Quello dell’inquinamento dovuto alla plastica - e ai suoi derivati – è uno dei problemi più scottanti e attuali che il mondo sta affrontando.
Soprattutto negli ultimi anni, poi, abbiamo assistito a un peggioramento della situazione, mostrato da immagini orribili, con animali e creature marine in sofferenza a causa del fatto che molti rifiuti plastici (bottiglie, buste, tappi, cannucce, ecc.) finiscono in mare, dove pesci e altri animali acquatici, scambiandoli spesso per cibo, li mangiano, con evidenti problemi per la loro salute.
Nel mare ci sono creature bellissime, piante che danzano al ritmo della corrente, pesci di ogni forma e colore, coralli lucenti ed enormi conchiglie, ma da quando la plastica ha fatto la sua comparsa nel mondo, a opera dell’uomo, questo genere di rifiuti sono finiti in mare, dove a causa della loro grande resistenza non si decompongono e mettono a rischio gli ecosistemi marini e oceanici.
Come detto è proprio l’inquinamento da plastica a essere diventato un problema globale, che si sta facendo più grave di anno in anno e, se non si interviene per tempo, ci sarà il rischio di non poter più tornare indietro.
Ho deciso di affrontare questa problematica con chi se ne occupa e ne conosce ogni aspetto, Laura Cuomo, Presidente dell’Associazione “La Grande Onda – Osservatorio Civico per la salute del mare e dell’ambiente”.
Gentilissima Presidente Cuomo, per prima cosa grazie per avermi dedicato il suo tempo. Per iniziare le voglio chiedere: a che punto è la situazione? In che condizioni vertono i nostri mari – e più in generale gli oceani del mondo – in relazione al problema della plastica?
R - Grazie a lei per aver pensato a me e all'Associazione La Grande Onda quali interlocutori per le sue domande, a cui proverò a dare risposta.
La plastica è un materiale che per tutta una serie di ragioni di praticità, di comodità e di versatilità è entrato prepotentemente a far parte del nostro quotidiano: oggi si producono 396 milioni di tonnellate di plastica all’anno, ben 53 kg per ogni abitante del Pianeta. Di queste immani quantità, solo una ridotta percentuale viene riciclata o incenerita coerentemente: moltissima parte di essa purtroppo termina le sue funzionalità divenendo rifiuto, disperso in terra, nei fiumi, nei mari. La plastica - ahimè - è anche il prodotto sintetico a più "lunga conservazione" poiché si degrada completamente impiegando centinaia di anni.
L’inquinamento da plastica rappresenta quindi una delle emergenze ambientali più gravi dell’epoca moderna: nella fattispecie l’inquinamento delle acque del nostro pianeta è a uno stadio così avanzato che, entro il 2050, si stima che il 99% degli uccelli marini avrà ingerito della plastica. E che in mare ci sarà più plastica che pesci.
Può darci qualche numero che ci aiuti a comprendere meglio il fenomeno dell’inquinamento dei mari legato alla plastica? Ad esempio, quante tonnellate si riversano ogni anno in mare, quante creature marine sono messe in pericolo, ecc.
R - L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha definito l’inquinamento da plastica come il più pericoloso in assoluto: i suoi effetti sono in grado di causare danni irreversibili al pianeta e ai suoi delicati ecosistemi, minando - d conseguenza - anche alla salute dell’uomo.
Oltre 150 milioni di tonnellate di plastica si trovano già disperse negli oceani e il numero cresce vertiginosamente di 10 milioni l’anno. È come come se un camion pieno di spazzatura venisse svuotato in mare ogni minuto, causando l’80% dell’inquinamento marino.
È talmente tanta la plastica galleggiante al largo di tutti e cinque i continenti che, per una serie di ragioni fisiche, in alcuni luoghi si sono formate vere e proprie "isole di plastica", immense e nocive per l'ecosistema marino. Le garbage patch sono oggi il simbolo drammatico dell'inquinamento da rifiuti di plastica in mare e stanno conquistando gli oceani seguendo le correnti naturali.
La plastica come si è detto è immortale, e si decompone in particelle sempre più piccole e più semplici da ingerire (le microplastiche) che entrano nella catena alimentare. Sui fondali marini del Mare Nostrum sono stati rilevati i livelli di microplastiche più elevati mai registrati: fino a 1,9 milioni di frammenti su una superficie di un solo metro quadrato!
La situazione del Mediterraneo, che è un mare semichiuso, per densità di accumuli di plastiche e microplastiche è peggiore di quella degli oceani: con la sua elevata biodiversità è tra gli ecosistemi più minacciati al mondo: sono ben 134 sono le specie tra pesci, uccelli, tartarughe e mammiferi marini che nel Mediterraneo sono vittime dell’ingestione di plastica. Gli effetti di un tale accumulo di plastica nell’apparato digerente sono quasi sempre mortali.
Dalle isole di plastica, ai pesci, agli esseri umani il salto è breve: le microplastiche ormai sono presenti nella catena alimentare, quindi nei prodotti che quotidianamente ingeriamo e consumiamo: è stato rilevato che oltre il 10% dei pesci contiene plastica nello stomaco.
È notizia di questi giorni che un recente studio condotto da ricercatori dell’Ospedale Fatebenefratelli di Roma e dell’Università Politecnica delle Marche ha accertato per la prima volta la presenza di microplastiche all’interno di un’area cruciale del corpo umano per sostenere lo sviluppo del feto: la placenta.
Tutto questo è terribile.
Lei è presidente dell’Associazione “La Grande Onda”. Quali sono le attività che il suo ente sta portando avanti per contrastare il fenomeno dell’inquinamento dei mari dovuto alla plastica e agli altri rifiuti prodotti dall’uomo? Si tratta di iniziative aperte a tutti?
R - Ogni giorno, dal nostro gruppo Facebook che raggiunge ormai oltre tredicimila persone, partono input di sensibilizzazione alla tutela dell’ambiente. Negli anni abbiamo lanciato campagne di informazione, abbiamo aderito alle giornate nazionali ed internazionali dedicate al mare e agli oceani, proponendo eventi e manifestazioni con lo scopo di rendere partecipi le persone alle tante problematiche ambientali dei giorni nostri, compresa quello della plastica, come ad esempio la campagna di sensibilizzazione contro l'uso della plastica usa e getta, rivolta agli esercenti commerciali.
La nostra attività più recente attenziona un oggetto apparentemente innocuo che da qualche tempo è sempre più presente nel nostro quotidiano: i palloncini. Sì, proprio i tanto amati palloncini gonfiati ad elio, che accompagnano le manifestazioni pubbliche e le celebrazioni di ogni tipo. Ebbene, i palloncini dopo aver colorato i cieli, ritornano sulla terra o nel mare sotto forma di plastica inquinante e quel che è peggio è che i frammenti di questi, vengono scambiati per cibo da alcuni animali, cetacei, tartarughe ed uccelli marini, causandone il soffocamento.
In quanto associazione, oltre a rivolgerci ai singoli, abbiamo trasmesso una richiesta agli amministratori comunali di quasi tutta la provincia di Napoli, chiedendo di evitare manifestazioni pubbliche che prevedano lanci di palloncini.
Proprio in questi giorni, infine, stiamo lavorando ad un nuovo progetto, un "invito" accattivante a evitare di disperdere la plastica nell'ambiente, anzi a raccoglierla, soprattutto dal mare e dalle spiagge.
Un progetto che - è proprio il caso di dire - speriamo "vada in porto"!
Approfondendo la domanda precedente, esistono dei progetti e delle iniziative che si stanno portando avanti a livello globale per contrastare questo terribile fenomeno? L’opinione pubblica si è resa conto di quanto sia grave il problema o c’è ancora qualche “sacca di resistenza” che tende a ignorare uno dei peggiori drammi ecologici cui abbiamo mai assistito (e la responsabilità è solo dell’uomo)?
R - Per la tutela della salute del mare è appena iniziato un decennio importante: le Nazioni Unite hanno dichiarato il periodo che va dal 2021 al 2030 la Decade of Ocean Science for Sustainable Development, il “Decennio delle Scienze del Mare. Presentando il "Manifesto del Decennio del Mare", la ricercatrice Francesca Santoro, specialista di programma dell' Intergovernmental Oceanographic Commission Unesco, che abbiamo il piacere di annoverare quale Socia Onoraria de La Grande Onda, tra le priorità in agenda per cambiare rotta al trend di declino della salute del mare, assieme ai cambiamenti climatici, allo scioglimento dei ghiacciai, all'erosione costiera e alla pesca intensiva, ha inserito anche la necessità di trovare soluzioni alla tragedia dell’inquinamento da plastica.
Una speranza viene anche da un ambizioso progetto presentato nello scorso dicembre ad Ancona. Green Plasma è il nuovo dispositivo che promette di produrre energia elettrica pulita dai rifiuti di plastica recuperati in mare. Progettato e realizzato da IRIS dell’Università di Torino in collaborazione col Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente (DiSVA) dell’Università Politecnica delle Marche, Green Plasma si basa sull’utilizzo della tecnologia di conversione termochimica che, grazie alle alte temperature raggiunte, consente di trasformare in gas qualsiasi composto organico, separandolo dalla matrice inorganica.
In altre parole, dopo aver prelevato i rifiuti dal mare, esso è in grado di trasformarlo in un gas e in particolare in un syngas molto ricco di idrogeno facilmente convertibile in energia elettrica. Insomma con una semplice azione si riuscirebbe ad ottenere due ottimi risultati: ripulire il mare dai rifiuti e produrre energia elettrica pulita.
Lei mi chiede se l'opinione pubblica si sia resa conto di quanto sia grave il problema plastica o se vi sia ancora qualche sacca di resistenza. Per rispondere non citerò le isole di plastica dell'oceano, ma quello che accade pochi km da casa nostra, lungo i canali del fiume Sarno. Ebbene qui periodicamente si formano dei veri e propri "tappi" di rifiuti, accumuli impressionanti di materiali plastici che rischiano di finire a mare. Un problema gravissimo, un rischio ambientale macroscopico che ci fa comprendere quanto ancora l'irresponsabilità dell'essere umano e le assenze istituzionali possano mettere a serio rischio il nostro fragilissimo territorio.
Il Sarno con i suoi inquinanti a tutt'oggi rappresenta una sfida alla resilienza del mare del tutto inaccettabile.
Un’ultima domanda: che consigli darebbe alle persone comuni? Come può ognuno di noi fare la sua parte per impedire il peggioramento di questa situazione e, perché no, tornare indietro e contribuire a migliorarla?
R - Io spero nelle importantissime opportunità appena citate che vengono dal mondo della scienza e della ricerca, ma credo anche che un cambiamento significativo debba venire dalle scelte quotidiane di ciascuno di noi. Siamo chiamati ad assumere giorno dopo giorno comportamenti "etici" verso l'ambiente. In quanto genitori, educatori, insegnanti, semplici cittadini siamo inoltre tutti chiamati a formare una futura generazione di persone consapevoli della centralità del mare. E più in generale dell'ambiente.
Mi piace però anche ricordare la campagna lanciata dall'ex Ministro Sergio Costa Io sono ambiente: ciascuno di noi "è ambiente" e ciascuno di noi può fare qualcosa per difenderlo, iniziando ad esempio a non utilizzare piatti di plastica, posate di plastica, bicchieri di plastica, ovvero la plastica usa e getta.
Porto un solo esempio tra i tantissimi che potrei citare: una cannuccia la teniamo tra le labbra il tempo di un drink. Ebbene, la natura impiegherà fino a duecento anni per smaltirla. Dobbiamo necessariamente decidere di rinunciare consapevolmente ai danni della plastica usa e getta. E dobbiamo farlo subito.
Affinché la situazione migliori, ciascuno di noi deve impegnarsi a cambiare le proprie abitudini, magari ricordando e applicando la regola delle 3 erre. Questa regola si riferisce a tre comportamenti essenziali, è un sintetico vademecum che ci aiuta a ridurre l’impatto ambientale della nostra vita nel rispetto della natura. Le “3 erre” stanno per Ridurre, Riutilizzare, Riciclare.
Io potrei aggiungere anche la quarta erre: Raccogliere.
Ognuno di noi dovrebbe impegnarsi in un piccolo esercizio quotidiano: raccogliere qualche pezzo di plastica dall'ambiente, mare compreso, smaltendolo correttamente: 60 milioni di italiani, equivalgono a 60 milioni di pezzi di plastica in meno!
Laura Cuomo