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di Giovanni Macrì

Ieri, a Messina, si son tornati a vivere i tradizionali momenti emozionanti della “Processione della Vara”, la manifestazione che rappresenta l’identità della città dello Stretto, elemento cruciale della storia e della tradizione messinese. E la popolazione ha risposto in toto con un segno tangibile di un ritorno alla normalità dopo la pandemia dando vita sicuramente a una giornata storica che ha segnato un record per la partecipazione di un fiume, anzi di una marea di fedeli, turisti, curiosi.

“Processione della Vara” che da quest’anno, varcando i confini locali, è stata dichiarata dal Ministero per i beni culturali e ambientali: “Evento di interesse Nazionale”, veicolata in tutta Italia anche con un annullo filatelico.

 Alle ore 18:30 una Santa Barbara di giochi pirotecnici avrebbe dovuto segnalare l’imminente partenza da piazza Castronovo.

Con qualche minuto di ritardo e l’immancabile grido di “Viva Maria” del capo vara Alberto Molonia posto sul ceppo, i capicorda vestiti di blu e di bianco, Pasquale Pastura e Sorrenti Domenico, hanno dato finalmente il via.

Quindi, a seguire, i concitati e prolungati fischi dei segnalatori e il frenetico sventolio delle bandiere dei tre coordinatori o sbandieratori, tra cui Franco Forami ed Enzo Muratori, che posti in centro, in punti strategici, erano deputati a garantire il sincronismo fra le due colonne di più di un migliaio di devoti tiratori a piedi nudi e i timonieri in coda.

 

La processione ha effettuato, come sempre, lungo il percorso varie fermate per dare respiro e far recuperare ai tiratori energie per l’estenuante sforzo, fino all’arrivo, dopo circa due ore, all’incrocio della Via Garibaldi con la Via I Settembre. Punto in cui la “macchina” deve fare la caratteristica “girata” e indirizzarsi così verso la sua meta conclusiva in piazza Duomo.

Sicuramente il momento più difficile ed impegnativo per i timonieri, perché sono proprio questi a dover correggere eventuali errori di traiettoria per immettere l’imponente carro votivo dedicato alla Madonna Assunta in posizione esatta sull’asse della strada. Qui le lunghe gomene sono state allungate oltre l’incrocio e, una per volta, sollevate e portate sulla via Primo Settembre.

Quando tutto è stato pronto, il capo vara ha dato il segnale di via e la “macchina”, con la precisione di un proverbiale orologio svizzero, delicatamente ha ruotato su se stessa per quindi raggiungere la piazza antistante il Duomo accolta da un indescrivibile boato di applausi e da un ulteriore spettacolo di fuochi pirotecnici sempre al grido corale di “Viva Maria”.

Infine, dopo l’omelia, l’immancabile e tradizionale taglio delle gomene affinché questi frammenti potessero essere dai devoti portati a casa come ex-voto.

Lungo il percorso più di centomila fedeli, cittadini di ogni nazionalità, venuti a Messina per lo spettacolare evento di fede.

Questo il commento a caldo proprio sotto la “Vara” all’arrivo in piazza Duomo, dell’arcivescovo Monsignor Accolla dopo aver benedetto la città, i devoti, i tiratori: “Messina rinasce nella Vara: una invocazione che si fa speranza guardando a colei che Donna e Madre è espressione della tenerezza di Dio!”. 

Il sindaco di Messina, dottor Federico Basile, visibilmente emozionato, alla sua prima vara come sindaco: “Una vara di ripartenza! La moltitudine di persone presenti è il biglietto da visita per il segno di rilancio che Messina deve avere. Perché Messina sa rispondere in quanto città orgogliosa! Una grande organizzazione dal “Comitato vara”, alle forze dell’ordine, alla Protezione Civile, ai volontari!”.

L’Assessore al Turismo e alla Cultura, dottor Vincenzo Caruso, ai microfoni: “È la festa che ritorna. Grande organizzazione di tutti. Grande successo, grande riscatto di Messina! Una città che rinasce e crede nella sua identità intorno ad un simbolo di fede!”.

 

La storia

Inizialmente la “Vara”, macchina a struttura piramidale con base circolare, nasceva come “carro trionfale”, costruito da Antonino Ravesi, conosciuto come “Radese” (anche se oggi si tende a individuare costui solo come “depositario”, uno dei tanti Magistri o “parrini di la vara”), per celebrare l’entrata di Carlo V a Messina il 21 ottobre 1535, reduce dalla vittoriosa impresa di Tunisi e La Goletta contro Ariadeno Barbarossa. Essa presentava in cima, al posto dell’odierna figura del Cristo che sorregge la Vergine Maria, la statua raffigurante l’imperatore con le insegne della vittoria in mano.

Qualche fonte afferma invece che consigli e suggerimenti sulle figurazioni allegoriche, tendenti ad esaltare la resurrezione e l’assunzione in cielo della Madonna e sui meccanismi girevoli, furono dati dal matematico, astronomo e storico messinese Francesco Maurolico, che assieme al pittore Polidoro Caldara da Caravaggio realizzarono gli apparati trionfali.

All’inizio era sorretta a spalla da moltissime persone. Fu solo qualche anno dopo, perfezionata da Giovannello Cortese, genero del Radese e da tal mastro Jacopo (o Jacopo del Duca o di Jacopo Scicli), che fu munita di ruote.

Dopo il 1565 le ruote furono sostituite da scivoli in legno. Ora sono in acciaio, per consentire il trascinamento sul selciato previa bagnatura con abbondante acqua da parte dei tiratori devoti (circa un migliaio).

Così come il carro votivo dedicato alla Madonna Assunta in origine era composto da personaggi tutti viventi (angioletti, Cristo, “Alma Maria”) dislocati lungo questo intreccio di ceppi e solo nel 1866 sostituiti da statue in legno e cartapesta.

Fino ad arrivare ai giorni nostri nella sua maestosità e bellezza.

Macchina a struttura piramidale, alta 13,50 metri e dal peso di otto tonnellate, invidiata in tutto il mondo che richiama il 15 agosto lungo il suo percorso, nella Città dello Stretto, almeno centomila persone.

Foto Web

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Info Autore
Giovanni Macrì
Author: Giovanni Macrì
Biografia:
Medico chirurgo-odontoiatra in Barcellona Pozzo di Gotto (ME) dal 1982 dove vivo. Ho 65 anni e la passione per la scrittura è nata dal momento che ho voluto mettere nero su bianco parlando della “risurrezione” di mia figlia dall’incidente che l’ha resa paraplegica a soli 22 anni. Da quel primo mio sentito progetto ho continuato senza mai fermarmi trovando nello scrivere la mia “catarsi”. Affrontando temi sociali. Elaborando favole, romanzi horror, d’amore e polizieschi. Non disdegnando la poesia in lingua italiana e siciliana, e completando il tutto con l’hobby della fotografia. Al momento ho 12 pubblicazioni con varie case editrici.
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