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di  Massimo Reina 

Ci siamo. I signori della guerra in giacca e cravatta hanno finalmente detto la verità. Dopo anni di ipocrisie travestite da "difesa della democrazia", oggi ci spiegano candidamente che per far tornare i conti serve una guerra lunga almeno dieci anni. Non è un sospetto malizioso, è un piano industriale ben documentato. La tedesca Rheinmetall passerà da 100mila proiettili all’anno a 1,1 milioni entro il 2027, un incremento di ben 11 volte. La svedese Saab, non volendo essere da meno, ha raddoppiato la sua produzione di munizioni a 200.000 unità e raddoppierà nuovamente a breve, portandola a 400.000.

Tutto questo ha un nome: capitalismo bellico. Non bastava vendere armi a destra e a manca, ora si sogna un conflitto permanente per garantire “investimenti a lungo termine”. Che significa? Che le fabbriche di munizioni e missili non si fermano mai, perché il bilancio del conflitto dev’essere sempre positivo, come una qualsiasi azienda che vuole assicurarsi profitti costanti. Lo dice senza vergogna Bernd Reichart, CEO di A22: "Se vogliamo raccogliere capitale e fare grandi investimenti, abbiamo bisogno di una prospettiva di dieci anni". Dieci anni di bombe, morti, distruzione. A chi conviene? Non certo ai popoli che la guerra la subiscono sulla propria pelle. Ma le multinazionali della morte non hanno problemi di coscienza: la loro missione è chiara, e il tempo non manca, specie se riesci a dilatare artificialmente il conflitto.

Oltre 20 Paesi hanno già firmato accordi decennali con l'Ucraina. Le scorte di armi occidentali, esaurite dalle forniture a Kiev, devono essere ricostituite. E non si fermano qui: i funzionari europei già parlano apertamente della necessità di prepararsi alla guerra con la Russia entro il 2029-2030. Un conflitto su scala globale che, come sempre, non farà altro che arricchire gli stessi che la guerra la pianificano.

Non ci si ferma mai a pensare ai costi umani. Perché dovremmo? Non sono forse quei bei proiettili da 155 mm che contano? I numeri fanno impressione, ma non come quelli delle vite perse. Le guerre, si sa, sono sempre comode per chi le organizza: siedono in uffici climatizzati a pianificare il prossimo grande affare mentre milioni di persone pagano il prezzo.

Ed è davvero ingenuo, se non criminale, credere che la guerra contro la Russia sarà comoda e gestibile, fatta di piccole operazioni militari. Si rischia qualcosa di molto più grande, eppure nessuno sembra preoccuparsene. Ci si concentra solo sugli “investimenti a lungo termine”, come se il conflitto fosse una partita di borsa.

Speriamo che i numeri facciano impressione anche ai cittadini, perché è sui loro cadaveri che si calcoleranno i profitti di questo vergognoso capitalismo di guerra.

 

 

 

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Info Autore
Massimo Reina
Author: Massimo Reina
Biografia:
Giornalista, scrittore e Social Media Editor, è stata una delle firme storiche di Multiplayer.it, ma in vent’anni di attività ha anche diretto il settimanale Il Ponte e scritto per diversi siti, quotidiani e periodici di videogiochi, cinema, società, viaggi e politica. Tra questi Microsoft Italia Tecnologia, Game Arena, Spaziogames, PlayStation Magazine, Kijiji, Movieplayer.it, ANSA, Sportitalia, TuttoJuve e Il Fatto Quotidiano. Adesso che ha la barba più bianca, ascolta e racconta storie, qualche volta lo fa con le parole, altre volte con i video. Collabora con il quotidiano siriano Syria News e il sito BianconeraNews, scrive per alcune testate indipendenti come La Voce agli italiani, e fa parte, tra le altre cose, dell'International Federation of Journalist e di Giornalisti Senza Frontiere. Con quest’ultimo editor internazionale è spesso impegnato in scenari di guerra come inviato, ed ha curato negli ultimi 10 anni una serie di reportage sui conflitti in corso in Siria, Libia, Libano, Iraq e Gaza.
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