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di  Massimo Reina

Mentre l'Europa si trastulla nelle sue retoriche sull'inclusività e i diritti umani, le strade di Amsterdam ci hanno offerto uno spettacolo tutt'altro che edificante. Centinaia di tifosi del Maccabi Tel Aviv, squadra mediocre del panorama internazionale che non si capisce perché partecipi a competizioni europee, hanno invaso la centrale Piazza Dam, facendo esplodere illegalmente fuochi d'artificio e seminando caos. Secondo la polizia olandese, circa 20 persone sono state arrestate per disturbo dell'ordine pubblico e possesso illegale di fuochi d'artificio.

Come i miliziani di Hitler

Ma non è tutto. Giornalisti olandesi hanno riportato che alcuni tifosi israeliani avrebbero strappato e bruciato bandiere palestinesi nel cuore della città. Non contenti, avrebbero anche aggredito un tassista e danneggiato la sua auto. La reazione dei residenti locali, sostenuti dai tifosi dell'Ajax (squadra contro cui il Tel Aviv doveva giocare) e da altri tassisti, non si è fatta attendere: hanno affrontato e inseguito i responsabili per le vie di Amsterdam, costringendoli a rifugiarsi in un casinò, da dove sono stati poi prelevati dalla polizia.

La tensione è salita alle stelle, e la situazione avrebbe potuto degenerare ulteriormente se le forze dell'ordine non fossero intervenute. In risposta a questi eventi, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha deciso di inviare due aerei di soccorso nei Paesi Bassi per assistere i tifosi israeliani. Una mossa che ha sollevato non poche sopracciglia, considerando che stiamo parlando di tifosi coinvolti in atti di vandalismo e violenza.Ma ormai si sa come ragiona Israele, tira la pietra poi nasconde la mano dietro all’antisemitismo fasullo e a uno stucchevole vittimismo da soap opera.

Amsterdam in fiamme: il riflesso di un'Europa debole

Sul web circolano infatti numerosi video dei tafferugli avvenuti ieri sera ad Amsterdam. Immagini che mostrano una città trasformata in un campo di battaglia urbano, con gruppi contrapposti che si fronteggiano senza esclusione di colpi. E davanti a questa follia è utile fermarsi a riflettere sul quadro più ampio. L'Occidente, su entrambe le sponde dell'Atlantico e del Mediterraneo, sembra essere diventato una polveriera. Un crogiolo di odio e intolleranza, una bomba pronta a esplodere alla minima scintilla. Mentre i leader politici si riempiono la bocca di parole come "tolleranza" e "dialogo", nelle strade si respira un'aria ben diversa. La nostra epoca è caratterizzata da una preoccupante riesplosione di fanatismo, settarismo e violenza.

I social media, che dovrebbero essere strumenti di connessione, amplificano invece il linguaggio dell'odio. Basti pensare agli scontri verbali tra sostenitori di Black Lives Matter e seguaci di "Make America Great Again", o alle faide online tra fazioni politiche opposte. Il web straripa di aggressioni verbali che spesso sconfinano nel linciaggio mediatico. E quando l'odio trabocca dalle piattaforme digitali, finisce inevitabilmente per riversarsi nelle strade. L'Unione Europea si preoccupa di censurare quella che definisce "disinformazione", ma sembra chiudere un occhio davanti a questi fenomeni di intolleranza crescente. Forse perché affrontarli richiederebbe uno sforzo ben più grande che limitarsi a oscurare qualche post scomodo. Richiederebbe una riflessione profonda sulle politiche di integrazione, sull'educazione e sul ruolo dei media nella società contemporanea.

Gli eventi di Amsterdam non sono un caso isolato, come scritto prima, ma il sintomo di un malessere diffuso. Un malessere che attraversa le comunità e le nazioni, alimentato da retoriche divisive e da una mancanza di volontà nel cercare soluzioni condivise. Continuare a ignorare questi segnali significa condannarci a un futuro di conflitti sempre più accesi.

È tempo che l'Europa, e l'Occidente in generale, smetta di nascondere la testa sotto la sabbia. Dobbiamo affrontare le tensioni sociali e culturali che stanno lacerando il tessuto delle nostre società. Non con proclami vuoti o misure di facciata, ma con politiche concrete che promuovano il dialogo e il rispetto reciproco. Perché se continuiamo su questa strada, le scene di Amsterdam diventeranno la norma piuttosto che l'eccezione. E allora sarà troppo tardi per piangere sul latte versato.

 

 

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Info Autore
Massimo Reina
Author: Massimo Reina
Biografia:
Mi chiamo Massimo Reina, classe '72, giornalista regolarmente iscritto all’Ordine che lavora, tra gli altri, per Multiplayer.it, Blazemedia e collabora con diverse altre testate nazionali, alcune anche cartacee. Svolgo infatti da vent'anni la professione, e in questo lungo periodo ho acquisito esperienza nel campo dell'informazione sportiva, di politica internazionale, videoludica e dell'intrattenimento in generale, oltre che nella gestione e nella realizzazione di contenuti per le pagine ufficiali di diverse riviste su Facebook.
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