Triplicato il numero dei migranti inghiottiti dal Mediterraneo. “Vite umane ”! Spesso considerate di serie “B”
di Ornella Gatti
Mentre il mondo concentra le sue forze per sconfiggere la pandemia, e lentamente riesce, con le dovute cautele, a intensificare mezzi e sforzi per riuscirvi, di là dal mare, il mostro da sconfiggere resta sempre lo stesso: la fame. Una fame, in senso stretto, per mancanza di risorse, povertà assolute, scenari drammatici di guerre e carestie; ma anche una fame di evoluzione, di progresso, di desideri, nella speranza di una realtà più fortunata. Sono oltre 500 i migranti morti nel Mediterraneo dall’inizio del 2021. Un’ecatombe silenziosa di vite umane, che ripetutamente leggiamo in cronaca, senza che ciò susciti, forse neanche più, riflessioni e sussulti nell’animo. Un altro naufragio, visibile o invisibile, che si schianta contro un incrollabile muro d’indifferenza. Non è tollerabile che vite perse in mare, non suscitino reazioni e risposte umanitarie, a livello internazionale. La democrazia, le istituzioni, la politica dovrebbero garantire un’esistenza degna e libera ad ogni essere umano sulla terra. Sono vite umane! Non maledette esistenze di serie “B”.
- 18 Aprile 2015, la più grande strage del Mediterraneo, nel Canale di Sicilia. Il barcone si rovescia su un fianco. Le vittime sono tra le 700 e le 1000. Solo 28 i superstiti.
- 3 Ottobre 2013, il fuoco divampa sul ponte del barcone, dove centinaia di migranti sono ammassati, vicinissimi a Lampedusa. 368 morti. 155 salvati.
- 18 aprile 2016, naufraga un barcone con circa 500 migranti a bordo, quasi tutti dispersi nel Mediterraneo, partito dalla Libia e diretto verso l’Italia.
- 23 marzo 2017, almeno 240 morti in un doppio naufragio, sulla rotta tra Africa e Spagna.
-1 settembre 2018, più di 100 morti, tra cui 20 bambini, nel naufragio di due gommoni partiti dalle coste libiche.
-12 novembre 2020, almeno 74 migranti annegano nello stesso tratto di mare al largo delle coste libiche. L’imbarcazione trasportava oltre 120 persone, tra cui donne e bambini.
- 23 aprile 2021, due mesi fa, 130 migranti morti, nel Canale di Sicilia per un’altra strage annunciata, dove tutte le autorità europee sapevano..
- 3 luglio 2021, ieri, 43 annegati in rotta dalla Libia verso l’Italia, 84 persone salvate.
Nell’elenco sopra riportato, solo i grandi numeri delle tragedie dei migranti. Quelle che hanno fatto scalpore, quelle che avrebbero dovuto lasciare un segno, gettare le basi di un reale intervento dei paesi europei, per combattere, innanzi tutto la tratta di esseri umani e comprendere la necessità di agire con maggiore responsabilità e condivisione. Ma sono migliaia le tragedie che si consumano nelle acque del Mediterraneo. Nessuno conosce il numero di corpi senza vita sepolti nei fondali. Tanti affondamenti avvengono nel buio più assoluto. Trascinando e tumulando nel fondo della sabbia, vite umane. Perché di questo si tratta. Sebbene per noi, numeri senza volto e senza nome; che a volte il mare consegna, chissà, forse, in un suo personale gesto di pietà e di giustizia, alle spiagge o alle reti dei pescatori.
Come Aylan, il bambino siriano di tre anni che è arrivato morto dopo un naufragio, sulla spiaggia turca di Bodrum. Un’immagine che ha fatto il giro del mondo, che ci ha strappato il cuore, perché sembrava un bimbo che dormiva, perché poteva essere nostro figlio. Come il corpo del “ bambino senza nome”, accolto tra le braccia da un volontario della Sea Watch, mentre galleggiava come una bambola tra le acque. Loro, i migranti invisibili, scompaiono come niente. Durante il viaggio, soffocati in una stiva, intrappolati in un rottame che affonda. Senza contare gli altri, quelli che al mare non arrivano proprio, morti sulla rotta desertica dell’immigrazione. E oggi, siamo qui a ripetere le stesse parole, gli stessi discorsi, ascoltati più volte dopo ogni strage. Mentre loro continuano a morire silenziosamente, cercando di attraversare il mare. Cercando con tutte le forze di arrivare a toccare terra. Una terra che possa liberarli dalle atrocità vissute nei loro paesi, che possa garantirgli un minimo di dignità, una minima speranza. Papa Francesco interviene dopo l’ultimo disastro annunciato, invocando una preghiera, per chi continua a morire, ma anche per chi continua a voltarsi dall’altra parte. Lo definisce “il momento della vergogna!”. Una vergogna non solo della politica, ma anche nostra. Per ogni situazione cui ci volgiamo dall’altra parte, fingendo di non vedere e di non sapere. Per ogni volta che neghiamo la minima attenzione o emarginiamo, chiunque, riteniamo diverso da noi.
E nel frattempo, il Mediterraneo si gonfia delle lacrime di pianto e trascina nel vento il lamento, di quelle tante persone, che non raggiungono e non raggiungeranno mai, l’agognata speranza, di una vita migliore.