di Sergio Melchiorre
Vincenzo Capodiferro è nato a Lagonegro, in Lucania, nel 1973, è vissuto a Castelsaraceno. Ha frequentato il Seminario di Potenza - Liceo Classico - e poi si è laureato a Roma, presso “La Sapienza”, in Filosofia nel 1999.
Fin da ragazzo appassionato di poesia, letteratura e filosofia, ha collaborato con vari periodici. Molte sue poesie sono inserite sul sito Visita la Lucania, sezione Artisti. Attualmente vive a Varese. Tra le ultime opere si segnalano: Tractatus Psycho-phaenomenologicus (GDS, Vaprio d’Adda 2018); Noetica (Cavinato, Brescia 2019); Conchita (Segno, Tavagnacco 2019); Natural-mente (Éditions Croix du Salut 2019); Grande Lettera di Ilarione ai suoi figli (Éditions Croix du Salut 2019); Tali padri tali figli (GDS, Vaprio d’Adda 2020); Il dolore di Gesù (Segno, Tavagnacco 2020); Il libro del profeta perduto (GDS, Vaprio d’Adda 2021); Il mistero dell’Eden (Monetti, Battipaglia 2021); Il castello infelice (Il mio libro 2021); insieme a Ercole Lauletta, Vincere l’afasia (Cavinato, Brescia 2021); insieme ad Alberto Bertoni, Come a Spoon River (Macchione, Varese 2021); Renato Masini. Il dottorino (Scriptores, Varese 2022). Alcune fiabe e saggi - come Il chicco d’oro - sono inseriti nel Museo italiano dell’immaginario folklorico. È inserito nell’antologia de’ L’aviatore delle fiabe (2019); nell’antologia La Regina Matilde ed altre storie (Tomolo, Corlo di Formigine 2020); nei volumi di Historica, Racconti dalla natura, 2022.
La “Fenomenologia dell’anima” è un testo unico nel suo genere. Tenta di coniugare la fenomenologia husserliana con la psicologia razionale, pur non trascurando marcati riferimenti alla psicologia moderna, in particolare all’approccio freudiano, sebbene in chiave critica. Il testo si divide in quattro parti, dedicate ognuno all’anima materiale, all’anima psichica, all’anima pratica ed all’anima spirituale. L’impianto è squisitamente filosofico, ma non mancano tagli metafisici di recupero dell’antica psicologia, la “scientia sui”, che faceva capo alla ricerca interiore, inaugurata da Socrate e proseguita nel Redi agostiniano. In questo contesto si inserisce anche una dissertazione sull’immortalità dell’anima, la quale riparte dalle prove platoniche e prosegue attraverso il Cogito cartesiano fino alle ultime effusioni moderne. Un forte richiamo naturalmente va al romanzo filosofico hegeliano de La Fenomenologia dello Spirito. Il Tractatus Psycho-phaenomenologicus in realtà fa parte di una grande trilogia, di cui il primo tassello è già uscito alle stampe nel 2015 per l’editore Bibliotheka di Roma, dal titolo Noetica. Ricerca sull’infinita mente. Il secondo tassello all’inizio era nato come la Psichica, cioè la ricerca sulla mente finita o anima razionale, ma poi è stato completato con una trattazione completa sugli “strati” dell’anima, confluita interamente nel Tractatus. Il terzo tassello, invece, ancora in via di elaborazione, riguarda la Filosofia della Natura ed aveva come titolo iniziale Perifisica, in omaggio alla tradizione presocratica. Ma questa è ancora un’altra storia infinita. Si tratta di tre grandi parti della ricerca filosofica inerenti in ordine alla Filosofia dello Spirito Infinito o Nous, ed al suo oggetto, la Res, o Cosa, alla Filosofia dello Spirito Finito, o Anima ed alle sue diverse stratificazioni, a partire appunto dall’immagine dantesca della “Selva Oscura”, che sta per l’antica Yle, o materia prima, fino a giungere all’immagine teresiana del “Castello Interiore”, che sta per anima razionale. Infine, la Filosofia della Natura riprende le antiche considerazioni dei presocratici per giungere ad una rilettura moderna in chiave creazionistica del problema della Prima Antinomia kantiana del cominciamento cosmico.
ARISCHE RASSE – (romanzo storico fantasy)
Kindle – 12 luglio 2022
Il progetto segreto “Die Arische Rasse” parte da un protocollo del Reich nazista, datato 5 maggio 1941. Viene costituito un comitato di scienziati per la creazione di una nuova razza ariana, che dominerà il mondo. Gli scienziati, guidati dal barone August von Baden-Kraiss, lavorano prima in un super-lager segreto della Foresta Nera, poi si spostano nella Terra del Fuoco, dopo la caduta di Hitler ed infine dopo la caduta di Peron in un’isola sconosciuta del Pacifico, Qutalan. Solo nel 2054 finalmente esce dal laboratorio il prototipo della nuova razza ariana. Androgini e forti gli aryan man si riproducono senza ostacoli e soggiogano il mondo. Intanto il figlio di August, Ulrich, seguito dal Prof. Cattaneo Giuseppe e dal Sacerdote don Gerard Beccaro, aveva sposato un’oceanina, Cila. Suo figlio Jesus, sposerà un’ebrea, Rebecca. La discendenza degli ebrei di Ulrich salverà il mondo. Negli ultimi tempi ci sarà una pestilenza e catastrofi naturali. La terra sarà colpita da asteroidi e vi sarà una nuova era glaciale. Nel quarto millennio, infine, una discendente di Ulrich, Eva, riesce a scoprire una spezia che ha il potere di rendere sterili gli ariani. Così dopo tante peregrinazioni la razza ariana viene sgominata e l’umanità riprende, dopo secoli e secoli di predominio degli aryan man, a rivivere in pace ed armonia.
Lo scorso 6 giugno lo studioso varesino ha pubblicato il suo ultimo libro di filosofia intitolato “La madre del tutto” edito da ed. SCRIPTORES - Varese – 2022.
Data la eterogeneità degli argomenti trattati nel libro, peraltro scritto in modo mirabile, lo studioso varesino ci ha gentilmente concesso la seguente intervista:
D. Professore, lei che insegna al Liceo Artistico “Angelo Frattini” di Varese ci può spiegare, in maniera accessibile, che cosa è la filosofia?
R. La filosofia, come spiega il termine, coniato, secondo la tradizione da Pitagora, è l’amore della sapienza. Cioè filosofia è amore e filosofare è amare. Ciò che si ama infatti si ricorda. Ricordare, nel senso platonico, è riportare al cuore. Di solito insisto sulla prima parte del termine, che è un termine composto, che è philia: condizione essenziale della conoscenza piena. Una conoscenza per essere autentica e completa deve coinvolgere il cuore, se coinvolge solo la mente rimane sempre decurtata, monca. Mente e cuore corrispondono, bene o male, a quelle due grandi istanze della tradizione: fenomeno e noumeno (Kant), volontà e rappresentazione (Schopenhauer), Apollo e Dioniso (Nietzsche), Io ed Es (Freud), esserci ed essere (Heidegger), istinto e intelligenza (Bergson). la filosofia per noi è tutto!
D A quale domanda risponde il suo ultimo libro?
R. La domanda fondamentale cui cerca di dare una risposta questo libro è: - Cosa, o meglio, chi è la Natura per noi? La Natura infatti è una creatura senziente e quindi cogitante, come noi. Se continuiamo a vederla come una “natura morta” non abbiamo capito nulla. Noi siamo parte integrante della Natura, non siamo estranei ad essa. Noi siamo la Natura. Fichte affermava: - L’Io è tutto. Al che rispondeva Schelling: - Tutto è io. Trovandomi ad una riunione degli educatori a Varese mi trovai a dire: - Qui pensiamo solo a cani, gatti e biciclette! Se siamo tanto presi a quasi adorare i nostri amici felini e agli altri animali, perché non dovremmo rispettare la nostra Madre? La risposta è, dunque, un’altra domanda, ancora più profonda.
D. Perché ha scelto questo particolare titolo?
È un titolo omerico, tratto dall’Inno alla Terra: La Terra canterò, l’antichissima Madre del tutto… Gli antichi vivevano in sintonia con la Natura. Questo equilibrio è durato dalle origini della storia alla nascita della Scienza nuova: dal Seicento avanti Cristo, più o meno al Seicento. Il libro infatti ripercorre per questo periodo anche la storia della filosofia della Natura. Uno dei sottotitoli è “Perifisica”: che riprende l’antichissima scienza della Physis dei primi filosofi. La filosofia nasce in seno all’Orfismo, che considerava l’uomo in principio peccatore e incarcerato nella materia, per cui la vita deve essere un cammino di purificazione. Uno dei mezzi di liberazione era non solo l’ascesi, ma la Sophia, cioè la contemplazione della Physis. La physichè antica era la scienza del divenire, il physein, correlata all’ontologia, scienza dell’einai, l’essere. Il titolo allora intende essere un omaggio all’antichità, rispettosa della Madre universale. Omero, infatti, indica un nome collettivo, un patrimonio culturale, come la Bibbia.
D. Quale è la vera sfida per un libro scritto durante il periodo del COVID19?
Il Covid ci ha fatto ricordare i tempi della peste e della spagnola. Mi ricordo che c’era una donna che aveva perso con la spagnola il marito ed i suoi sei figli. Era impazzita. Il covid ci ha costretto alla riflessione, a stare in casa, ha posto una battuta d’arresto alla frenesia collettiva. È stata una benevola occasione per poter meditare, scrivere. Io lavoravo alla “Madre del Tutto” da molti anni. Il Covid ha permesso una proficua rielaborazione. E soprattutto ci ha fatto capire che l’uomo non è onnipotente e non è il centro dell’universo. L’omo-centrismo, erede della più tendenziosa tradizione umanista, sposta l’asse dell’attenzione sull’egoismo umano e non sull’universo e la sua bellezza. Il vero umanista, invece, considerava la Natura come magica, spiritualizzata, omogenea, unica, irripetibile. Per Kierkegaard il singolo è più importante della specie, ma il problema è proprio qua: la Natura non è solo specie, ma singola nelle specie. Non è solo privilegio dell’essere umano la singolarità.
D. Perché afferma che il suo ultimo libro è un’opera apologetica della Natura, comune progenitrice dello humanum genus?
È un’opera apologetica perché riprende in parte lo scritto di uno spiritualista francese degli inizi del Novecento, che difende la tesi del creazionismo. Noi potremmo paragonare la Natura ad Eva, la madre dell’umanità. La Natura è stata contaminata dal serpente, simbolo della radice del male, il “mistero dell’iniquità” di Paolo. In natura non esiste il male, se non quello metafisico, e fisico, inteso come limite. Umanizzare la Natura non significa non rispettarla, asservirla, annientarla. Il male morale deriva dallo Spirito. È lo Spirito che ha portato il male nella Natura. Non è la materia in sé ad essere cattiva. Lo Spirito col progresso e con la storia si è erto contro la Natura Madre, si è impossessato di lei. Con la nascita della proprietà privata lo Spirito ha ridotto la Natura ad oggetto da sfruttare. Ma Dio all’inizio aveva concesso tutto a disposizione di tutti: questo è il vero e santo comunismo.
D. Perché scrive che «la Natura e le sue cose (de rerum) deve essere vista non come una mucca senz’anima, da mungere fino all’esaurimento totale di tutte le sue risorse, prima di essere del tutto macellata, ma come una creatura animata e privilegiata, la prima creatura Creatoris del Creatore?».
Lo scientismo, partendo dalla ribellione del Seicento, passando attraverso l’Illuminismo, il Positivismo, fino ad una certa visione attuale, ha ridotto la Natura ad un oggetto, non un soggetto, come una mucca senza anima, da sfruttare e basta. Le risorse non rinnovabili prima o poi finiranno. Bisogna rifondare l’economia su risorse rinnovabili, riportare l’agricoltura al primo posto, tornare all’ideale della fisiocrazia (il dominio della Natura di Quesnay). La Natura è la prima creatura. Riprendendo un bello inno mariano, la definivo: - Gran figlia, madre e sposa del tuo stesso Creatore. La Natura è figlia di Dio, madre di tutti gli esseri viventi e dell’universo e allo stesso tempo sposa del Creatore. Ricordiamo a proposito gli stoici “Logoi spermatikoi”, le “rationes seminales”, riprese da Agostino. La Natura è come un campo ove Dio ha seminato le specie di ogni essere e queste si riproducono. L’immortalità si supplisce così nella generazione, dono creativo del Creatore originario ai viventi. Essa non è un animale da macellare e finire. Questo animale contiene tutti i viventi. Morendo questo, ogni essere vivente finisce.
D. Che cosa intende dire quando nella prefazione del libro scrive: «La Natura fino ad oggi è stata studiata secondo dei principi impropri, non propri. Il punto di vista scientifico, nato con la ribellione del Seicento ha ridotto la Natura ad una macchina, ad una grande vacca che si poteva mungere all’infinito, una vacca senz’anima, dedita unicamente al servizio indiscriminato ed assoluto del genere umano. Ma non è così: c’è stato un abbaglio. Guardare alla Natura Madre secondo i suoi principi significava rispettarla, fin dal principio, ma non è stato così»?
Purtroppo “De rerum Naturae iuxta propria principia” doveva significare innanzitutto rispettare la Natura come soggetto, non come oggetto. Bacone, tra gli altri, come il Galilei, che consideravano la Natura, come il gran Libro di Dio (e la scienza quindi come teologia in senso pieno) aveva formulato il principio: Natura vincitur nisi parendo. La Natura si vince obbedendole. Il nuovo metodo scientifico, scaturito dalla rivoluzione del Seicento, non aveva purtroppo il fine di rispettare la Natura, ma di sfruttarla per i propri comodi. La scienza di Bacone, lucifera et fructifera, non aveva come scopo la pura contemplazione, come era stato per i Greci e per gli antichi in generale, ma lo sfruttamento della Natura. Le filosofie successive, tra cui il positivismo ed il socialismo, non hanno fatto altro che portare alle estreme conseguenze questo principio scientista. Guardare alla Natura ex analogia universi e non ex analogia homini significava rispettarla. Pensiamo, ad esempio, agli effetti dell’atomismo novecentesco. Pensiamo solo alla bomba atomica. Einstein aveva avvertito: - Non ho idea di quali armi saranno usate per combattere la terza guerra mondiale, ma sono sicuro che la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre!
D. Quali sono stati i filosofi più rappresentativi che l’hanno spinta metaforicamente a scrivere questa interessantissima opera d’arte e perché?
Soprattutto i presocratici. I filosofi antichi erano chiamati fisiologi, o fisici, cioè amanti della Physis. Erano orfici. Credevano nella metempsicosi. Il destino dell’uomo è liberarsi dal peso della materia in cui è stato incarcerato per colpa propria, per via di un peccato originale, presente tra l’altro anche nella tradizione biblica e cristiana in seguito. Le anime si propagavano come piante, quasi per talea, come sostiene ancora Agostino (traducianesimo). Le vie di liberazione sono l’ascesi e l’amore per la Natura, amore mistico per eccellenza, nel senso di unitivo. L’amore è la suprema forma di sapere. Anche gli umanisti consideravano la Natura come un soggetto da amare e da imitare. Col Seicento è cominciato il grande distacco dalla madre. Gli uomini sono diventati adulti. Adulti significa adulteri: hanno tradito la madre. Il complesso edipico cosmico è necessario: se ci distacchiamo dalla suprema vite, siamo tralci secchi, “anime morte” vaganti sulla terra. Un’altra grande effusione d’amore adolescenziale per la Madre è stata nell’Ottocento, col Romanticismo, soprattutto con Schelling. Uno degli ultimi filosofi cui certamente mi sono ispirato è stato Jonas, per aver formulato il grande imperativo categorico bioetico: «Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la sopravvivenza della vita umana sulla terra».
D. Che cosa intende dire quando afferma che: «il cataclisma climatico è solo l’inizio della ribellione di questa santissima madre ai suoi figli, oramai impazziti?».
La Natura è come una madre esasperata dai propri figli. Non è la prima volta che questa madre uccide i suoi figli, ma non per questo può essere considerata una Medusa, una matrigna, come l’aveva vista Leopardi. E Galilei la considera ancora “osservantissima esecutrice degli ordini di Dio”, è l’ancilla Dei. Così viene vista come impassibile, infallibile, noncurante dei bisogni umani. Ma è proprio così? Questa invece è la sposa di Dio, non è sua serva, agisce per il bene, ama le sue creature, è dotata di un principio autoregolatore, provvida di finalismi e non solo di meccanismi. Ridurre tutto a meccanicismo, separare Spirito e materia è stato un errore gravissimo, come ha sottolineato Antonio Damasio in “L’errore di Cartesio”. Questa madre si è scocciata, sta per riprendersi il suo: seguiranno catastrofi dopo catastrofi. Questo è solo l’inizio, se i figli non torneranno rispettare la madre cosmica, ma oramai è troppo tardi. Solo ripristinando l’equilibrio tra Spirito e Natura si potrà tornare gradualmente alla sanità originaria. Redeunt Saturnia regna, canta Virgilio nelle Bucoliche.
D. Professore che cosa è la filosofia per lei?
La filosofia, come ho risposto pure nella precedente domanda, per me ha più che altro un significato mistico. Non è un semplice sapere superficiale. Non è come acqua che scivola, ma come acqua che penetra. La filosofia, come il Verbo, è seme. Le nostre menti sono campi aperti, non monadi senza finestre, né porte. La filosofia è pura contemplazione, è noesi, nel senso platonico del termine ed anche husserliano. Husserl affermava: - Torniamo alle cose stesse! Così la filosofia è puro accoglimento delle idee, nascoste nelle cose. In questo senso alto è la vera scienza dell’essere, la prima scienza, come la definiva Aristotele, la prima filosofia. Prima bisogna comprendere l’essere, poi si sa tutto, ma senza questo puro accoglimento dell’ente in noi, ogni scienza che possediamo è solo accessoria, nozionistica, inutile. Husserl ci invitava alla contemplazione delle essenze, della Natura, Heidegger, invece, considerava il mondo una semplice cosa da usare, un qualcosa a servizio degli ‘esserci’, degli esistenziali, come se l’essere in sé fosse qualcosa di impersonale, di estraneo, di appiattito, ma non è proprio così. Allora Aristotele non aveva visto giusto? L’onto-teologia era fallita. Ma! La Natura prima è generata dal Padre come Idea originaria del Mondo. La Natura seconda, invece, è creata dal Padre ad immagine dell’Idea nel tempo. L’essere ha nome e cognome, non è anonimo, non è generalissimo.
D. Che cosa si aspetta dalla pubblicazione del suo ultimo libro?
Io mi aspetto che si presti più attenzione a questa amorevole Madre del tutto. Prima i giovani erano a contatto fin da piccoli con la campagna. Mi ricordo che dentro le ceste dei muli e degli asini ci portavano in campagna tutti i giorni. E ci sporcavamo con la terra. Eravamo tutti imbrattati, ma non importa. Ci calavano coi piedi nei tini per calpestare gli acini maturi. Il solo odore di quel mosto selvatico ci inebriava. Abbiamo assistito alle ultime transumanze: le greggi attraverso i regi tratturi dalle aspre montagne si recavano alle marine. Settembre, andiamo è tempo di migrare… canta il vate. C’era più familiarità con la nostra Madre. Le feste popolari, tutta la vita scandita della civiltà contadina era conforme a natura, secondo l’antico ideale stoico dell’oicheiosi: vivere secondo natura. Oikia significa casa: stare a casa. Ambiente è la casa. Il mondo è la casa dell’umanità e questa dimora va amata. Questa civiltà per secoli ha mantenuto l’umanità in equilibrio con il cosmo. La scienza e l’industria hanno rotto questo sottile rapporto. Bisogna tornare alla madre. L’attaccamento materno salverà la progenie umana. Questo è un complesso edipico cosmico necessario.