(Le teorie del prof. Robert Lanza – uno dei più grandi scienziati al mondo secondo il New York Times)
Non è mai stato facile per nessuno familiarizzare con un’entità così in contrasto con la vita, ossia la morte, e non è neppure semplice farci una ragione del fatto che la prima è parte della seconda.. In questo dualismo c’è una forte opposizione, resistenza insita in ogni essere vivente.
E’ in definitiva un tabù, lo è sempre stato, e non ci sono elementi concreti per rendere questo confine più accettabile.
Vita e morte rivelano delle opposizioni connaturate più nei nostri istinti che nella ragione, sono alternanze, come la luce e le tenebre, in qualche modo associate a Ying e Yang, rappresentano l’ordine universale, sono Entità cosmogoniche che regolano i ritmi stessi del vivere, dell’essere. Dovremmo prenderne atto, acquisirne il concetto come fosse un dogma della natura stessa che stabilisce i regolamenti della vita, e invece..
La morte dovrebbe rappresentare continuità e rinnovamento, una sorta di staffetta per garantire il ricambio generazionale, è certamente un mezzo escogitato paradossalmente dalla vita stessa per l’avvicendamento e il progresso e l’evoluzione, sono ragioni che finiscono nel mistero, ma non abbiamo scelta: le dobbiamo accettare.
Invece l’idea di abbandonare la nostra coriacea scorza di materia ci intimorisce, è una timore primordiale, il pensiero del non essere, soprattutto dopo avere superato ‘il mezzo del cammin di nostra vita’, ci rende più consapevoli di quel prospetto inquietante che ci avvicina all’enigma. La vita ha a sua volta le sue ambivalenze, i suoi controsensi, si presenta forte e ostinata nel suo persistere e divenire, e allo stesso tempo è quanto di più fragile e vulnerabile esista in natura.
E tutto questo perché è nell’ordine di quelle verità universali che non si possono inquisire fino in fondo. Resta il mistero di quello che ci aspetto al di là della sponda, nonostante le speranze che ci sono state trasmesse dal credo religioso, quando ne avessimo uno.. La morte resta tenebra, traguardo oscuro della quale si ha rispetto e paura. L’istinto è scritto nei nostri geni, non possiamo esorcizzarne il ruolo.
La Filosofia ha trattato i molteplici aspetti concernenti la fine della vita, dimostrando i limiti di questa materia nient’affatto duttile da analizzare, e il mistero, nonostante le tante chiavi d’interpretazione, resta più rude che mai. Gli studi sull’argomento sono stati portati avanti fin dall’epoca classica, oggi questi studi sono definiti con il termine ‘Tanatologia’, e non si cessa di scandagliarne il senso, i risvolti sul piano umano e scientifico.
Recentemente è proprio la Scienza che ha cercato di dare una risposta attraverso la Fisica Quantistica, ossia quel ramo della Fisica che studia le particelle secondo il rigore degli atomi. In particolare una speranza del tutto inedita viene dal prof. Robert Lanza – ricercatore e docente presso la Wake Forest University School of Medicine. Secondo il prof. Lanza, esperto di Medicina rigenerativa, tutto ciò che ci hanno insegnato sulla morte in quanto evento inesorabile ed ineluttabile, non è corretto, è anzi anti-scientifico.
La vita non finirebbe dopo la morte, sarebbe pertanto, non più solo un cardine del proprio credo religioso, ma un principio scientifico. Il prof. Lanza non è in ogni caso un ciarlatano della scienza, secondo il New York Times è uno dei più grandi scienziati al mondo, conosciuto tra l’altro per gli studi che ha condotto sulle cellule staminali.
Egli spiega tutto questo nella ‘Teoria sul Biocentrismo’, e sostiene che la morte non è quello che pensiamo sia, perché altro non sarebbe che un’illusione creata dalla coscienza di ciascuno di noi..
Arduo da comprendere.. La sua teoria colloca la vita come punto fondamentale di un tutto, sarebbe anzi la vita stessa a rendere possibile l’esistenza del Cosmo.. Concezioni alle quali non siamo per nulla avvezzi, ma non si può certo negare che siano affascinanti, accattivanti, se poi a sostenere queste tesi è uno scienziato accreditato a livello internazionale, ci sembra addirittura che possiamo perfino sognare.
Egli ci spiega che la filosofia realista, che ci è pervenuta dalle deduzioni del mondo classico greco, ha sempre sostenuto che la realtà comprende e circoscrive tutto ciò che esiste indipendentemente da qualsiasi influenza degli esseri viventi. Gli studi del prof. Lanza hanno invece ‘dimostrato’ che la realtà è una variabile che può essere condizionata dall’osservatore. E tutto questo con tanto di esperimenti basati sulla quantistica, appunto.
In sintesi, la realtà sensoriale sarebbe diversa da quella reale, e ogni osservatore potrebbe percepirla in modo diverso. Prima dello scienziato ci aveva provato Descartes a formulare questo postulato, era una concezione che non si avvaleva degli esperimenti di cui oggi la scienza dispone, ma il principio filosofico, in questo caso, si avvicina parecchio.
Secondo il prof. Lanza sarebbe la coscienza individuale a fare la differenza nella percezione della realtà, in cui sono coinvolti i centri cognitivi cerebrali, ed è la coscienza a suggerire che quando un corpo cessa di vivere non esiste più neppure coscienza, tutto rimane nella sfera del non essere, del non ‘sussistere’.
Egli sostiene che la coscienza è un concetto che dopo la morte va al di la del principio spazio-tempo, se la materia si dissolve, non è detto che la coscienza dell’individuo scompaia come nulla fosse stato.
L’esperimento ‘della doppia fenditura’, dimostrerebbe, secondo la sua teoria, che la realtà è fortemente influenzata da chi osserva, le particelle rivelerebbero comportamenti diversi, se non vi fosse l’attenzione e la coscienza di qualcuno che ne osserva i processi. Basta tutto questo, per quanto serio e motivato, a spiegare il proseguimento della vita oltre ogni assioma temporale, attraverso la sopravvivenza della coscienza?
Aspettiamo ulteriori sviluppi, quando la ricerca è frutto di rigore scientifico, e non di esaltazione, è prudente non azzardare conclusioni.
Lo scienziato afferma che quando un essere umano cessa di esistere è simile ad “fiore perenne che torna a fiorire nel multiverso“. E prosegue: “La vita è un’avventura che trascende il nostro modo ordinario di pensare linearmente. Quando moriamo, lo facciamo non nella casualità della tavola da biliardo, ma nella inevitabilità della vita“.
Egli ha all’attivo più di 30 pubblicazioni, queste teorie sono spiegate nell’opera “Biocentrism: How Life and Consciousness are the Keys to Understanding the True Nature of the Universe."
Il rispetto verso la Scienza che percorre e s’inoltra su sentieri insidiosi e anche scientificamente quasi impercorribili, è d’obbligo, penso siano anzi da incoraggiare e approfondire, cosa che lo scienziato americano pensiamo continuerà a fare attraverso i suoi studi.