di Adelaide Baldi
Sulla vetta del monte Gelbison, a 1707 metri di altezza s.l.m., nel cuore del Parco Nazionale del Cilento,Vallo di Diano e Alburni, si respira un’aria frizzantina anche nei giorni più caldi di agosto e lo sguardo si perde nella bellezza del panorama a 360 gradi. Sono visibili i monti Allburni e i monti Picentini, il monte Bulgaria e il monte Cervati, il golfo di Salerno e quello di Policastro, e nelle giornate più limpide le Eolie, lo Stromboli, Ischia, Capri, il Vesuvio e la costiera amalfitana.
Proprio su quella vetta, che regala una pace interiore indescrivibile a credenti e non, si trova il santuario dedicato alla Madonna del Sacro Monte di Novi Velia. Intorno alla sua costruzione si narra che alcuni pastori avevano deciso di costruire una chiesetta alle falde del monte. Però i lavori non andavano mai avanti perché ogni mattina trovavano distrutte le mura che avevano innalzato il giorno precedente. Così decisero di vegliare di notte la zona. Portarono con loro un agnello per sfamarsi, ma sul punto di essere sacrificato l’animale fuggì. Nel rincorrerlo furono condotti sulla cima del monte, davanti ad una grotta. Al suo ingresso videro l’effigie della Madonna. Corsero a raccontarlo al Vescovo di Capaccio che si recò presso la grotta. Nel momento della benedizione una voce dall’alto tuonò: «Questo luogo è Santo ed è stato consacrato dagli Angeli». Ma questa è una leggenda.
Probabilmente nello stesso punto in cui ora è presente il santuario mariano sorgeva un antico tempio greco edificato dagli Enotri, presenti in questo territorio nel V secolo a.C., in onore di una loro divinità, identificata con Era. Di certo si sa che la sua costruzione risale alla metà del X secolo a opera dei monaci basiliani che si insediarono nel Cilento dopo essere fuggiti dalla Sicilia perché perseguitati dagli arabi. Inizialmente dovettero sistemarsi in una grotta sul Gelbison per dedicarsi alla contemplazione eremitica, per poi edificare il luogo di culto su delle rovine.
«Questo santuario è antichissimo, il più antico della Campania». Lo afferma il rettore don Carmine Troccoli. E aggiunge: «La Madonna è stata sempre un punto di riferimento importante della la mia vita. Quando, nel 1967, fui nominato rettore del santuario per me fu un onore grandissimo e da allora mi sono sempre dedicato anima e corpo a questo splendido luogo di culto. Il santuario vive la sua vita dall’ultima domenica di maggio alla seconda di ottobre. D’inverno, invece, rimane chiuso in quanto la neve impedisce ai fedeli di poterlo frequentare. Questo è un luogo di culto che custodisce delle opere dall’immenso valore storico ed artistico. Ogni anno è meta di pellegrini provenienti da ogni parte della Campania e dalle vicine regioni Basilicata e Calabria».
Un tempo i pellegrini dei paesi circostanti partivano la sera, salendo a piedi per sentieri ancora esistenti, per arrivare al santuario il mattino dopo. Chi, invece, veniva da più lontano impiegava intere giornate di cammino, portava con sé cibo e acqua nelle “mommole” (recipienti di terracotta in dialetto cilentano). Le donne affrontavano l’ascesa con le cente votive sulla testa, tradizione che resiste anche ai nostri giorni. Mio nonno mi raccontava che lui si offriva sempre per portare il vino. Chissà perchè…? Grazie alla determinazione di don Carmine, che ha voluto dare la possibilità a tutti di giungere nella casa della Madonna del Monte, e all’ amore per questo luogo, oggi c’è una strada che arriva quasi fin sopra la vetta. Sempre grazie a lui, dagli anni ’70 in poi, sono stati eseguiti i lavori di restauro del santuario. In questo santuario la Madonna miracolosa che si venera è Odighitria. Indicata come la “brutta” delle “sette sorelle” perché è raffigurata con la pelle scura, per questo detta la “schiavona”. Ma è la più amata di tutte. “Le sette sorelle” sono le sette Madonne che proteggono il Cilento dall’alto di sette monti: Madonna del Granato-Monte Vesole Sottano, Madonna della Stella-Monte della Stella, Madonna della Civitella-Monte Civitella, Madonna del Carmine-Monte del Carmine, Madonna della Neve-Monte Cervati, Madonna di Pietrasanta-Monte Pietrasanta e la Madonna del Monte Gelbison o Sacro Monte di Novi Velia.
Sul Gelbison oltre al santuario ci sta la cappella di San Bartolomeo. E’ collegata con la chiesa grande tramite un ampio corridoio, un tempo il rifugio dei monaci, che passa sotto il sagrato, lungo il quale si possono ammirare alcune strutture murarie di epoca antica. Un unico grande campanile, staccato dal corpo delle due chiese, si trova a Sud del sagrato. Ad Est, oltre la ringhiera di ferro battuto, si staglia dal burrone un esile roccia chiamata dal popolo “ciamba re cavaddo” per via di un’altra leggenda: due cavalieri giunsero sul Sacro monte, uno credente e uno non credente. Mentre il credente entrò nella chiesa madre per pregare l'altro da fuori lo scherniva per questo suo gesto di "debolezza". D’improvviso il suo cavallo s'imbizzarrì e in pochi attimi raggiunse l'orlo di un precipizio. Allora il cavaliere, anche se non credente, nell'attimo del salto implorò l'aiuto della Madonna. Il cavallo si fermò proprio sulla punta di quella roccia (la zampa di cavallo). Girò lentamente su se stesso e, con un salto miracoloso, tornò sul piazzale della chiesa, mettendo in salvo il suo cavaliere che, per la grazia ricevuta, si convertì.
Da qui nacque l’usanza da parte dei pellegrini di lanciare sassolini su quello spuntone per assicurarsi la buona sorte: le persone anziane sarebbero ritornate al santuario l’anno successivo e le donne nubili si sarebbero maritate entro l’anno. Ancora oggi questa roccia è considerata un portafortuna per chi riesce a centrarla con una monetina.