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di Giovanni Macrì

Contrada Safarello a Licata (AG). Sono le sette del mattino di mercoledì mattino 25 gennaio e niente e nessuno poteva far presagire quello che di folle e sanguinario da lì a poco sarebbe successo.

Suonano alla porta del 44enne Diego Tardino, è il  fratello, il 48enne Angelo.

 Angelo, non appena questi compare alla sua vista, inizia a sparare con la Beretta cal. 9, una delle pistole che, premeditatamente, aveva portato con sé.

Diego stramazza esanime in terra.

Ma il folle piano criminale di Angelo non è terminato!

Subito dopo va, stanza per stanza, alla ricerca della moglie e dei figli del fratello per uccidere ancora… e ancora.

Spietatamente insegue la cognata, Alexandra Angela Ballacchino, nel soggiorno e la fredda. Poi, dà la caccia ai due nipotini di 15 e 11 anni: Alessia  e Vincenzo. La prima a essere assassinata è Alessia che era con i libri pronti per la scuola. Poi è il turno di Vincenzo che atterrito, aveva provato a trovare rifugio sotto il letto della sua stanza dove i carabinieri lo hanno poi trovato ormai senza vita. Raggomitolato e avvolto in una coperta che forse aveva usato per nascondersi agli occhi del mostro: lo zio.

Angelo, il killer, ha completato così la sua “missione omicida” sterminando un’intera famiglia.

Per cosa?

Una tragedia sanguinaria nata per l’uso di un pozzo e per una vecchia suddivisione di terreni, donati dal padre ai due fratelli, dove in serra si coltivano carciofi, e ortaggi come pomodori e zucchine.

La famiglia rivale, sangue del proprio sangue, che aveva osato ostacolare il possesso della sua… “roba”, ora non c’è più… problema risolto!

Già altre volte, in passato, le forze dell’ordine erano state chiamate per dividere i due fratelli durante le frequenti e accese liti.

L’assassino, può quindi darsi alla fuga in auto! Ma ha un chiaro momento di lucidità! Telefona alla moglie confessandole l’atto criminale, impensabile e folle appena commesso! Pochissimi secondi, per poi chiudere la conversazione.

La donna, atterrita e sconvolta, allertata le forze dell’ordine!

Gli agenti si mettono in contatto telefonicamente con il 48enne. Lo raggiungono in via Mauro De Mauro. Cercano di convincerlo ad arrendersi!

Dopo circa un’ora di  negoziazioni, quando Angelo sembrava finalmente avesse deciso di desistere e consegnarsi, ecco che rivolge contro di sé e si spara alla testa con una seconda pistola, un revolver. I militari non possono far nulla, possono solo sentire la deflagrazione dell’arma.

Ma Angelo non è ancora morto!  In coma, a bordo di un elisoccorso, viene trasportato all’ospedale “Sant’Elia” di Caltanissetta. Morirà dopo poche ore!

Le indagini sono condotte dai carabinieri della compagnia di Licata e coordinate dal Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio e dal Pm Paola Vetro.

Tutte però convergono in un’unica direzione: Angelo Tardino si è recato in casa del fratello per compiere una strage. Non ci si portano con sé ben tre pistole anche se tutte legalmente detenute, se non per mettere in atto un assurdo piano omicida!

Le stesse utilizzate dal folle omicida per commettere il massacro e poi uccidersi sono state sequestrate per le comparazioni balistiche.

Il vicesindaco di Licata Antonio Montana ha detto: “La comunità di Licata è sgomenta e l'amministrazione comunale si sta muovendo per dichiarare il lutto cittadino per i funerali delle vittime dell'efferato omicidio, soprattutto per i bambini coinvolti nella tragedia” – seguitando – “Personalmente non riesco a trovare una ragione per la tragedia che si è verificata, ma in questi casi non ci sono ragioni razionali per giustificare. Conosco dei parenti delle vittime e so che sono gente perbene, grandi lavoratori. L'unica spiegazione che si può dare è quella di un raptus di follia”.

Alessandro Damiano, vescovo di Agrigento, dichiara:  “La tragedia di Licata, costituisce l’ennesima sconfitta di una cultura, la nostra, sempre più disorientata e sempre meno capace di gestire le emozioni e le tensioni che turbano l’esistenza personale e interpersonale. Esige una inderogabile presa di coscienza individuale e comunitaria sul valore della persona umana, soprattutto se innocente e indifesa, e sull’importanza della cura delle relazioni, al di là di ogni ferita e di ogni offesa” - aggiungendo - “Chiama in causa tutti noi, nella responsabilità condivisa in merito alla promozione della cultura della vita e alla testimonianza del Vangelo dell’amore e del perdono. Profondamente addolorato per quanto accaduto, assicuro la mia preghiera per le vittime ed esprimo la mia vicinanza e il mio cordoglio alla famiglia e all’intera città di Licata!”.

(Foto Web) 

 

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Info Autore
Giovanni Macrì
Author: Giovanni Macrì
Biografia:
Medico chirurgo-odontoiatra in Barcellona Pozzo di Gotto (ME) dal 1982 dove vivo. Ho 65 anni e la passione per la scrittura è nata dal momento che ho voluto mettere nero su bianco parlando della “risurrezione” di mia figlia dall’incidente che l’ha resa paraplegica a soli 22 anni. Da quel primo mio sentito progetto ho continuato senza mai fermarmi trovando nello scrivere la mia “catarsi”. Affrontando temi sociali. Elaborando favole, romanzi horror, d’amore e polizieschi. Non disdegnando la poesia in lingua italiana e siciliana, e completando il tutto con l’hobby della fotografia. Al momento ho 12 pubblicazioni con varie case editrici.
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