di Gabriella Paci
Che il pianeta da tempo abbia bisogno di attenzione e cure, lo sapevamo da tempo ,ma a risvegliare le coscienze ci ha pensato l’attivista Greta Thumberg, una ragazzina dal viso di bambina che ha ottenuto l’attenzione e il plauso di milioni di giovani e non solo e che ha tenuto conferenze a settembre di quest’anno proprio qui in Italia, a Milano.
“Ormai è tempo di agire e agire in fretta” ci ripete a intervalli più o meno brevi ed ha ragione. In poco più di cento anni l’uomo è riuscito a distruggere in modo più o meno consapevole, centinaia di ecosistemi e a minacciare di estinzione almeno 160 specie animali tra le quali le più note gorilla, rinoceronti, elefanti e tartarughe giganti chiamate anche flag species – specie bandiera ovvero simbolo di interi ecosistemi – che rischiano la totale estinzione in natura entro pochi decenni.
Colpa dei cambiamenti climatici, della distruzione degli habitat, dell’inquinamento, della deforestazione, della caccia indiscriminata anche per procurarsi una sola componente del corpo dell’animale e dell’introduzione di specie invasive. Per farla breve, colpa dell’uomo.
Uomo che in poco più di 100 anni (tanti sono dalla creazione delle industrie di fine 800 e delle materie artificiali) è riuscito a stravolgere un equilibrio perfetto senza essere però capace di risanamento come conferma, tra l’altro, il già noto buco nell’ozono.
Tra l’altro i cambiamenti climatici che stanno causando piogge torrenziali, trombe d’aria, uragani e aumento della temperatura provocano, a loro volta, disastri ambientali con l’impoverimento dei suoli e la scomparsa di specie vegetali oltre che animali.
Il polo, dove si stanno drasticamente riducendo i ghiacci, sta diventando anch’esso terra di conquista da parte sia di Cina che di Urss ma anche dell’Europa stessa per l’accaparramento delle materie prime, delle terre rare e dei minerali in esso contenuti. Addirittura anche lo spazio, con la moda dei viaggi sperimentali promossi dai magnati del commercio planetario sta diventando “terreno“ di conquista e, dunque, soggetto ad ulteriore inquinamento.
Inquinamento che l’uomo continua a provocare e che oramai riguarda dunque ogni possibile spazio terrestre, marino e atmosferico. Per essere consapevoli, basta fare una camminata nelle strade urbane dove i gas di scarico ammorbano l’aria unitamente ai tanti rifiuti che i cassonetti e le stesse discariche non riescono contenere e a smaltire, o vedere il mare e le spiagge invase da rifiuti di cui la plastica pare essere un elemento incontrollabile o pensare alle piogge acide, ai diserbanti, ai pesticidi e tanto tanto altro.
Negli ultimi anni si sente parlare sempre più spesso delle negoziazioni internazionali sul clima e quest’anno ci sarà al 26 esima COP.
Se molti conoscono il Protocollo di Kyoto e il tanto discusso Accordo di Parigi, c’è da dire che questi sono solo due dei principali risultati di una serie di conferenze tra le parti: le COP (ovvero Conference of the Parties) che dal 1995 impegnano annualmente i governi di tutto il mondo nel quadro di riferimento delle Nazioni Unite.
In 25 anni di storia, la comunità internazionale ha prodotto accordi, stabilito impegni e chiarito responsabilità che hanno definito l’approccio mondiale al cambiamento climatico.
La crescente preoccupazione da parte della comunità scientifica sui potenziali effetti del cambiamento climatico spinse infatti le Nazioni Unite, nel 1992, a dotarsi di un quadro d’azione per combattere l’aumento delle temperature.
Numerosissimi paesi (oggi 197) si unirono sin da subito al nuovo trattato internazionale, chiamato appunto UNFCCC, impegnandosi a trovare strategie per ridurre le proprie emissioni di gas ad effetto serra, causa principale del surriscaldamento globale.
Già nel 1995, i paesi (o Parti) aderenti alla Convenzione diedero il via alle primissime negoziazioni sul clima, riunendosi a Berlino nella prima Conferenza delle Parti, la COP1. Fu Angela Merkel a presiedere la prima COP.