di Lucia Lo Bianco
Abbiamo tutti la nostra personalissima idea di bellezza in base a dei canoni che fanno parte del nostro background culturale o a dei modelli che la società ci impone tramite i suoi variegati canali informativi. Bellezza è proporzione delle parti e dei colori [Latino: pulchritudo, formositas]; perfezione estetica e armonia di forme che suscita ammirazione o diletto. Bellezza è l’arte classica o una bella donna che ci dimostra che questo valore esiste veramente.
“La bellezza non è una qualità delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che le contempla ed ogni mente percepisce una diversa bellezza.” (David Hume)
Siamo sempre più consapevoli di quanto sia importante vivere di bellezza in un contesto che cerca al contrario di coinvolgerci in ritmi, standard evolutivi e immagini che non restituiscono un quadro d’insieme “bello”. Basti pensare alle nostre città, calpestate e rovinate dagli esempi peggiori della modernità, sospese tra il traffico caotico delle macchine e l’incuria degli stessi cittadini che accumulano nottetempo rifiuti della peggior specie agli angoli delle strade. Assistiamo ad un imperare di orrida “bruttezza” che ha finito con il connaturare la struttura stessa del nostro vivere dando un abito lacero e consunto ai nostri luoghi di appartenenza. Ci siamo così abituati alla “bruttezza” e non riusciamo a scrollarcela di dosso.
"La bellezza é verità, la verità é bellezza: questo é tutto ciò che voi sapete in terra e tutto ciò che vi occorre sapere". (John Keats)
Possono i cittadini sovvertire questo trend involutivo che cerca costantemente di deturpare quello che di bello ci hanno tramandato i popoli antichi, sia esso un monumento, o un angolo caratteristico e pittoresco o semplicemente un centro abitato dove i cittadini possano ritrovarsi in serenità senza dover convivere con cumuli di pattume eliminati senza alcun criterio razionale? Può il singolo avere ancora un ruolo nella comunità in cui vive aggiungendo un piccolo tassello giornaliero alla difficile costruzione del senso civico spesso assente negli abitanti?
Certamente gli organi preposti allo smaltimento dei rifiuti devono farsi carico del mantenimento del contorno urbano ma la responsabilità dei cittadini è vitale come pure la continua collaborazione perché ciò che le autorità fanno possa essere mantenuto.
Una nuova forma d’arte è recentemente emersa, un nuovo tentativo di abbellimento di oggetti che incauti, o dovremmo piuttosto dire incivili abitanti, gettano dovunque e in modo scriteriato. Percorrendo le strade di Palermo recentemente colme di materassi o parti di mobili dismessi è possibile notare di tanto in tanto strani e variopinti disegni secondo il modello della street art sul soffice bianco di un materasso di cui qualcuno, cittadino o azienda di produzione di tale articolo, ha deciso di liberarsi.
Si tratta di disegni di una tale bellezza da competere con opere d’arte riposte e non viste nei principali musei d’Italia ormai chiusi al pubblico da mesi a causa della pandemia. L’occhio visibilmente attratto dai contorni armonici e colorati degli schizzi si trova per un momento a non considerare l’atto di enorme inciviltà di chi ha deciso di disfarsi delle proprie cose senza criterio. I rifiuti così mutati in artefatti decorativi delle strade finiscono con il trasformare il pattume in qualcosa di piacevole da vedere ed osservare portando avanti quella raccolta differenziata che soprattutto una città come Palermo mai è riuscita a gestire.
“Il guardare una cosa è ben diverso dal vederla. Non si vede una cosa finché non se ne vede la bellezza.” (Oscar Wilde)
Ci piace pensare che i cittadini refrattari allo smaltimento della spazzatura secondo le regole comunitarie possano fermarsi a riflettere alla vista dei materassi che con leggerezza avevano adagiato sui marciapiedi o appoggiato alla saracinesca di un negozio. Difficilmente potranno riconoscerli di fronte al dipinto che si aprirà al loro cospetto quale reazione al reiterato tentativo di deturpare una città di contro così bella. Ci piace immaginare in un possibile ripensamento e cambiamento e stavolta non per effetto di richiami, multe o sanzioni quanto piuttosto per l’inconsapevole valore educativo ed estetico di chi ha usato il proprio pennello su qualcosa che altri consideravano brutto e degno d’essere gettato via.