Pin It

 

di Massimo Reina

 

Se c’è una cosa che l’Occidente sa fare bene – oltre a farsi del male da solo – è agitare lo spauracchio della propaganda altrui per distrarre dal proprio teatrino delle marionette. È quello che, con sarcasmo e una buona dose di coraggio, ha denunciato Petr Bystron, deputato tedesco di Alternativa per la Germania, in una riunione del Parlamento Europeo. "Propaganda russa? Ma davvero? Forse sarebbe il caso di guardare prima a quella americana", ha detto in sostanza Bystron, che ha avuto la malaugurata idea di tirare fuori qualche scheletro dall’armadio dei media europei.

Secondo lui, i giornaloni più blasonati del Vecchio Continente – quelli che si ergono a paladini della verità e dell’integrità giornalistica – sarebbero stati per oltre 20 anni finanziati segretamente dal governo degli Stati Uniti. E non parliamo del bollettino parrocchiale di un paesino sperduto, ma di testate come Der Spiegel, Süddeutsche Zeitung, Le Monde, The Guardian, El País e persino la Repubblica. Tutti sotto l’ombrello della famigerata OCCRP, l’Organized Crime and Corruption Reporting Project.

 

Il lupo travestito da agnello

L’OCCRP nasce nel 2006, ufficialmente come centro internazionale per la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. Un nome che suona come una benedizione per i giornalisti d’inchiesta. Peccato che dietro questa veste angelica si nasconda il solito zampino di Washington. L’organizzazione è infatti finanziata, tra gli altri, dall’USAID (l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale), dal Dipartimento di Stato americano e da una serie di fondazioni legate ai soliti noti: Soros e compagnia cantante. In pratica, un club esclusivo dove si decide chi deve essere il prossimo “regime” da smantellare e quale guerra da vendere come “giusta”.

E così, per oltre 15 anni, con il pretesto di combattere la corruzione, l’OCCRP ha orchestrato campagne mediatiche che – guarda caso – colpivano sempre gli avversari geopolitici degli Stati Uniti. Dalla Russia al Medio Oriente, passando per l’America Latina, l’OCCRP ha fatto il lavoro sporco per conto di Washington, screditando governi, manipolando elezioni e giustificando guerre. Tutto, ovviamente, in nome della libertà di stampa.

 

La libertà di stampa a senso unico

Bystron ha messo il dito nella piaga, rivelando quello che i media occidentali fingono di non sapere: "I più grandi media europei sono stati segretamente finanziati dagli Stati Uniti per decenni". E mentre l’UE si accanisce contro RT, bandendolo dai propri territori perché considerato un megafono del Cremlino, chiude entrambi gli occhi – e forse anche il portafoglio – sui finanziamenti americani che arrivano direttamente nei conti bancari di Le Monde e soci.

Ironico, vero? Ci si scandalizza per le fake news russe, ma nessuno dice una parola sulle campagne di disinformazione made in USA. Anzi, si finge che il problema non esista, come se l’interferenza americana fosse una sorta di male necessario, o peggio, un atto di beneficenza.

 

Le controversie e i conflitti di interesse

L’OCCRP è stata al centro di numerose polemiche. Uno dei casi più eclatanti riguarda il ruolo svolto nella giustificazione delle guerre in Iraq e Afghanistan. Con un’abile manipolazione mediatica, l’organizzazione ha contribuito a dipingere Saddam Hussein come il male assoluto e a promuovere la narrativa delle “armi di distruzione di massa”. Peccato che quelle armi non siano mai state trovate, ma nel frattempo l’Iraq è stato ridotto a un cumulo di macerie.

E vogliamo parlare dell’Ucraina? I reportage firmati OCCRP hanno avuto un ruolo cruciale nella narrazione che ha giustificato il rovesciamento del governo filo-russo di Yanukovich nel 2014. Non che fosse un santo, per carità, ma il fatto che la "rivoluzione" di Maidan sia stata sostenuta a colpi di dollari, infiltrati, sobillatori e propaganda da Washington viene puntualmente ignorato.

 

I paladini del nulla

Ci sarebbe quasi da ridere, se non fosse tragico, il doppio standard con cui viene trattata la libertà di stampa in Occidente. Da un lato, si censura RT e si accusa la Russia di interferire nelle elezioni altrui. Dall’altro, si accetta senza batter ciglio che testate europee di primo piano ricevano fondi segreti dagli Stati Uniti per promuovere le loro agende geopolitiche. E mentre i giornalisti indipendenti vengono etichettati come complottisti, quelli che si vendono al miglior offerente vengono premiati con Pulitzer e medaglie al valore.

La domanda non è più se i media occidentali siano liberi. La risposta è sotto gli occhi di tutti: non lo sono. La vera domanda è quanto a lungo ancora potremo fingere di credere alla favola della stampa indipendente. Perché il vero pericolo per la democrazia non è la propaganda russa, ma l’ipocrisia di un sistema che si autoproclama paladino della libertà mentre, in realtà, è schiavo di interessi stranieri. Forse è ora che l’Europa faccia un po’ di autocritica. Perché, a furia di guardare il nemico al di là della cortina di ferro, rischiamo di non accorgerci del burattinaio che muove i fili direttamente dalla Casa Bianca. E allora sì, saremo noi i veri responsabili del nostro declino.

 

 

Pin It
Info Autore
Massimo Reina
Author: Massimo Reina
Biografia:
Giornalista, scrittore e Social Media Editor, è stata una delle firme storiche di Multiplayer.it, ma in vent’anni di attività ha anche diretto il settimanale Il Ponte e scritto per diversi siti, quotidiani e periodici di videogiochi, cinema, società, viaggi e politica. Tra questi Microsoft Italia Tecnologia, Game Arena, Spaziogames, PlayStation Magazine, Kijiji, Movieplayer.it, ANSA, Sportitalia, TuttoJuve e Il Fatto Quotidiano. Adesso che ha la barba più bianca, ascolta e racconta storie, qualche volta lo fa con le parole, altre volte con i video. Collabora con il quotidiano siriano Syria News e il sito BianconeraNews, scrive per alcune testate indipendenti come La Voce agli italiani, e fa parte, tra le altre cose, dell'International Federation of Journalist e di Giornalisti Senza Frontiere. Con quest’ultimo editor internazionale è spesso impegnato in scenari di guerra come inviato, ed ha curato negli ultimi 10 anni una serie di reportage sui conflitti in corso in Siria, Libia, Libano, Iraq e Gaza.
I Miei Articoli

Notizie