito di un nuovo titolo a designare le sue capacità amatorie oltre che guerresche.
A rendere il testo più interessante è sicuramente la scelta linguistica che l’autore ha magistralmente applicato, per fare immergere il lettore negli scenari medievali con maggiore consapevolezza.
Nel MedioEvo si era talmente legati alla storia della Chiesa che quasi ci si sentiva incatenat (Søren Kierkegaard)
Con questa frase di Kierkegaard, vorrei porre l’attenzione sulla scelta dell’autore di raccontare il medioevo in modo unico, sorprendente e rivelatore. Questo approccio di Matteo Manenti denota grande capacità di sviscerare i contrasti, nel bene o nel male, non solo del lungo periodo in oggetto, ma soprattutto dell’animo umano. Ciò che mostriamo di noi è il frutto della storia che forgia i sentimenti come scudo o reazione all’implacabilità dei fatti terreni. Così Astulfo, all’inizio giovane e inesperto, via via diventa un uomo maturo e consapevole delle sue qualità seduttive, pronto a estrapolare piacere in momenti bui dell’esistenza.
Il cavaliere LanciaFoco, per necessità e non solo, rompe gli argini della moralità tanto decantata in apparenza dalla Chiesa, che tenta di legare al proprio volere i fedeli, ma che di fatto si macchia di orribili nefandezze. Per tali ragioni, questo personaggio diventa emblema del libero arbitrio, e mai vittima dei condizionamenti dell’epoca della Inquisizione. Quel Dio che per tanti era fonte di timore e castighi, per Astulfo diventa un mezzo per trovare il suo vero “io”, una strada che porta sul sentiero della redenzione non spirituale ma esistenziale.
Ho scoperto Matteo Manenti in un gruppo letterario e ho avuto il piacere di leggere alcuni suoi scritti, vi consiglio di non perdervi le gesta di Astulfo, ne resterete piacevolmente stupiti e rapiti. Il finale a sorpresa è una chicca che rende il libro ancora più prezioso.
Palermo 17/04/2024
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Matteo Manenti, classe 91, nasce e vive in Liguria, incastonato tra mare e monti, coltiva la passione per la natura, arrivando ad aprire l’azienda agricola Peperoncini frutta e verdura Levante, coltivando un’altra grande passione: la scrittura. Nel 2016 viene selezionato tra i vincitori del concorso Trenta racconti italiani, indetto dall’Associazione culturale Il cartello, venendo pubblicato nella raccolta Trenta racconti italiani: Sinfonia polifonica di voci emergenti con il racconto “Il viaggiatore”.
Nel 2017 vede la luce la sua prima opera completa, Idolo di morte, seguita dopo poco tempo dalla seconda: Il sangue dell’imperatore.
Nel 2020 pubblica Racconti da lo torbido medioevo, ambizioso progetto scritto interamente emulando le antiche parlate del medioevo, mescolate a ironica sensualità.
Nel 2023 è la volta dell’opera caratterizzata da scrittura più matura e varia: Racconti a cazzo di cane.