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Sacerdotessa o strega?
Figura culturale della terra di Sardegna, il suo nome deriva dallo spagnolo “acabar”, Finire.


Figura di donna anziana, veniva chiamata dalle famiglie che avevano in casa un moribondo, per praticare l’eutanasia.
Nei paesi si rivolgevano ad essa per guarire dai mali, togliere il malocchio o per scoprire dove si trovasse il bestiame rubato.
Un cerimoniale pagano che affonda le proprie radici in epoca arcaica,  osteggiato dalla Chiesa Cattolica e abolito ufficialmente (sempre secondo alcune testimonianze) dal Concilio di Trento (1545-1563), perdurato nelle comunità più rurali della Sardegna fino ai primi anni '50 dello scorso secolo.
Una figura alquanto inquietante, argomento tabù all’interno delle stesse famiglie, chiamata ad un compito macabro, quanto compassionevole.
Era una donna forte, in grado di assistere ad un parto o cucire ferite senza mancamenti e, in caso di necessità, dava la morte a chi, anziano o malato, non aveva più speranza di vita. Un punto fondamentale di questa figura: l’accabadora veniva chiamata solo come ultima risorsa.
Potrebbe sembrare un controsenso in quanto si trattava di una donna credente che, in un atto di estrema misericordia liberava l’anima da un corpo sofferente, evitando al moribondo, una prolungata agonia.
La pratica dell’accabadora era quella di far spogliare la stanza ed il moribondo di qualsiasi oggetto sacro, che proteggesse e potesse prolungare il distacco dell’anima dal corpo, invitando i i familiari ad uscire dalla camera.
Diverse erano le modalità che essa poteva utilizzare: soffocare il moribondo con un cuscino, dargli un colpo secco in un punto preciso del capo, la fronte o la nuca, con una specie di martelletto di legno d’ulivo o d’olivastro detto (su mazzolu), di cui esiste un esemplare conservato presso il Museo etnografico Gallura a Luras, oppure utilizzare il giogo posto sotto la nuca con un colpo che avrebbe dovuto provocare una morte istantanea. Non sempre l’operazione era veloce e indolore. Ed è probabilmente legato a questa circostanza un detto sardo che suona così: “Su ohi de s’accabadore”, cioè “l’ohi provocato dall’accabadora”.
Difficile dire se la figura dell’accabadora sia verità, storia o leggenda,
sarebbe un errore giudicarla per le pratiche.
Oggi mi sento di dire che la conoscenza della nostra saggezza popolare, della nostra terra, in modo genuino e saggio, come certe usanze e tradizioni arricchiscono la nostra cultura.
Fino a poco tempo fa, e non solo in Sardegna, l’eutanasia non era una barbarie, ma un atto di misericordia.
Come la misteriosa e forte figura delle “ACCABARORAS” ci insegna.

 

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Info Autore
Angelica Donatella  Putzolu
Author: Angelica Donatella Putzolu
Biografia:
Classe 1965. Pittrice ed amante dell’arte, in tutte le sue forme. Orgogliosamente sarda, terra d’origine di cui conserva profonde radici e cultura.
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