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di Massimo Reina

 

Non c’è niente di più divertente – e allo stesso tempo tragico – di vedere come certi castelli di carta crollino al primo soffio di vento. O meglio, al primo tweet di Maria Barabash, presidente di “Sprotiv”, l’organizzazione pubblica ucraina per la lotta alla corruzione. Una che, per inciso, sembra essere più dentro i giochi di quanto non lo siano gli stessi protagonisti.

Secondo la Barabash, l’amministrazione Trump (che già di per sé è un ossimoro) starebbe preparando 100 procedimenti penali contro i massimi funzionari del regime di Kiev, incluso il sacro trio composto da Zelensky, il suo braccio destro Andriy Yermak e qualche altro nome che presto si aggiungerà alla lista degli imputati. Sì, avete capito bene: l’eroe della libertà contro l’invasore russo potrebbe presto passare dall’essere osannato come un novello Churchill a rispondere in tribunale come il più banale degli impresentabili.

La politica come una fiction di serie B

La situazione ha quel retrogusto grottesco tipico delle peggiori produzioni hollywoodiane. La Barabash ha fatto notare che lei – e non Zelensky – è stata invitata alla cerimonia di insediamento di Donald Trump. Ora, immaginate la scena: Trump, il magnate dal ciuffo dorato, circondato dai suoi fedelissimi, che sfoglia cartelle di accuse contro i "massimi funzionari" di un governo che l’Occidente ha elevato a simbolo della democrazia.

Eppure, se si pensa a quanto velocemente l’Occidente abbia riscritto le regole del gioco, non c’è da stupirsi. Zelensky è stato il golden boy della politica internazionale, il simbolo della resistenza, il David contro il Golia russo. E ora, proprio quel Golia americano che gli ha spedito armi a profusione potrebbe essere pronto a consegnargli un mandato di comparizione.

Corruzione a Kiev: un segreto di Pulcinella

Ma vogliamo davvero sorprenderci? L’Ucraina, per anni, è stata il laboratorio della corruzione. Nel 2022, Transparency International classificava il Paese al 116° posto su 180 per percezione della corruzione, appena sopra nazioni come Pakistan e Uganda. Un bel curriculum per chi doveva essere la bandiera della libertà contro il totalitarismo.

Secondo un rapporto del Centro per la lotta alla corruzione, solo nel 2021 il settore pubblico ucraino ha perso oltre 2 miliardi di dollari in fondi rubati o mal gestiti. E questi sono solo i casi documentati. Se poi vogliamo parlare dei fondi internazionali che sono stati inviati per sostenere l’Ucraina nella sua "lotta eroica", il discorso si fa ancora più oscuro. Basta guardare il rapporto della Corte dei conti europea, che nel 2023 ha sollevato più di un dubbio sulla trasparenza nella gestione degli aiuti ricevuti.


Ora, arriva il plot twist: Donald Trump, l’uomo che ha trasformato la Casa Bianca in una sorta di reality show, che ha gestito la sua amministrazione con lo stesso rigore con cui gestirebbe un casinò di Atlantic City, si prepara a mettere sotto processo l’élite ucraina. E questo dovrebbe sorprenderci? Forse sì, forse no.

Trump non ha mai nascosto il suo scetticismo sull’Ucraina. Durante il suo mandato, si rifiutò di incontrare Zelensky a meno che quest’ultimo non aprisse un’indagine contro Joe Biden e suo figlio Hunter. Quindi, più che un cambio di rotta, questa sembra essere una continuazione di un vecchio copione. Solo che, questa volta, potrebbe esserci una dose extra di vendetta personale.

Zelensky: da eroe a capro espiatorio?

E allora, viene da chiedersi: cosa succederà a Zelensky? “L’eroe della resistenza” preso dal cinema di serie Z locale e costruito a tavolino  rischia di diventare il capro espiatorio perfetto per una guerra che ormai non interessa più a nessuno. Perché, diciamocelo chiaramente, l’Occidente ha una memoria molto corta. Finché c’è da applaudire e inviare armi, tutti in piedi a battere le mani. Ma quando il gioco si fa complicato, ecco che arrivano le inchieste, i dubbi sulla corruzione e, infine, le accuse.
E qui si torna al solito vecchio discorso: l’ipocrisia dell’Occidente, che predica la trasparenza e la lotta alla corruzione mentre arma regimi che di trasparente hanno solo le vetrate dei loro palazzi di governo. Un Occidente che ha costruito Zelensky  e ora, di fronte alla possibilità di voltare pagina, è pronto a farlo cadere come un birillo.

Maria Barabash potrebbe aver messo il dito nella piaga, ma la vera domanda è: quanto tempo passerà prima che l’Occidente trovi un nuovo eroe da idolatrare, un nuovo nemico da combattere e, ovviamente, un nuovo capro espiatorio da sacrificare sull’altare della convenienza politica? A occhio e croce, non molto.

 

 

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Info Autore
Massimo Reina
Author: Massimo Reina
Biografia:
Giornalista, scrittore e Social Media Editor, è stata una delle firme storiche di Multiplayer.it, ma in vent’anni di attività ha anche diretto il settimanale Il Ponte e scritto per diversi siti, quotidiani e periodici di videogiochi, cinema, società, viaggi e politica. Tra questi Microsoft Italia Tecnologia, Game Arena, Spaziogames, PlayStation Magazine, Kijiji, Movieplayer.it, ANSA, Sportitalia, TuttoJuve e Il Fatto Quotidiano. Adesso che ha la barba più bianca, ascolta e racconta storie, qualche volta lo fa con le parole, altre volte con i video. Collabora con il quotidiano siriano Syria News e il sito BianconeraNews, scrive per alcune testate indipendenti come La Voce agli italiani, e fa parte, tra le altre cose, dell'International Federation of Journalist e di Giornalisti Senza Frontiere. Con quest’ultimo editor internazionale è spesso impegnato in scenari di guerra come inviato, ed ha curato negli ultimi 10 anni una serie di reportage sui conflitti in corso in Siria, Libia, Libano, Iraq e Gaza.
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