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di Massimo Reina

 

Vogliamo riscrivere la storia, la scienza, l’arte… e adesso pure le religioni. In fondo, quale obiettivo poteva restare fuori dal raggio d’azione di chi si sente in missione per conto del “politicamente corretto” mondiale, con l’ambizione di salvare l’umanità da se stessa? E così ci ritroviamo dinnanzi all’ultimo atto di questa tragicomica sceneggiata: Gesù interpretato da una donna di colore in “Jesus Christ Superstar”, lo spettacolo teatrale che andrà in scena il prossimo Agosto nel noto teatro californiano  Hollywood Bowl.

Sì, avete capito bene: Gesù, il Nazareno, figlio di un Dio che – se vogliamo credere ai Vangeli – è descritto con tutt’altre coordinate anagrafiche, avrà il volto di Cynthia Erivo, ma ormai nel grande circo woke la “coerenza” non è un criterio richiesto. Del resto, si dice che il genere sia un costrutto sociale, e magari pure l’etnia, la geografia, la storia, la fisica e l’astronomia, secondo convenienza.

Blafemia in salsa woke

La cosa buffa (per non dire irritante) è che questa rivoluzione parte, guarda caso, dalla religione che – al contrario di altre – non scatena folle inferocite in piazza quando la si tocca: quella cattolica. Perché non provare a sperimentare Gesù in una forma “aggiornata”, più in linea con i dettami di una certa ideologia? Tanto, l’Apocalisse si scatenerà solo sui social, con post indignati e inviti a boicottare i biglietti, al massimo. Niente molotov, niente minacce di morte, niente titoli cubitali scandalizzati. Se qualcuno osa fiatare, ci penseranno i guardiani della dottrina woke a dargli del “reazionario”.

Ora, intendiamoci: nessuno mette in dubbio che i grandi classici possano essere rivisitati, adattati, rivestiti di nuovi significati, pur senza esagerare e tenendo conto dell’universo narrativo e dell’ambientazione, per cui niente “Biancanevi” versione donna in carriera, elfi di colore, nane regine e dragoni bisex. L’arte, si sa, ama le sperimentazioni. Però passare dall’inventiva alla riscrittura integrale del testo sacro, stravolgendo l’identità stessa dei personaggi, è un’altra storia. Anche perché, con la stessa logica, potremmo domani decidere che Dante Alighieri era in realtà uno sciamano proveniente dal Sud America, o che Napoleone era un cyborg dotato di laser negli occhi. Tanto, se “la realtà si costruisce col pensiero”, perché non esagerare?

Non bastavano i blitz contro le statue dei personaggi storici, le censure editoriali su testi considerati “sensibili”, e le continue bacchettate a chiunque osi uscire dal seminato della nuova ortodossia. Adesso si passa alla religione, reinterpretandola in chiave “inclusiva” – che tanto inclusiva non è, se esclude la logica e la coerenza storica. Lungi da me difendere a tutti i costi la rigidità di certe interpretazioni ecclesiastiche: dico solo che anche i simboli hanno una loro ragion d’essere. Se vogliamo raccontare nuove storie, perfetto. Ma perché si sente il bisogno di snaturare ciò che è stato trasmesso per secoli, se non per il puro gusto di strizzare l’occhio a una moda?

Dalla storia cancellata al greenwashing a tappeto

Poi ci sono i soliti tormentoni di contorno: il clima si cambia comprando l’auto elettrica e facendo greenwashing a tappeto, perché chi non la pensa così è un negazionista. Il genere è un costrutto da scegliere al mattino come i calzini, con la differenza che se oggi scegli i calzini rossi, nessuno ti obbliga a punire chi preferisce i blu, mentre con il genere… apriti cielo. La storia, poi, dev’essere costantemente riscritta e reinterpretata, perché guai a non “aggiornare” i fatti in modo che corrispondano alle nostre attuali convinzioni.

In tutto questo, come accennato prima, la cultura cattolica diventa bersaglio comodo: tanto – diciamocelo – non esplode nulla e non cade nessun anatema (o se cade, lo si ignora con due tweet sdegnati). Provassero a fare la stessa operazione con un’altra religione più “gelosa” delle proprie tradizioni, e vediamo in quanti sarebbero pronti a gioire di questi esperimenti rivoluzionari.

Il risultato finale è che, a furia di rivedere, riformulare e “re-interpretare” ogni aspetto del passato, non ci si capisce più nulla. E l’effetto è paradossale: una parte di pubblico (non solo cristiani convinti, ma anche semplici cultori di storie coerenti) si sente presa in giro, mentre chi porta avanti questa deriva woke si vanta di aver aperto chissà quale straordinario orizzonte. Un orizzonte che, diciamocelo, sembra più un collage posticcio che una vera rilettura artistica.

Se dunque la prossima estate vedremo Gesù con lo smalto alla moda e un vibrante timbro femminile, bene per il cast che fa il sold-out a teatro. Ma, almeno, risparmiamoci la retorica del “lo facciamo per aprire le menti”: a volte si apre talmente tanto la mente da lasciare uscire il buonsenso. E, francamente, sacrificare la coerenza storica e religiosa sull’altare del politically correct sembra l’ennesimo segnale di una cultura che, in nome di un relativismo sfrenato, pretende di riscrivere tutto.

Peccato che in questo frullatore ci finisca pure la fede di milioni di persone, che vengono trattate come minorenni incapaci di capire se un’idea sia rispettosa oppure un semplice sfoggio di presunta “tolleranza”. Infine, un consiglio spassionato: se proprio si vuol mettere in scena un Dio donna e di colore, tanto vale creare un personaggio nuovo, con una storia nuova. Sarebbe pure più creativo. Ma, si sa, se non attacchiamo Gesù Cristo di tanto in tanto, come facciamo a sentirci trasgressivi?

Ecco l’ultima frontiera della follia woke: il revisionismo più sfrenato, dove non esistono limiti, regole né strutture. Purché si lanci un messaggio: “Tutto è fluido, tutto è opinabile, e se domani ci viene in mente di dipingere la Monna Lisa come un extraterrestre, guai a chi si oppone”. Bene, buon divertimento a riscrivere la storia. Ma la sensazione è che un pizzico di onestà in più – e un po’ di rispetto per i simboli altrui – non farebbe male a nessuno.

 

 

 

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Info Autore
Massimo Reina
Author: Massimo Reina
Biografia:
Giornalista, scrittore e Social Media Editor, è stata una delle firme storiche di Multiplayer.it, ma in vent’anni di attività ha anche diretto il settimanale Il Ponte e scritto per diversi siti, quotidiani e periodici di videogiochi, cinema, società, viaggi e politica. Tra questi Microsoft Italia Tecnologia, Game Arena, Spaziogames, PlayStation Magazine, Kijiji, Movieplayer.it, ANSA, Sportitalia, TuttoJuve e Il Fatto Quotidiano. Adesso che ha la barba più bianca, ascolta e racconta storie, qualche volta lo fa con le parole, altre volte con i video. Collabora con il quotidiano siriano Syria News e il sito BianconeraNews, scrive per alcune testate indipendenti come La Voce agli italiani, e fa parte, tra le altre cose, dell'International Federation of Journalist e di Giornalisti Senza Frontiere. Con quest’ultimo editor internazionale è spesso impegnato in scenari di guerra come inviato, ed ha curato negli ultimi 10 anni una serie di reportage sui conflitti in corso in Siria, Libia, Libano, Iraq e Gaza.
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