Gli scienziati stanno progettando un viaggio su Marte, ma il viaggio che nessuno potrà mai compiere è al centro della Terra. Le condizioni esistenti 6 mila chilometri sotto i nostri piedi possono essere soltanto stimate; ma si tratta di condizioni tremende: 6 mila gradi di temperatura e 3 milioni e 250 mila atmosfere di pressione. In sostanza un’enorme bomba compressa che ogni tanto manda qualche notifica a noi che abitiamo sulla superficie.
Il pianeta Terra ha una storia lunga 4 miliardi e 600 milioni di anni e periodicamente ci ricorda di non essere affatto un’entità dormiente ma un protagonista dotato di bioritmi estremamente attivi.
Alcuni di questi bioritmi sono continui ma lentissimi, come la celebre “deriva dei continenti” (in sostanza la navigazione superficiale delle grandi placche continentali), altri sono improvvisi, ricorrenti e dirompenti, come le eruzioni e i terremoti.
Malgrado questo, eruzioni e terremoti ci colgono sempre impreparati.
Il giorno dell’Epifania del 1944 era ancora in corso la seconda guerra mondiale e mentre milioni di uomini ignari si stavano ammazzando, nessuno immaginava che un denso magma di roccia fusa stava ribollendo pochi chilometri sotto Napoli. Le prime avvisaglie dell’eruzione comparvero proprio in quel giorno.
Due mesi di stasi quando, dal pomeriggio del 18 marzo, il gigante esplose eruttando lapilli, ceneri e lava; lava che in poche ore semi-distrusse i centri di Massa di Somma e San Sebastiano. I danni non derivarono soltanto dalle colate laviche ma anche da una forte attività sismica e dal lancio di materiali piroclastici; le vittime furono 26, perlopiù decedute sotto i crolli determinati dalle gigantesche ricadute di ceneri e materiali eruttivi. Le città più colpite furono Pompei, Nocera superiore e inferiore, Pagani, Cava e Poggiomarino. Gli abitanti di Cercola, Massa di Somma e San Sebastiano furono evacuati. Per una fortunata combinazione di forti correnti d’aria in alta quota Napoli fu risparmiata dalle micidiali ricadute del vulcano.
L’eruzione causò danni notevoli anche all’esercito anglo-americano ma a marzo la linea del fronte era salita più a nord; questo permise ai numerosi operatori militari presenti di filmare molte fasi dell’eruzione e questi sono gli unici documenti filmati di un’eruzione del Vesuvio.
Da allora le attività eruttive si sono fermate ma i vulcanologi sanno perfettamente che il gigante è tutt’altro che spento; attualmente il Vesuvio è probabilmente il vulcano più monitorato al mondo. A vigilare è l’INGV (istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), una grande e storica eccellenza italiana.