di Sergio Melchiorre
Carlo Bizzini, insegnante novantaduenne in pensione, modenese di nascita ma salentino di adozione, dagli Anni Sessanta trascorre i mesi estivi a Punta Prosciutto, famosa località balneare del comune di Porto Cesareo. Tra le variemarine che costeggiano la costa ionica (Torre Colimena, Specchiarica, Torre Lapillo…) ha avuto modo di coltivare lasuainnata passione per la fotografia. Il Maestro, come ormai tutti lo chiamano in questi meravigliosi posti balneari, riesce a immortalare lo scenario incantato che si presenta davanti ai suoi occhi e che si specchia nel bacino della vecchia «Salina dei Monaci», riserva naturale situata tra Torre Colimena e Specchiarica, sulla Litoranea tarantina.
L’amore per la fotografica lo conduce quotidianamente all’alba o al crepuscolo alla «Salina dei Monaci» per immortalare magistralmente flora e fauna di questi luoghi ma, tra tutto ciò che lo circonda, i fenicotteri rosa sono il soggetto fotografico che più di ogni altro riesce a tirar fuori l’estro creativo e artistico del nostro Maestro.
Con le sue grandi doti fotografiche Carlo Bizzini riesce a catturare e a trasmetterci immagini stupende che danno vita aquanto scrive Fabrizio Caramagna: «Quando lo stagno si annoia del grigio, chiama i fenicotteri a colorarlo».
Carlo Bizzini infatti predilige fotografare principalmente fenicotteri rosa.
I fenicotteri sono animali che hanno pochi predatori naturali anche se uova e pulcini potrebbero essere predati da rapaci, corvi e gabbiani, per cui con il passare degli anni potrebbero incorrere in un eventuale rischio di estinzione. I fenicotteri, a causa dei loro versi e vocalizzi, sono considerati uccelli molto rumorosi, soprattutto nel periodo dell’accoppiamento, quando i maschi effettuano una specie di danza accompagnata da grida dal tono nasale molto acuto, specialmente quando sono in volo. Quando si sentono in pericolo invece emettono versi simili a un fischio acuto che ricorda quello delle oche.Il Maestro Bizzini, con la sua passione per la fotografia e l’interesse (oserei dire amore) verso questo straordinariouccello, sta svolgendo un ruolo fondamentale, nella divulgazione artistica e scientifica inerente questo bellissimo volatile, tramandando così alle nuove generazioni la conoscenza dei fenicotteri che, secondo un’antica legenda, pare abbiano addirittura ispirato il mito della fenice dalle ali fiammeggianti.
- Maestro, come è nata la sua passione nel fotografare i fenicotteri che si sono stanziati nella Salina dei Monaci?
«Frequentavo la Salina dei Monaci ancora prima che si insediassero i fenicotteri. Mi piaceva l’ambiente e fotografare gli animali e gli uccelli che ci vivevano. All’inizio c’erano esclusivamente piccoli uccelli acquatici, i trampolieri, i fratini, le anatre, le volpoche e altri animali del genere poi, con il passare degli anni, nella riserva naturale si è creato l’habitat naturale ideale per ospitare i fenicotteri e un bel giorno, fortunatamente, arrivò questo straordinario uccello che ha impreziosito la nostra Salina.
La prima volta che li vidi mi parvero uccelli abbastanza strani, con il loro collo particolarmente lungo e sinuoso, con il loro particolare modo che hanno di borbottare e di interloquire tra di loro quando sono insieme, mi sembravano delle comari che chiacchieravano al mattino.
La scoperta di questo nuovo mondo mi ha subito affascinato, allora ho cominciato a recarmi quotidianamente, soprattutto all’alba, nella Salina, perché mi piace ascoltare questi continui borbottii e vederli camminare nell’acqua quando, a volte, sembra quasi che vadano in processione.
Preferisco andare all’alba o al tramonto perché della fotografia la cosa che amo di più sono i colori che al mattino e all’aurora sono particolarmente belli«.
- È emotivamente colpito dai fenicotteri che fotografa?
«Secondo me i fenicotteri potrebbero essere una terapia contro lo stress. Proprio perché quando li vedi al mattino, prima dell'alba sono tutti fermi, tranquilli, non si muovono, con la testa nascosta sotto le piume. Poi, nell'approssimarsi del sorgere del sole, cominciano lentamente, a muoversi, a borbottare, primo uno, poi l'altro, e poi diventa un vero e proprio coro. Insomma, li osserverei tutte le mattine, perché, anche nella loro ripetitività, li trovo particolarmente affascinanti ed emozionanti».
- Quale è stata la sua prima macchina fotografica ?
«La mia prima macchina fotografica è stata una Ferrania, obiettivo fisso, un apparecchio fotografico che adesso sarebbe considerato un rottame; era una scatoletta con un piccolo obiettivo davanti, senza nessuna possibilità di variare l’obiettivo, il diaframma, la velocità dell’otturatore…».
- Quale apparecchiatura fotografica utilizza attualmente per immortalare questi meravigliosi uccelli?
«Oggi utilizzo quasi esclusivamente una Nikon Coolpix P1000, che è una macchina fotografica creata dalla Nikon proprio per le fotografie a lunga distanza, cioè per fotografare principalmente gli animali e la natura.
Ho anche un altro apparecchio fotografico che ho usato tantissimo, che è una Canon».
(Macchina fotografica Nikon Coolpix P100)
- Usa particolari filtri (ultravioletti, polarizzanti, a densità neutra, filtri graduati…) quando scatta una fotografia?
«Ho esclusivamente un filtro polarizzatore ma che in realtà non uso mai. Tuttavia tengo sempre inserito sulla macchina fotografica un obiettivo che è una protezione aggiuntiva per l’obiettivo principale dell’apparecchiatura fotografica dai raggi ultravioletti».
- Che cosa è per lei la fotografia?
«Per me la fotografia rappresenta il mio modo preferito per esprimermi. C’è chi usa la poesia per esprimere le proprie emozioni, come per esempio il mio carissimo amico Antonio Fazzi; lui si esprime con i versi, io mi esprimo con la macchina fotografica. Tecnicamente non ho nessuna competenza specifica e teorica sulla fotografia in generale, ma mi aiuta molto la mia decennale esperienza fotografica che mi permette di scattare delle foto che piacciono molto alle persone che le guardano…
Personalmente la storia dell'arte mi è sempre piaciuta e credo che questa passione pittorica mi abbia aiutato molto nell’esprimermi come fotografo, per esempio, per scegliere l’inquadratura migliore quando scatto una foto.
Prima di scattare una foto devo scegliere l'inquadratura migliore. Se l’inquadratura non è perfetta devo, in fase di stampa, fare in modo che essa lo diventi, in pratica devo rendere perfetto ciò che è imperfetto. Quando stampo e pubblico una foto sono io che per primo devo notare ciò che voglio far notare subito a chi osserva le mie foto, devo notare le cose che voglio siano notate dagli altri, le cose che voglio che siano viste. Quando mi rendo conto che in una foto io devo aspettare un attimo per vedere cosa significa per me stesso, significa che quella foto non merita di essere pubblicata o stampata. In pratica il messaggio emotivo che voglio trasmettere deve essere immediato e non oggetto di riflessione.
In definitiva mi interessa molto che l'inquadratura sia perfetta secondo i canoni di Leonardo da Vinci: cioè che essa sia ben inquadrata in modo da evidenziare in primo piano il soggetto principale (cioè quello che Roland Barthes chiama spectrum nel libro “La camera chiara”) e che tutto il resto risulti un po' sfocato. È per questo motivo che, anche se non è necessario, uso lo zoom, cioè per catturare l’inquadratura dell’immagine in movimento».
- Perché e a che età è iniziata la sua passione per la fotografia?
«Avevo all’incirca quattordici anni quando un amico, anche lui appassionato di fotografia, mi ha fatto scoprire i procedimenti tecnici per sviluppare e stampare le fotografie.
È grazie a lui e alla magia della camera oscura che mi sono appassionato alla fotografia».
- Tra le tantissime fotografie che ha scattato negli ultimi anni qual è quella a cui è più affezionato e perché?
«È una fotografia che ho scattato prima che io conoscessi e apprezzassi i fenicotteri, è stata pubblicata dal mensile Mediaworld e nel 2006, il titolo di questa fotografia è «Esercizi di volo».
È una foto dove si vedono tre cavalieri d’Italia che stanno spiccando il volo in uno stagno. Secondo me è la fotografia più bella che io abbia mai scattata».
- Cosa le riserva il suo futuro?
«Spero che il mio futuro sia quello di poter continuare a fotografare i fenicotteri fino alla mia morte perché se mi tolgono la fotografia mi tolgono tutto, e non riesco a immaginare il mio futuro senza le mie passeggiate mattutine per incontrare i miei adorati compagni di vita».