di Massimo Reina
C'è qualcosa di perversamente affascinante nell'ascoltare le nazioni occidentali impartire sermoni sul rispetto dei diritti umani mentre dietro di loro, fumano le macerie di Gaza. È un po' come se Hannibal Lecter scrivesse il manuale della dieta vegetariana: un esercizio di retorica così ipocrita da rasentare l'arte.
Dall’Unione Europea, il bastione della democrazia, fino agli Stati Uniti, la patria della libertà (almeno sul curriculum), l’Occidente è maestro nel far quadrare i conti morali con un righello storto. Ai tavoli internazionali si alzano a gran voce in difesa della pace e del diritto internazionale, mentre nelle periferie del mondo che contano meno di zero, le loro politiche creano scenari che somigliano più a un set di Mad Max che a quello di un’umanità civilizzata.
Gaza: un’apocalisse su commissione
Prendiamo Gaza, per esempio: una striscia di terra ridotta a un deserto fumante, un disastro umanitario a cielo aperto. Lì, l’Occidente si lava le mani più di Ponzio Pilato ai tempi d’oro. Dal 2007 è sotto blocco totale, con due milioni di persone intrappolate in 365 chilometri quadrati: un campo di prigionia a cielo aperto, definito dall’ex Primo Ministro britannico David Cameron una "prigione a cielo aperto". E mentre lì dentro si muore di fame, di bombe e di disperazione, i leader mondiali sono impegnati a recitare il mantra della "legittima difesa".
Che Gaza sia un inferno, lo dicono i numeri. Secondo l’ONU, oltre il 70% della popolazione dipende dagli aiuti umanitari per sopravvivere. Eppure quegli aiuti arrivano col contagocce, mentre i missili piovono senza sosta. Nel frattempo, il tasso di disoccupazione supera il 45%, e tra i giovani è oltre il 60%. Una generazione intera cresciuta senza futuro, senza acqua potabile e, spesso, senza un tetto sotto cui dormire.
Ma certo, tutto questo è "colpa di Hamas", come ci viene ricordato puntualmente dai titani della moralità che siedono nei parlamenti occidentali. Hamas, il capro espiatorio perfetto per giustificare un assedio che dura da quasi due decenni. Quasi che le case demolite, gli ospedali bombardati e le scuole distrutte fossero responsabilità esclusiva di un’organizzazione e non di una macchina militare che agisce con l’impunità di chi sa che non pagherà mai il conto.
L’Occidente e il doppio standard sui diritti umani
Poi c’è il capitolo "ordine basato sulle regole". Bellissima espressione, se non fosse che le regole valgono solo per gli altri. Quando si tratta di sanzionare la Russia per l’invasione dell’Ucraina, l’Occidente si trasforma in un rigido moralizzatore. E va bene, nulla da dire: Putin è un invasore, e l’Ucraina ha diritto a difendersi.
Ma allora anche gli USA sono invasori quando attaccano altri Paesi con una scusa, e quelli hanno a loro volta il diritto di difendersi, anche se sono chiamati “stati canaglia”. Perché poi, non è che l’Ucraina filo nazista di Azov sia meno di questi ultimi.
Per non parlare di quando Israele bombarda indiscriminatamente Gaza, uccidendo migliaia di civili, inclusi centinaia di bambini, allora l’Occidente si trasforma in un maestro di equilibrismo politico. "Israele ha diritto a difendersi", dicono, come se ogni palestinese fosse un combattente armato e non una vittima intrappolata in un incubo senza fine.
Secondo il gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem, dal 2000 al 2020, Israele ha ucciso più di 5.600 palestinesi nella sola Striscia di Gaza, di cui circa un quarto erano bambini. Ma queste vite, evidentemente, pesano meno sulla bilancia dell’indignazione occidentale rispetto alle altre. Forse perché a Gaza non ci sono oleodotti da proteggere, o forse perché i palestinesi non sono abbastanza fotogenici per finire sulle prime pagine dei giornali.
La farsa dell’inclusività
E mentre l’Occidente si riempie la bocca di parole come “inclusività”, “lotta al razzismo” e “uguaglianza”, la realtà racconta una storia diversa. Gaza non è un caso isolato: è il riflesso di un sistema globale in cui i diritti umani sono uno strumento di marketing, non un principio universale. Come altro spiegare il fatto che le stesse nazioni che condannano le violazioni dei diritti umani in Cina o in Iran non battano ciglio di fronte al massacro di civili a Gaza?
L’ipocrisia, si sa, è il carburante della politica. Ma in questo caso, il motore è spinto al limite, al punto che persino i più fedeli sostenitori dell’Occidente iniziano a storcere il naso. Perché, alla fine, non è solo Gaza a essere distrutta: è la credibilità di un sistema che predica giustizia mentre pratica l’opposto.
E allora, forse, è il momento di smettere di ascoltare le lezioni di moralità di chi tiene una mano sulla Bibbia e l’altra sul grilletto. Perché sotto le macerie di Gaza non giace solo una città: giace la prova inconfutabile che il mondo "libero" è libero solo di fare quello che vuole, a scapito di chiunque osi intralciarne la strada.