di Michele Petullà
I Partiti e i leader politici vengono quotati sul mercato finanziario del consenso.
Quasi ottanta anni fa, Joseph Schumpeter (1883-1950) sosteneva che la politica funziona come un mercato, anzi è essa stessa un mercato. Secondo il famoso economista austriaco, infatti, i partiti e i leader politici sono imprenditori che cercano di massimizzare un profitto (voti, cariche, soldi), vendendo agli elettori un prodotto (le politiche pubbliche) che corrisponda ai loro interessi. "Il moderno leader politico - scriveva - è un imprenditore, il cui profitto è il potere, il cui potere si misura a voti, i cui voti dipendono dalla sua capacità di soddisfare le richieste degli elettori " (Capitalismo, Socialismo e Democrazia, 1942). Rispetto a questa metafora - della politica come mercato - la situazione odierna si è assolutamente radicalizzata.
Ai tempi di Schumpeter gli attori politici restavano attori politici. I partiti erano partiti, legati a una base sociale e a un’idea di società, i capi erano capi per molti anni, i posizionamenti ideologici non cambiavano con facilità. La metafora della politica-mercato riguardava quindi solo lo spazio elettorale.
Oggi, invece, la politica intera acquisisce la forma stessa del mercato. Tutti i soggetti e gli oggetti politici (partiti, leader, discorsi, politiche, scelte di governo) assumono la forma di merce e sono completamente definiti da questa forma.
Che cos’è, per esempio, Salvini? È un prodotto, costruito sin dal 2014 per essere una merce. Se si assiste a un suo comizio si troverà tutto tranne che il carisma: annoia, è pedissequo, monocorde, induce applausi forzati. Perché Salvini non è carismatico, è un prodotto creato per funzionare in televisione e sui social media: il suo carisma, più che una dote personale, è una costruzione sociale.
All’invenzione di questo prodotto hanno partecipato e contribuito Salvini e il suo entourage (la comunicazione social salviniana), sicuramente, ma sono stati fondamentali anche i media mainstream. Sin da quando è stato eletto segretario della Lega, il prodotto è stato lanciato con un campagna permanente su tutte le televisioni nazionali e tutti i quotidiani principali. Ancora oggi è indiscutibile la sovraesposizione mediatica del leader leghista.
Questi stessi media, non bisogna dimenticarlo, costruiscono ogni giorno anche le precondizioni per il successo del discorso politico leghista: parlando ininterrottamente, per esempio, dell’emergenza "immigrazione", esaltando ogni fiammata "razzista", e non parlando di molte altre cose. Salvini ha sempre trovato amplissimo spazio anche sui media cosiddetti progressisti: era utile, già ai tempi di Renzi, per costruire un competitore che provasse a schiacciare i 5 Stelle nella logica bipolarista. Il Pd, infatti, ha sempre attaccato molto più Di Maio che Salvini, almeno fino alla folgorazione sulla strada di Damasco, a partire dalla nascita del secondo governo Conte.
La stessa crisi dei 5 Stelle si spiega anche nel quadro dell’assimilazione della politica a sottoprodotto del mercato e della comunicazione. Che "prodotto" vende oggi, il Movimento 5 Stelle? Ha venduto per anni quello della lotta alla corruzione e alla vecchia politica. È cresciuto su questo. Oggi questa ragione sociale è del tutto insufficiente rispetto al ruolo che ricopre. È una ragione sociale da opposizione, più che da governo. E di fatti, il Movimento 5 Stelle governista sembra aver abbandonato molte delle parole d'ordine che hanno caratterizzato la sua storia e contribuito alla sua crescita elettorale.
Della politica come mercato fa parte anche la dimensione finanziaria. Non è solo produzione e consumo, è anche Borsa. Partiti e leader vengono quotati sul mercato finanziario del consenso, e le curve delle loro ascese e cadute ricalcano gli andamenti di Borsa. La logica fondamentale della finanza è quella delle aspettative: se si diffonde la convinzione che un titolo crescerà, crescerà realmente. Così per i leader politici: se sembra che il consenso di un leader stia per crescere, cresce per davvero.
E' come una sorta di "profezia che si auto-avvera", un concetto introdotto nelle Scienze sociali verso la fine degli anni '40 dal sociologo statunitense Robert K. Merton (1910-2003), rifacendosi al Teorema di un altro sociologo statunitense, William Thomas (1863-1947): "Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze". In Sociologia, dunque, una profezia che auto-avvera, o che si auto-realizza, o che si auto-alimenta, è una previsione che si realizza per il solo fatto di essere stata convintamente espressa: predizione ed evento sono in un rapporto circolare, secondo il quale la predizione genera l'evento e l'evento verifica (conferma) la predizione medesima.
La spirale positiva si autoalimenta: più sembra che il titolo-leader cresca, più gli investimenti si concentrano su di lui. E' quello che sta succedendo da qualche tempo, per esempio, a Giorgia Meloni, leader indiscussa di Fratelli d'Italia e accreditata, secondo i sondaggi, di una crescita esponenziale, tale da insidiare la leadership del Centrodestra allo stesso Salvini.
Questa è la razionalità dell’investimento borsistico: una razionalità aleatoria, ipotetica, basata sulla doxa e sull’immaginazione. Una dimensione immaginativa che diventa, a un certo punto, realtà: è razionale investire su quel titolo, perché tutti stanno investendo lì. Così facendo, però, si arriva spesso alla bolla: gli investimenti sono eccessivi rispetto alla capacità di quel titolo di offrire profitti e dividendi. La bolla comincia a sgonfiarsi. Esplode. Così, negli anni abbiamo visto la bolla-Grillo, la super bolla-Renzi, la bolla-Di Maio. In questo momento Salvini, e ancor di più la Meloni, sono la razionalità finanziaria, borsistica, della politica italiana. È il discorso, la ratio, il terreno, la forma contingente della politica. Sarà una bolla anche questa? La storia lo dirà.
Il gioco non è così semplice. Sotto il cielo delle astrazioni del mercato, della finanza e dei flussi gelatinosi della comunicazione, resistono sempre, magari non visti, mimetizzati, silenti, incorporati nella forma-merce, i territori ancestrali e originari della politica: l’ideologia, la destra, la sinistra, la polarizzazione, il radicamento, il governo. Al contrario di un Renzi, Salvini (ma anche Meloni) non è solo bolla: distrugge i 5 Stelle perché è ideologia, è destra, è politiche di governo coerenti col proprio messaggio ideologico. Difficilmente, forse, questa bolla si sgonfierà. Vedremo il futuro cosa ci riserverà, anche sotto questo aspetto. Più probabilmente, però, al momento Salvini sembra essere il nuovo Berlusconi. In effetti gli somiglia molto. Perché la politica come mercato, in Italia, l’ha inventata Berlusconi. Il quale si conferma comunque il Matrix, il codice sorgente, della politica italiana contemporanea.