di Lorenzo Rossomandi
Amo viaggiare in treno, perché è un momento che mi permette di leggere, scrivere o pensare con calma. Per questo, seppur apprezzandone la comodità, in fondo detesto i treni ad alta velocità.
Quel giorno, i miei vicini di viaggio erano due ragazzine di circa 15 anni e un signore distinto. Aveva l’aspetto di quei professori di altri tempi. La scena era pressappoco questa. Io che leggevo beato sul mio tablet e le ragazzine che guardavano continuamente lo schermo del loro cellulare.
Ad un tratto il signore si rivolse a me con estrema educazione:
«Le chiedo scusa, lei conosce la lingua inglese?»
«Non perfettamente, ma me la cavo» risposi io.
«Glielo chiedo perché mia nipote mi ha detto una cosa al telefono stamattina. Ma io non conosco il significato di un termine».
«Posso provarci, qual è la parola?»
«Beh, mi ha detto… “Scialla, nonno!“».
Le due ragazzine alzarono entrambe la testa e, guardandosi, ridacchiarono tra loro.
Le guardai e poi, rivolgendo lo sguardo sul signore, stavo per rispondergli. Ma lui non guardava me, si era voltato verso le ragazzine e le osservava con il sorriso sulle labbra ed un’espressione divertita.
Una di loro se ne accorse e smise di ridacchiare seguita immediatamente dall’altra.
«Voi lo sapete?» chiese il signore «Cosa significa in italiano?»
La ragazzina seduta a mio fianco prese coraggio e rispose: «Non è inglese, è italiano» poi guardando l’altra, come a trovare il coraggio di continuare, proseguì «”Scialla” significa “stai sereno, tranquillo”»
Il signore annuì pensieroso, poi chiese: «Quindi mia nipote mi stava dicendo di stare tranquillo?»
«Sì!» disse la ragazzina al mio fianco.
«Ed io che temevo che mi avesse offeso…»
Rimase un po’ pensieroso. Poi, sorridendo chiese: «Perché non mi dite qualche altra espressione di voi giovani? Qualcosa che non conosco e con la quale potrei stupire mia nipote?»
Iniziò così un’accesa lezione di espressioni e luoghi comuni che, tra spiegazioni, commenti e grasse risate, ci fece passare le due ore di viaggio tra le più divertenti della mia vita.
Arrivammo alla stazione di Firenze e io e il signore scendemmo.
Camminando sul marciapiede dei binari, telefonai a mia moglie per avvertirla che ero arrivato. Riattaccai e mi accorsi che il signore era al mio fianco.
«Non è facile staccarvi da quei “cosi”, eh?» disse sempre sorridendo.
«Lei ha fatto un vero e proprio miracolo oggi» commentai io.
Lui rallentò il passo:
«In tutta sincerità, sono più deluso dalle persone adulte come lei che da quelle ragazzine».
Rimasi colpito dalla schiettezza dell’uomo. Avrebbe potuto ferirmi.
«Spero di non averla offesa…» continuò vedendomi turbato.
«No» gli risposi fermandomi. Sorrisi vedendolo un po’ preoccupato di avermi colpito.
«Lei non ha nessuna colpa, anzi, ha un modo di porsi che a me piace tantissimo».
«Ma…?» Mi chiese lui invitandomi a proseguire.
«Schiettezza per schiettezza, penso che la sua poca conoscenza delle nuove tecnologie l’abbia indotta in errore»
Continuava a guardarmi pensieroso.
«Se mi avesse visto leggere un romanzo di Victor Hugo, mi avrebbe interrotto?»
«Certo che no!» disse lui senza tergiversare.
Aprii la borsa e accesi il tablet.
«Lo stavo facendo»
Il signore rimase visibilmente colpito.
«Lei mi deve scusare, ma io non…»
«Si figuri! Lei oggi mi ha dato una grossa lezione. Mi ha insegnato che i rapporti umani sono la cosa più bella che esista».
Rimase pensieroso.
«Beh!» continuò lui riprendendo a camminare lentamente «allora si può dire che l’abbiamo avuta entrambi una bella lezione».
Arrivammo all’uscita continuando a parlare un po’.
Poi ci stringemmo la mano consapevoli che certi incontri speciali non capitano tutti i giorni.
«Imparerò a usare quei “cosi"» mi disse lui sorridendo e indicando la mia borsa.
«Imparerò a comunicare con tutti, come fa lei!»
Risposi io.
Non lo rividi più.
E un po’ mi dispiace non avergli chiesto il suo nome per poterlo incontrare di nuovo…