di Gabriella Paci
Alessandro Manzoni stesso non avrebbe mai supposto di diventare una “pietra miliare” della letteratura italiana , di far scuola per la diffusione della lingua italiana dopo la raggiunta unità del 1861 e di essere considerato un promotore del Risorgimento e dunque, della stessa unificazione.
Secondo Mattarella, che ne ha celebrato a Milano il 22 maggio scorso il 150 esimo anniversario, è stato “un padre della patria” nonostante non abbai mai fatto parte attiva di movimenti di patrioti e nonostante non si sia interessato di fare politica , vuoi per indole riservata, vuoi per problemi di salute, anche se accetterà la nomina a senatore del regno nel 1860. Questo perché già si era distinto per la sua opera principale il romanzo “I promessi sposi” anche se era autore apprezzato di Inni sacri, poesie, trattati di storia, tragedie.
Manzoni cercava un’Italia unita, che fosse la sintesi di un grande popolo, fiero della sua cultura della sua lingua e delle sue origini e questo è un messaggio quanto mai attuale.
IL CAPOLAVORO
Del resto, l’amore per la propria terra e la distanza dalla prevaricazione di un popolo su di un altro,(anche se lui parla di spagnoli) permeano tutto il suo romanzo “I promessi sposi” che si fa anche portavoce dei valori civili e cristiani che saranno poi alla base del nuovo stato. L’espressione dopo “la risciacquatura dei panni in Arno” e cioè l’eliminazione delle influenze dialettali milanesi, si fa promotore di quella parlata del ceto colto toscano: agile, duttile, viva. La lingua toscana, del resto, da Dante e Boccaccio in poi era già un punto di riferimento per la lingua nazionale” (anche se si scriveva in modo retorico e artificioso) e proprio per questo il libro fu adottato in tutte le scuole del regno.
UN FINE UTILE ATTRAVERSO IL VERO CHE DEVE ESSERE INTERESSANTE
Un libro che doveva -e lo fu-utile, vero, interessante. Utile ,secondo i principi illuministici, a educare politicamente, moralmente e civilmente. Vero o almeno con una storia tale da sembrare, evitando artifici e contenuti inverosimili in cui i lettori non si possano specchiare ed interessante perché gli argomenti, vicini ai fatti realmente accaduti ,interessino ampi gruppi di lettori e non elite colte ma ristrette. Interessante per la storia personale dei protagonisti che si intreccia con quella di personaggi verosimili o realmente esistiti. Una storia in cui trionfa la Divina Provvidenza ma con il superamento della visione idilliaca della vita che bisogna imparare ad affrontare a denti stretti, con la consapevolezza del male presente nella storia umana pur non perdendo mai la speranza di una mano Divina. I due protagonisti Renzo e Lucia, attraverso le loro vicissitudini che si attualizzano nella storia di sempre, dove la prepotenza dei forti opprime i deboli, si formano e diventano personaggi che acquisiscono una matura consapevolezza del loro stato anche se Manzoni non è un rivoluzionario e vuole che ognuno si evolva rimanendo sempre tuttavia nell’ambito che gli è proprio, senza creare capovolgimenti sociali.
Il lieto fine era d’obbligo non solo perché una bella storia d’amore deve avere successo ma anche perché educativo: lottare e credere in un obiettivo è un atteggiamento che tutti dovrebbero avere ma se… il lieto fine non c’è? Manzoni ci rasserena perché ci dice che ci sarà nell’aldilà una ricompensa tale da non farci disperare se qui sulla terra non abbiamo fortuna e a tale scopo è emblematica la poesia “Il cinque maggio” dove Napoleone muore sì nella desolazione e nell’abbandono terreno ma con la prospettiva di una gioia e una pace celeste senza limiti.