di Massimo Reina
«La politica estera dell’Europa si riassume in due frasi: “Sissignore” e “Noi non c’entriamo”». Kurt Tucholsky, 1932.
C’è una scena in “Fantozzi va in pensione” dove il ragioniere prende fuoco e nessuno se ne accorge, perché in azienda l’importante è la puntualità. Ecco, l’Unione Europea oggi è Fantozzi. È in fiamme, ma continua a marciare, ignara e fedele, verso il suo stesso barbecue geopolitico.
Da settimane, nei palazzi di Bruxelles, le cancellerie piagnucolano e s’indignano per i dazi che Donald J. Trump impone contro l’Europa. Sì, proprio lui: il miliardario sgrammaticato, il caimano dell’Ohio, l’imprenditore convertito al vangelo dell’“America First”. Uno che, a parole, non distingue la NATO dalla Nutella, ma che nella sostanza capisce benissimo dove stanno i dollari. E dove non devono stare.
Quando gli USA impongono sanzioni va bene. Quando le subiamo, piangiamo.
Nel 2014, l’Europa ha seguito Washington nel varare una raffica di sanzioni contro la Russia in seguito all’annessione della Crimea. Si parte con il Regolamento UE 833/2014: sanzioni economiche settoriali, embargo sulle armi, restrizioni sui beni a duplice uso. Poi ancora nel 2017, 2019, fino all’escalation post-24 febbraio 2022, quando la Russia invade militarmente l’Ucraina.
Sanzioni su gas, banche, individui, aziende, oligarca e pure le bottiglie di vodka. Tutto giusto, eh. Ma qualcuno ha pensato a chi pagava il conto? La Russia si è ristrutturata: commercio con la Cina, con l’India, sistema SWIFT alternativo, rublo blindato. Noi invece, bollette a 500 euro, aziende in ginocchio, inflazione da guerra e recessione mascherata da “stabilità monetaria”.
E oggi, nel 2025, ci scandalizziamo se Trump vuole fare a noi quello che noi abbiamo fatto alla Russia per oltre un decennio?
Chi è che “vuole fermare la guerra”?
Trump, che nel 2020 era ancora Presidente, più volte disse: “Se fossi stato al potere, Putin non avrebbe invaso l’Ucraina. E se fossi Presidente ora, la guerra finirebbe in 24 ore”.
Cazzata? Forse. Sparata da comizio? Sicuro. Ma mentre l’Europa batteva le mani all’invio di armi, e Biden staccava assegni da 113 miliardi di dollari (fonte: US Congressional Budget Office, dicembre 2023), Trump diceva: “No money for endless wars”. E la NATO tremava.
Nel 2018, minacciò di uscire dalla NATO se gli alleati europei non aumentavano il budget per la difesa (fonte: New York Times, 11 luglio 2018). Risultato? Oggi ci lamentiamo se vuole farci pagare la protezione con i dazi.
La Madeleine e l’Iraq: quei 500.000 bambini morti
“Ne è valsa la pena”, Madeleine Albright, intervistata da Lesley Stahl nel 1996 su 60 Minutes, riguardo alle sanzioni USA che avevano causato oltre 500.000 morti tra i bambini iracheni durante gli anni ’90.
Avete capito bene. Mezzo milione di bambini iracheni. Perché Saddam Hussein, già ridotto a un vecchio fantasma dopo la Prima Guerra del Golfo, non voleva inchinarsi a stelle e strisce. Ma quella era “democrazia”, giusto? Oggi, se la Russia taglia il gas o spara su Odessa, è barbarie. Ma se gli USA affamano l’Iraq, o bombardano Belgrado (1999), o radono al suolo Fallujah (2004), è “esportazione di valori”.
La Von der Leyen e gli applausi a Biden
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, da mesi si comporta come se l’Europa fosse una appendice emozionale della Casa Bianca. Nel discorso sullo stato dell’Unione del 2022 dichiarò: “Joe Biden è nostro alleato, nostro amico, nostro fratello”.
Aggiungiamo: “nostro burattinaio”. Mentre Trump si prendeva insulti su insulti in tutta Europa — da Macron a Scholz, passando per Draghi, che lo definiva “inaffidabile e imprevedibile” — l’Unione si inginocchiava ai piedi di Biden. E oggi? Oggi temono il ritorno del reietto. Ma non hanno fatto nulla per evitarlo. Non hanno costruito una politica estera autonoma. Non hanno difeso la propria industria. Non hanno previsto lo scenario. E ora, quando Trump promette dazi contro le auto tedesche, i vini francesi e le turbine italiane, si scandalizzano.
Il bue, il toro e il c..o che brucia
E allora, come sempre, si torna alla morale contadina: il bue che dà del cornuto al toro. Noi che abbiamo appoggiato embarghi, sanzioni, guerre a comando, che abbiamo chiuso un occhio su Guantanamo, sull’Afghanistan, sulle “extraordinary renditions” (i rapimenti della CIA), ora gridiamo al fascismo commerciale perché Trump – sì, proprio lui, che odiamo da anni – ci tratta da avversari, non da amici.
Sorpresa: Trump è coerente. Siete voi che non lo siete mai stati.
E se davvero, come paventano i giornali economici, in autunno scatteranno nuovi dazi e le nostre industrie finiranno a rotoli, la colpa non sarà sua. Sarà nostra. Perché siamo stati arroganti con chi aveva l’arma atomica commerciale, e ora ci ritroviamo senza mutande.
Nel frattempo, Zelensky piange lacrime amare per il taglio dei fondi. L’Europa si spacca tra chi vorrebbe trattare e chi vuole resistere. E Trump, da Mar-a-Lago, si frega le mani.
Tutto torna, sapete?
Anche la Storia.
Soprattutto la Storia.