di Giovanni Macrì
Venerdì sera, sotto un acquazzone, tre spari nel buio.
Un corpo di donna stramazza in terra senza vita. Una giovane donna di ventisette anni muore davanti agli occhi dell’amica.
Jenny Cantarer, era una ragazza semplice, viveva a Catania e si recava nel comune limitrofo solo per questioni di lavoro. Aveva da poco terminato il turno nella panetteria-pasticceria di via Alfredo Nobel, all’angolo con via Allende alla periferia del centro abitato tra i quartieri Montepalma e Lineri dove lavorava, frazioni di Misterbianco, quando un uomo dal volto coperto l’ha freddata in una sera di pioggia battente.
Era in attesa dell’arrivo della madre.
Il vile omicida nascosto nell’ombra la chiamava per nome e sparava uno due, tre colpi. Fatale quello che ha preso la povera ragazza al volto. Così come apparso, si dileguava forse a bordo di uno scooter.
La ventisettenne, dal viso angelico di una bambina, lascia una figlia di quattro anni avuta da una precedente relazione.
Il padre della bimba, interrogato dagli inquirenti, è stato escluso dalla rosa dei sospettati. Non è lui la persona che gli investigatori stanno cercando. Pare che sia un precedente fidanzato col quale ha avuto una relazione definita dai familiari come “burrascosa”, peraltro mai denunciata. E il fatto che non abbia mai presentato denunce ha reso più difficili all'inizio le indagini.
Gli investigatori hanno dovuto ricostruire con le testimonianze dei familiari, straziati dal dolore, il reticolo di amicizie e legami della vittima. Le telecamere di videosorveglianza della zona hanno inquadrato l’assassino mentre, col viso coperto da un cappuccio, fuggiva dileguandosi nella notte e facendo, fino a oggi, perdere le sue tracce.
Procura ed investigatori mantengono uno stretto riserbo sulle indagini non lasciando trapelare nulla.
Oggi 13 dicembre era in programma l’autopsia sul corpo della ragazza.
Il Comune di Misterbianco ha organizzato una marcia silenziosa contro la violenza che prenderà il via alle ore 18,00 da piazza Berlinguer e si snoderà per le vie Lenin, Allende e Nobel per giungere sul luogo dell’omicidio di Jenny.
Un ennesimo assassinio, un’ennesima vita spezzata in nome di un delirio di onnipotenza. Queste donne fanno tutte parte di quell’interminabile, infinito elenco di vittime di femminicidio.
Un’ennesima vittima spezzata in un sistema che lascia molto a desiderare e che non tutela.
Non si tratta di omicidi “ordinari”, non è la violenza che scaturisce da un’altra violenza o da una lite o da chissà quali motivazioni. Davanti a questi assassini c’è una donna, un essere umano che viene brutalmente ucciso da partner, ex-mariti, vicini di casa, uomini sicuramente senza una dignità morale.
Sono “uomini” che in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale si macchiano del sangue di queste vittime innocenti. Le giustiziano perché perdono il potere di controllarle, si scatenano perché non possono assoggettarle alla loro volontà, incapaci di accettare la fine di una relazione. Non curandosi neanche dei figli che queste possono lasciare senza madre. Donne, insomma, che si erano rifiutate di continuare una relazione già finita, o di accettare una brama sessuale o avevano affermato il loro pensiero in un litigio.
Cerchiamo, allora, tutti in qualche modo di dare voce al dolore di chi resta e le amava.