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di Giovanni Macrì

Continuano a susseguirsi i femminicidi, in media uno ogni 3/4 giorni.

Un quadro di sangue innocente che chiede a gran voce di mettere fine a questa mattanza per la folle mano di partner o ex-partner.

È veramente difficile restare inermi davanti a questo comportamento di uomo verso una donna, dettato dal delirio di potere o dall’incubo di perdere ciò che, in realtà, non ha mai avuto. Dettato dal timore di perdere la propria autorità, il proprio dominio o l’“oggetto” del proprio affetto o da chissà quale altro inaccessibile motivo.

 

Bentornato a casa Chico. Nuovo successo per la diplomazia italiana e il governo

 

di  Monica Vendrame

Enrico (Chico) Forti, l’imprenditore trentino da tempo detenuto in Florida, è tornato in Italia. È atterrato questa mattina con un volo dell'Aeronautica Militare all'aeroporto militare di Pratica di Mare, dove ha incontrato il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che lo scorso marzo - in occasione della sua missione negli Stati Uniti - aveva ottenuto il consenso al trasferimento del suo connazionale, ai sensi alla Convenzione di Strasburgo. Il processo è partito da qui e si è concluso in tempi record mercoledì 15 maggio, quando si è svolta l'udienza in cui Forti ha firmato l'accordo con il giudice federale statunitense per scontare la restante pena in Italia sulla base della legge italiana". Forti è stato rilasciato giovedì dal carcere di Miami dopo 24 anni di detenzione e gli è stato concesso di scontare il resto della pena in Italia. Ora sarà trasferito nel carcere di Verona. 

 

 

Nel giugno 2000, Enrico "Chico" Forti, un produttore televisivo italiano ed ex campione di windsurf, è stato giudicato colpevole e condannato all'ergastolo, senza condizionale, per l'omicidio nel 1998 di Dale Pike, un australiano che si era recato a Miami per incontrare Forti su un accordo d'affari. L'uomo, che si è sempre dichiarato non colpevole dell'omicidio, in tutti questi anni ha lanciato nunerosi appelli, rilasciato interviste e aperto un sito web, dove raccontava la vicenda dal suo punto di vista. I suoi avvocati hanno sempre sostenuto quanto le prove fossero circostanziali. Una cosa è certa: il caso di Forti è diventato una crociata contro il sistema giudiziario statunitense, spesso disumano ed eccessivamente duro.

 

 

 

 

di  Monica Vendrame 

Tutti conosciamo il notissimo giornalista Franco Di Mare, una delle personalità più importanti nel mondo dell'informazione, ex inviato di guerra.

Proprio egli stesso, negli ultimi mesi, aveva parlato della sua malattia, dichiarando di soffrire di una grave patologia che lo costringeva a vivere con un tubicino dell’ossigeno. Il giornalista aveva contratto il Mesotelioma, una grave forma di neoplasia dovuta all’esposizione all’amianto (una sostanza che da sempre è considerata dannosa per la salute umana), respirato nella ex Jugoslavia, durante i suoi reportage di guerra. A Sarajevo aveva anche  adottato sua figlia.

La morte è stata annunciata dalla famiglia con una nota: "Abbracciato dall'amore della moglie, della figlia, delle sorelle e del fratello e dall'affetto degli amici più cari oggi a Roma si è spento il giornalista Franco Di Mare".  Lo stesso fratello Gino Di Mare ha scritto parole commoventi sui social: ”Ciao Frà, con te va via un pezzo di me”.

Ecco una delle sue ultime dichiarazioni:

"Da inviato di guerra ho respirato amianto: sono stato a lungo nei Balcani, tra proiettili all’uranio impoverito. Ogni esplosione liberava nell’aria infinite particelle di amianto. Ne bastava una. Non potevo saperlo, ma avevo respirato la morte. Magari l’ho incontrata proprio a Sarajevo, nel luglio del 1992, la mia prima missione. O all’ultima, nel 2000, chissà. Ho un tumore che non lascia scampo: il mesotelioma. Ho chiesto alla RAI lo stato di servizio ed ho chiesto l’elenco delle missioni svolte, per supportare la diagnosi. Ma la Rai non ha mai risposto alle mie mail. Dall’amministratore delegato in giù, senza ricevere risposta. Persone che consideravo amiche mi hanno ignorato. Dalle vecchie dirigenze a quella attuale. Con alcuni prendevo il caffè ogni mattina. Non riesco a capire l'assenza sul piano umano, persone a cui davo del tu che si sono negate al telefono. Trovo un solo aggettivo: è ripugnante.
Sei mesi fa, c’è stata una recidiva della malattia. Ora Respiro con un terzo della capacità polmonare. Un diffusore di ossigeno, è ora il mio polmone. Prima mi aiutava soltanto di notte. Da una decina di giorni invece non posso più staccarmi. .Il tempo che abbiamo è prezioso, te ne accorgi solo quando te ne stai andando. E decidi di non sprecarne più nemmeno un istante. Mi resta poco da vivere, quanto non lo so. Sono sereno e non mollo, ma da questo non si guarisce. Confido nella ricerca. Il 28 luglio compirò 69 anni, ma non so se ci arrivo. Forse sì. Sono sereno, non ho paura". 

Che il viaggio ti sia lieve, ciao Franco...

 

 

 

Condannata Alessia Pifferi : omicidio della figlia, la piccola Diana

 

di  Benedetto Maria Ladisa

La sentenza di oggi, 13 maggio, emessa dalla Corte d'assise di Milano, ha messo in luce la mente lucida e assassina di Alessia Pifferi, la donna che aveva lasciato morire di fame e di sete la piccola Diana, sua figlia di soli 18 mesi, lasciata sola in casa nel luglio 2022 e abbandonata per 6 giorni mentre la Pifferi era a divertirsi tra vacanze e nuovi amori, senza curarsi neppure di andare a trovarla.

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