di Giovanni Macrì
Su delega della Procura Distrettuale di Catania, i Carabinieri del Comando Provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati dell’Arma (Compagnia di Intervento Operativo del XII° Reggimento “Sicilia”, Nucleo Elicotteri e Nucleo Cinofili), hanno dato esecuzione, a seguito di certosine indagini supportate da sofisticate apparecchiature di video sorveglianza, a un’ordinanza di misure cautelari personali emessa dal GIP presso il Tribunale di Catania, su richiesta della DDA etnea, nei confronti di 10 soggetti indagati, a vario titolo, in quanto ritenuti autori dei reati di estorsione aggravata dal “metodo mafioso”, acquisto e detenzione di sostanze stupefacenti e furto aggravato.
Sei destinatari di un provvedimento cautelare in carcere: Roberto Boncaldo e Giovanni Edoardo Caruana, (già detenuti), Emanuele Bonaccorso, Gaetano Agatino Murabito, Giuseppe Strano e Daniele Francesco Ventimiglia.
Mentre quattro: Salvatore Assennato, Rosario Petralia, Oreste Antonio Prelati e Concetto Privitera, con obbligo di dimora e divieto di allontanamento dalla propria abitazione dalle ore 20:00 alle ore 6:00.
“The Gift” è l’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania e condotta dai carabinieri della tenenza di Misterbianco che, dall’ottobre al dicembre 2020, ha consentito di accertare una serie estorsioni, con metodo mafioso, ai danni dei titolari di un’autocarrozzeria e di una concessionaria di automobili del comune di Misterbianco (CT).
Come spiega lo stesso comandante della Compagnia Carabinieri di Fontanarossa-Catania, il tenente colonnello Giuseppe Battaglia, il “pizzo” , corrispettivo in denaro da versare mensilmente sotto forma di regalia in un clima di totale “omertà”, veniva posto in essere al fine di mantenere alcuni detenuti in carcere, nonché per tutelarsi da eventuali danneggiamenti alle proprie attività commerciali prese di mira, o anche per ottenere, con il metodo del cosiddetto “cavallo di ritorno”, la restituzione di autovetture che erano state loro rubate.
Il danaro, così estorto, veniva riutilizzato, oltre che per il mantenimento dei sodali detenuti in carcere, in reinvestimenti nell’acquisto all’ingrosso di ingenti quantitativi di stupefacenti (marijuana e cocaina) destinati al rifornimento delle numerose piazze di spaccio presenti nel capoluogo etneo e nell’hinterland catanese.
(foto Web)