di Massimo Reina
C’è una nuova frontiera del kitsch tecnologico che nemmeno il peggior brainstorming di Silicon Valley avrebbe partorito: la "resurrezione" di Gesù tramite intelligenza artificiale. Non è uno scherzo, anche se l’assurdità della vicenda potrebbe trarre in inganno. No, è tutto vero.
In Svizzera – proprio la patria della neutralità – qualcuno ha deciso che trasformare il Cristo in un simulacro digitale fosse un’idea geniale. E, mentre il mondo reale arranca tra guerre, crisi economiche e pandemie, qualcuno gioca con l’idea più sacra per milioni di persone, per tirare su qualche clic e, ovviamente, una pioggia di franchi.
Un Cristo nato dall’intelligenza artificiale
A Lucerna, nella Cappella di San Pietro, fra l'altro la più antica chiesa cattolica della città svizzera, a confessare i credenti non è più il prete ma direttamente Gesù, resuscitato come avatar “grazie” all’utilizzo dell'intelligenza artificiale. L'uso dell'IA per creare una rappresentazione artificiale di una figura religiosa centrale come il Cristo, rappresenta un inquietante esempio di come la tecnologia possa essere impiegata in modo superficiale e irrispettoso nei confronti di temi sacri.
La fede, per milioni di persone, è una dimensione intima e profonda, non un terreno per esperimenti commerciali o spettacolarizzazioni digitali.
Quindi, non solo banalizza la spiritualità, ma rischia anche di offendere profondamente i credenti. La tecnologia dovrebbe servire a migliorare la vita umana, non a mercificare ciò che per molti è sacro. È il perfetto esempio di come essa, quando finisce nelle mani sbagliate, non sia altro che uno specchietto per le allodole: zero etica, zero rispetto, zero idee.
Cosa importa se Gesù, per i credenti, rappresenta la fede, la speranza, la redenzione? Per loro, è un brand, una piattaforma da sfruttare, poco importa se il prodotto finito risulta offensivo, vuoto e perfino grottesco.
Ma la questione non si ferma all’indignazione dei credenti. Qui parliamo di un insulto più ampio, che coinvolge la nostra capacità di discernere tra progresso e deriva morale. L’intelligenza artificiale è un mezzo straordinario, ma in questa operazione dimostra di essere ridotta a giocattolo per menti annoiate e avidi d’incassi. Non a caso, la banalizzazione delle icone religiose – peraltro in modo piuttosto dilettantesco – viene giustificata con la scusa del "dialogo tra fede e tecnologia". Come se bastasse una narrativa pseudo-modernista per togliere il cattivo gusto da un’operazione commerciale.
Assoluzioni un tot al chilo (o al minuto)
E poi c’è il capitolo delle "assoluzioni". Perché è chiaro che, nell’epoca dell’iperconnessione, tutto può essere trasformato in intrattenimento. E Gesù, l’uomo che ha scacciato i mercanti dal tempio, ora viene usato come testimonial per il più blasfemo dei mercati, come avviene ad esempio negli USA, dove c’è perfino il parroco che ti assolve via telefono (con chiamate a un tot di dollari da pagare al minuto, come nelle vecchie hot line). "Ma è solo un esperimento", dicono i suoi fautori. Certo, come le televendite di pentole miracolose sono un esperimento culinario. Un Cristo digitale che risorge a comando non è solo un insulto per chi crede; è la dimostrazione plastica di una società che non riesce più a distinguere tra sacro e profano, tra ciò che eleva e ciò che degrada.
Forse la prossima volta i geni del marketing svizzero resusciteranno Gandhi per vendere un corso di yoga in abbonamento o Madre Teresa per sponsorizzare un programma di "carità a rate". Finché il business gira, chi se ne importa? Tanto ci sarà sempre qualcuno pronto a scusarsi e scrollare le spalle: “È solo tecnologia, bellezza”.
Peccato che, dietro questa maschera di innovazione, si nasconda un vuoto assoluto. E che, come sempre, a pagare il prezzo siano la sensibilità e la dignità di chi crede ancora che certe cose non si possano comprare o ricreare. Anche perché, per citare un certo Gesù in carne e ossa: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno".