di Gabriella Paci
Già nel 1760 un noto letterato e linguista per eccellenza, Giuseppe Baretti, scriveva nella rivista “La frusta letteraria” che era bene lasciare un po’ da parte i francesismi che imperavano in Italia per far spazio alla lingua inglese e, a riprova del suo interesse per quest’ultima, aveva prodotto perfino un dizionario bilingue.
La rivoluzione industriale poi che era partita proprio dall’Inghilterra, non fece altro che incrementare l’utilizzo di termini inglesi e diffondere dunque gli “anglicismi”: il fattore economico-commerciale diventa dunque la spinta ad implementare la lingua italiana, spesso sostituendo parole già esistenti con quelle d’oltralpe.
L’aumento della produzione e della circolazione delle merci e dei mezzi di locomozione introdussero parole quali ad esempio: cargo, ferry-boat, business, export, trade-mark , marketing, stock….
Ma dobbiamo senz’altro al 900 ed in particolare a dopo la II guerra mondiale il diffondersi a tappeto, a livello di società medio-borghese e imprenditoriale, l’ampliarsi degli anglicismi con parole quali: boom, manger, top class, hight society, bus, bar, clacson….
Oggi siamo tutti soggetti, chi più chi meno, a seconda il suo ruolo lavorativo e sociale, all’utilizzo degli anglicismi, imposti dall’omologazione tecnologia e informatica.
Chi infatti non usa termini quali: personal computer o pc, tablet, mouse, deck-stop, layout, web, internet, email …ma anche quelli legati al cibo come “fast food, hamburger, yogurt, chips, creme caramel, cheese cake, hot dog, chewing gum… o ad oggetti: water close, shorts, overcoat, golf, t-shirt, leggins, trench, bag, eye liner….
Siamo oramai entrati nella dimensione dell’uso di molteplici parole attinte dalla lingua inglese perciò se andiamo a fare un aperitivo-cena diremo magari un “Happy hour” o un pranzetto a tarda mattinata sarà un "brunch", per non parlare di walking se andremo a fare una camminata o di running se andremo a correre o di shopping se andremo a fare acquisti, avendo fatto il planning ovvero l’organizzazione della giornata con i friends (amici) dopo lo smart working (lavoro intelligente a domicilio).
Magari dopo aver lasciato i piccoli con la baby sitter o il cane con il dog-sitter ….
Anche per quanto riguarda la sanità parliamo di check-up per fare analisi generali del nostro stato di salute o di green–pass o lasciapassare per dimostrare che siamo vaccinati contro il covid 19…
Tutto questo, se arricchisce il nostro patrimonio linguistico e ci mette in relazione con il mondo, va benissimo, ma il timore è che la nostra bella e variegata lingua italiana che vanta un quantità di vocaboli che si aggira sui 220 mila (ma il calcolo è approssimativo) possa veder ridotto ulteriormente l’uso che se ne fa che già appare notevolissimamente in calo nei giovani, complice anche la comunicazione abbreviata sugli smartphone o cellulari.
Quella dell’uso della lingua inglese sembra infatti diventata una vera mania, anche per chi non è impegnato in attività lavorative che, per ovvii motivi, lo inducono alla conoscenza e utilizzo di termini "d’importazione".
Sempre più spesso, infatti, capita di sentire parlare anche persone del mondo della politica o dello spettacolo, in modo improprio, stravolgendo termini, usando un linguaggio povero o non sapendo usare le coniugazioni dei verbi, mentre, magari, infiocchettano il loro discorso con termini inglesi….