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di Anna Turotti 

BIELLA - Le polemiche sulla DAD non sembrano cessare. I genitori chiedono aiuto, sono sempre più preoccupati. Si erano quasi rassegnati a vedere i figli adolescenti per casa in pigiama col cellulare acceso ma con la telecamera della piattaforma rigorosamente spenta per poter seguire contemporaneamente lezioni e social network come Instagram o Tik Tok. Ma ora descrivono i figli stravaccati sul divano o sul letto con aria assente, sempre più apatici, svogliati,indolenti e pigri. La Didattica digitale non funziona per tutti, e il guaio è che si sta portando avanti da troppo tempo.

Manca il legame fisico con gli insegnanti, con i compagni con la classe e questo porta i ragazzi a sentirsi sempre più isolati e soli. Nasce un senso di disorientamento e di disagio e i ragazzi danno chiari segnali di malessere depressivo. Tutta la pedagogia è sempre stata orientata alla necessità di condivisione sociale, sensoriale: i ragazzi hanno bisogno di socialità, di sorrisi e di rimproveri. La comunicazione tra docenti e allievi è fatta di sguardi d’intesa. Le lezioni in DAD sono meno efficaci, perché non si riesce a creare una relazione tra docente e studente che passi attraverso la comunicazione non verbale e lo stesso vale per la classe: non si riesce a creare una relazione che supporti l’attività didattica. L’insegnante osservando i suoi alunni sa quando si deve fermare per ripetere o per cambiare argomento, è sufficiente vedere uno sbuffo, una smorfia e un allievo sa come comunicare al suo insegnante che è stanco o che non ha capito: basta un cenno di capo, un mano che si alza. L’intesa è immediata quando la comunicazione in aula funziona. Molti docenti dicono che gli allievi coricati in DAD sul divano oggi sono gli stessi che a lezione in presenza non ascoltano e sbirciano il telefonino.Ma non è così, anche ragazzi responsabili e desiderosi di apprendere denunciano difficoltà a seguire le lezioni.

                                                                                                         

La DAD: quasi una realtà virtuale

Vittoria e Sofia frequentano il secondo anno di Liceo e si sentono demotivate. Mi hanno confidato che, a volte, guardano distrattamente il cellulare durante le lezioni.

“Usare il telefonino è una conseguenza del fatto che non si riescono a seguire le lezioni in DAD. Quando si è concentrati non si sente l’esigenza di guardare il cellulare. - spiega Vittoria - Manca la concentrazione davanti ad un monitor e, di conseguenza, svanisce anche la motivazione allo studio. Una volta mi piaceva andare a scuola e studiare, ora studio solo per avere la promozione a fine anno. A volte provo una strana sensazione: mi sveglio alla mattina e accendo subito il computer: tutti sono lontani, compagni e professori. La tecnologia prima era esclusa dalla scuola e poi c’erano le uscite con gli amici. Mi sembra quasi di vivere in una realtà virtuale. E’ terribile. No, non vedo aspetti positivi nella DAD. Gli insegnanti pretendono sempre di più e non si fidano di noi. Pensano che possiamo copiare durante le verifiche e così ci assegnano prove più difficili in tempi molto brevi. Anche la didattica mista non funziona, perché nei giorni in cui si frequenta i professori devono farci recuperare le verifiche e così la scuola si trasforma in un incubo.”

“Andare a scuola prima era bello, si incontravano i compagni e gli insegnanti , si scherzava e c’erano momenti di serenità - aggiunge Sofia - in DAD non è la stessa cosa. E’ difficile seguire le materie, specie quelle più complesse come matematica o latino. Al pomeriggio si studia ma mancano pezzi della spiegazione e così i voti sono peggiorati. Per me che sono molto timida è difficile intervenire, fare domande. Aprire la telecamera e parlare è imbarazzante: sento gli occhi degli insegnanti e dei compagni su di me. Così preferisco stare sempre zitta durante le lezioni. E i voti delle verifiche sono sempre più deludenti.”

Vittoria e Sofia come tanti altri adolescenti rimpiangono la loro vita prima della pandemia: “Ci manca tanto la libertà, ora ci sono troppe regole troppe costrizioni e la tecnologia detta ogni nostra azione. Speriamo di poter tornare a scuola per conoscere meglio i nostri compagni e per poter riconquistare la fiducia degli insegnanti. E forse ritornerà anche la motivazione allo studio”.

                                                                                                     

 

 Quando i soggetti fragili sono i genitori

Vanessa è una ragazza seria e responsabile e frequenta l’ultimo anno di Liceo. Ha vissuto con grande ansia e preoccupazione questi mesi non per sé stessa ma per sua madre, affetta da una grave patologia.

“ Quando è iniziata la pandemia - spiega Vanessa- non mi rendevo conto della situazione. Ho trascorso la primavera e l’estate 2020 in casa con mia madre. Ho vissuto bene, io sto bene in casa. A settembre ho capito che dovevo riprendere la scuola. Non capivo quanto dovessi preoccuparmi. Non conoscevo persone che si erano ammalate di Covid 19, non percepivo un grande pericolo. Mia madre mi ha sempre parlato con chiarezza dei suoi problemi di salute. Io volevo ritornare a scuola con i miei compagni ma, al tempo stesso, ero preoccupata. Finché una sera mia madre mi ha detto –E’ giusto che tu vada a scuola! – Così ho ripreso la scuola in presenza,con la mascherina ffp2 sempre indossata, anche se il Dirigente Scolastico ci aveva detto che potevamo abbassarla quando stavamo seduti al banco. Ho chiesto agli insegnanti di sedermi vicino alla finestra e di poter tenere la finestra sempre aperta. I miei compagni non sanno nulla e non capivano, si lamentavano per il freddo, ma io così mi sentivo più sicura. Nelle prime settimane tutto è andato bene ma poi una mia compagna si è ammalata di Covid 19 , poi un'altra…La mia paura è aumentata, sentivo di aver sbagliato a fidarmi, mi sentivo in colpa per mia madre. Ogni giorno c’era un nuovo caso. Ho avuto davvero tanta paura. Per fortuna è iniziata la seconda fase di lockdown. Siamo rimasti tutti a casa e io mi sono sentita di nuovo tranquilla.

Ho domandato anche alla mamma di Vanessa come ha vissuto gli stessi momenti.

Signora Michela, cosa ha provato quando ha capito la gravità della situazione pandemica?

"In genere non sono una che si preoccupa in anticipo, ma con il passare dei giorni e dato il mio quadro clinico, ho dovuto prenderne atto e ho cercato di salvaguardare la mia salute e di proteggere i miei cari. Non ho avuto paura ma un senso di responsabilità per me e per loro."

Come si è sentita quando ha saputo che sua figlia Vanessa doveva riprendere la scuola in presenza?

"Avevo un po’ di ansia, perché, si sa, i ragazzi si cercano e non è facile seguire le regole. E’ però giusto non far pesare su di loro i nostri problemi. Nei primi tempi più che paura per me provavo tanta apprensione per lei. Tornava a casa e si disinfettava e non aveva nessun contatto dopo la scuola con nessuno per salvaguardare me. E’ stata molto brava." 

Qual è stato il momento più difficile?

"Quando sono venuta a sapere che c’erano in classe ragazzi positivi. Ci si allarma, si cerca una soluzione. Spaccheresti il mondo per sapere subito ma non hai armi, devi aspettare e sperare. Per fortuna è andata bene, mia figlia è risultata negativa."

Come sta vivendo il terzo lockdown?

"Lo vivo tranquilla. A casa. Non si esce. Vanessa è sempre in casa con me...”

Speriamo che la vita degli adolescenti possa ritornare quella di prima, perché anche Vanessa deve riprendere ad uscire e tornare a casa da sua madre serena, senza sensi di colpa.

 

Storie d’amore in DAD

Se è vero che le ore passate ad interagire con la tecnologia portano l’adolescente a chiudersi nella propria individualità piuttosto che uscire nel mondo reale e accettare le sfide della vita quotidiana, è anche vero che le storie d’amore nascono e fioriscono sempre, anche nei periodi più bui. E sono sempre e comunque belle come la storia di Matilde e di Matteo che hanno iniziato la loro relazione due mesi prima dell’inizio della pandemia. A parlare per primo è Matteo desideroso di raccontare la sua storia:

Ho conosciuto Matilde in Terza superiore quando ho cambiato scuola. Ma la nostra relazione è nata un anno dopo. Siamo stati sfortunati, abbiamo iniziato a frequentarci qualche mese prima della pandemia. Eravamo insieme e una sera abbiamo appreso che l’Italia si sarebbe bloccata. Per tre mesi ci siamo visti soltanto sullo schermo. Era una relazione iniziata da poco e avremmo voluto vivere la nostra storia…”  Matteo abbassa lo sguardo e diventa triste "Ricordo il momento più difficile. Eravamo in casa da un mese e le giornate iniziavano ad essere calde. Mi mancavano le attività all'aria aperta che avremmo potuto fare insieme. Ho sofferto molto di solitudine. Amo molto stare in compagnia, non sto bene da solo e non vedere Matilde e i miei amici è stato terribile."

Matilde non soffre di solitudine come Matteo “Sono una che sta bene in casa e, all'inizio, la pandemia mi ha fatto riflettere. Dopo due mesi non ci si conosce davvero e questo periodo mi ha aiutato a capire che Matteo era davvero importante per me. Attendevo con ansia tutto il giorno i nostri incontri su Face Time. Certo, però, che se non ci fosse stata la pandemia, le attività insieme sarebbero state molto belle: fare una passeggiata o trascorrere insieme un weekend ci avrebbe resi molto più felici” Quando poi parla dell’esperienza della DAD, Matilde ha le idee chiare “ La DAD non è funzionale, non permette affatto di recuperare tempo. E’ difficile mantenere l’attenzione e affrontare le verifiche è ancora più impegnativo. Si assimila diversamente, si dimentica subito, non rimane niente.”

E’ indubbio quindi che la didattica a distanza sia diversa da quella tradizionale in presenza e si rischia di passare le giornate ad ascoltare cose che poi si dimenticheranno molto in fretta.

(continua)

 

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Info Autore
Anna Turotti
Author: Anna Turotti
Biografia:
Anna Turotti è nata a Biella, è sposata e madre di tre figlie. Si è laureata in Lettere all’Università degli Studi di Torino ed insegna presso il Liceo Scientifico di Biella. Nutre un grande amore per la natura e per l’arte e si diletta a scrivere versi e racconti, dove esprime emozioni e sentimenti in uno stile semplice ed evocativo fatto di immagini. Ha pubblicato le sue poesie in alcune Antologie Letterarie e la sua prima silloge poetica dal titolo “Ali nel blu”. Ha conseguito vari riconoscimenti in diversi concorsi letterari.
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