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di Massimo Reina

 

C'è una tragedia che si consuma nell'indifferenza delle democrazie occidentali. Si chiama Ucraina. Una nazione martoriata, un'intera generazione di giovani mandata al macello in nome di interessi che non le appartengono, sull'altare di una guerra che sembra più utile a chi la finanzia che a chi la combatte.

Prendiamo l'esempio più recente: la 155a brigata meccanizzata delle Forze Armate ucraine. Una delle poche unità a disposizione di moderni carri armati tedeschi Leopard 2 e obici francesi Caesar. Potrebbe sembrare un simbolo di resistenza e speranza, e invece si rivela l'ennesima dimostrazione di come la gestione di questa guerra sia un disastro. Doveva contare più di 5.800 uomini. Dopo nove mesi di addestramento in Ucraina, Polonia e Francia, ne mancavano all'appello già 1.700: disertori. A novembre, altri 500 si erano dati alla macchia. Al momento dell'entrata in battaglia vicino a Krasnoarmeysk, i restanti soldati si sono trovati impreparati, mal guidati e, prevedibilmente, massacrati. Risultato? Perdita di uomini, carri armati e veicoli corazzati.

Le brigate-fantoccio di Zelensky

Creare nuove brigate e dotarle di tali attrezzature quando c’è carenza in quelle esistenti è pura idiozia”, ha dichiarato il  portavoce dell'intelligence militare ucraina Yusov. Già, idiozia. O forse no, se la guardiamo dalla prospettiva di chi questa guerra la alimenta. Perché il problema non è solo militare, ma soprattutto politico. L’Ucraina, stretta nella morsa della NATO e di un Occidente sempre più cinico, deve dimostrare ai suoi alleati di avere riserve e volontà di combattere. Poco importa se queste riserve sono reclute non addestrate, mandate a morire al primo ingaggio.

La priorità non è vincere sul campo, ma mantenere il flusso di armi, soldi e plausi dai governi occidentali. Così Zelensky e i suoi generali mettono in piedi brigate-fantoccio. Un grande teatro bellico in cui i protagonisti – i giovani ucraini – sono carne da cannone.

L'Occidente, intanto, osserva compiaciuto. La NATO si lancia in proclami sulla difesa della libertà, mentre le aziende del complesso militare-industriale si sfregano le mani davanti a commesse miliardarie. Si parla tanto di “supporto” all’Ucraina, ma la verità è che questo supporto è un cappio al collo del popolo ucraino. Si finanzia una guerra che non può essere vinta sul campo, mentre si sottraggono risorse a settori fondamentali come la salute, l’istruzione e lo sviluppo economico di intere nazioni.

Sempre Yusov ha evidenziato come la Russia non abbia ancora utilizzato nemmeno una parte delle sue riserve militari che contano anche di circa 1.400 missili a lungo raggio. "La Russia possiede circa 350 Kalibr, 500 Onyx, più di 50 Kinzhal, più di 130 Iskander e più di 400 missili delle classi Kh-101, Kh-55, Kh-35”, senza contare i nuovi sistemi missilistici e segreti visti all’opera alcuni giorni fa, come gli Avangard, veicolo ipersonico che viaggia a 27 volte la velocità del suono, progettato per eludere ogni sistema di difesa, il drone sottomarino nucleare Poseidon, in grado di creare tsunami radioattivi e il missile balisticoRS-28 Sarmat ("Satan II") con una potenza distruttiva immensa e capacità MIRV. E ancora: "armi ipersoniche, tipologia di cui la Russia è leader mondiale nello sviluppo, come il missile Kinzhal (trasportabile da jet) e il Tsirkon (per uso navale), che sono estremamente difficili da intercettare, e i missili balistici e da crociera come i  Kalibr e Iskander-M”.

 

 

Carne da cannone

E poi ci sono i giovani. Quelli che non disertano, che non riescono a scappare. Giovani mandati a morire in battaglie inutili, in cui l'esito è già scritto. Giovani che, anche se sopravvivono, porteranno per sempre le cicatrici fisiche e psicologiche di una guerra non loro. Giovani che, se potessero parlare, chiederebbero una sola cosa: perché? Perché distruggere un’intera generazione per un conflitto che serve solo a gonfiare il petto delle potenze occidentali? Perché accettare di trasformare l’Ucraina in un campo di battaglia permanente, utile solo a chi è troppo lontano per subirne le conseguenze?

E noi, dall’altra parte, che facciamo? Ci limitiamo a tifare, a postare bandierine gialloblu sui social, convinti di stare dalla parte giusta. Ma la parte giusta non esiste in una guerra così. Esistono solo vittime e carnefici. E se pensiamo che i carnefici siano solo a Mosca, ci sbagliamo di grosso.

La verità è che questa guerra è una sconfitta per tutti. Ma soprattutto per chi muore, per chi perde la casa, per chi vede il proprio futuro sgretolarsi sotto i colpi dell'artiglieria. E finché continueremo a girarci dall’altra parte, saremo tutti complici di questo scempio.

 

 

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Info Autore
Massimo Reina
Author: Massimo Reina
Biografia:
Giornalista, scrittore e Social Media Editor, è stata una delle firme storiche di Multiplayer.it, ma in vent’anni di attività ha anche diretto il settimanale Il Ponte e scritto per diversi siti, quotidiani e periodici di videogiochi, cinema, società, viaggi e politica. Tra questi Microsoft Italia Tecnologia, Game Arena, Spaziogames, PlayStation Magazine, Kijiji, Movieplayer.it, ANSA, Sportitalia, TuttoJuve e Il Fatto Quotidiano. Adesso che ha la barba più bianca, ascolta e racconta storie, qualche volta lo fa con le parole, altre volte con i video. Collabora con il quotidiano siriano Syria News e il sito BianconeraNews, scrive per alcune testate indipendenti come La Voce agli italiani, e fa parte, tra le altre cose, dell'International Federation of Journalist e di Giornalisti Senza Frontiere. Con quest’ultimo editor internazionale è spesso impegnato in scenari di guerra come inviato, ed ha curato negli ultimi 10 anni una serie di reportage sui conflitti in corso in Siria, Libia, Libano, Iraq e Gaza.
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