di Massimo Reina
La vicenda del concerto di Capodanno a Roma, con Tony Effe escluso dalla lineup del Circo Massimo per via dei suoi testi sessisti e misogini, si è trasformata in una farsa mediatica, ma non nel modo che il diretto interessato vorrebbe farci credere. Lo storytelling che il trapper romano e i suoi sostenitori stanno cavalcando è quello della "censura", della "libertà artistica calpestata" e di un presunto complotto orchestrato da femministe e perbenisti. Ma dietro queste urla di vittimismo, è d'obbligo chiedersi: dov'è la libertà di chi non vuole che simili messaggi siano celebrati in un evento istituzionale?
Libertà di espressione o coerenza selettiva?
Per chi non avesse mai avuto il "piacere" di approfondire i brani di Tony Effe, vale la pena citarne uno, tanto per comprendere il livello. Nel brano "Balaclava" (2020), il trapper dichiara senza mezzi termini: “Picchio la mia ragazza, dopo ci scopo sopra”. Una frase che non lascia spazio a interpretazioni e che non si presta certo alla solita scusa del "contesto artistico". Ora, è chiaro che Tony Effe non pensa assolutamente di comportarsi così, né crede a quello che canta, chi scrive è convinto che sia un bravo ragazzo come tanti e che fa parte del “personaggio”, ma resta comunque il fatto che alle “orecchie” di chi ascolta, specie dei più giovani, passa un messaggio sbagliato, cattivo, volgare. La violenza e l'oggettivazione delle donne in queste canzoni, infatti, non sono metafore raffinate o provocazioni satiriche: sono slogan, sbattuti in faccia senza alcuna riflessione, “normalizzando” comportamenti che, in altri ambiti, vengono condannati con forza.
E qui arriva il punto cruciale: la libertà di espressione è sacrosanta, ma non si può invocarla a senso unico. Tony Effe può cantare ciò che vuole (il mercato è aperto, i biglietti del suo concerto al Palaeur sono già in vendita), ma è altrettanto legittimo che una città come Roma, in un evento istituzionale e pubblico, scelga di non associarsi a certi messaggi. Il vittimismo del trapper (e dei suoi solidali) suona quindi quantomeno fuori luogo, ma ciò che stupisce ancora di più è il coro proprio di solidarietà che si è levato in suo favore.
La solidarietà dei colleghi: ipocrisia a buon mercato
Mahmood, Mara Sattei e altri cantanti hanno espresso il proprio dissenso per l'esclusione di Tony Effe, schierandosi al suo fianco. Un gesto che, a prima vista, sembra animato da nobili intenti: difendere la libertà artistica, combattere la "cancel culture". Peccato che molti di questi stessi artisti, in altre occasioni, abbiano preso posizioni forti contro il femminicidio, la mercificazione del corpo femminile e la violenza di genere.
Come si concilia questa difesa d'ufficio con alcuni testi di Tony Effe, dove le donne sono regolarmente trattate come oggetti e la violenza viene glorificata? È lecito domandarsi se questi colleghi abbiano mai letto o ascoltato attentamente le canzoni del trapper o se abbiano deciso di sposare una causa solo per guadagnare qualche like in più sui social.
L'arte come alibi
Certo, qualcuno potrebbe ribattere che la musica trap è volutamente esagerata, provocatoria, che non bisogna prenderla alla lettera, e chi scrive qualche riga sopra ha evidenziato proprio il fatto che nemmeno Tony Effe e i suoi colleghi “credono” a quelle parole che cantano, ma spesso recitano una parte. Ma qui, e lo ribadiamo con forza, si parla di normalizzazione di comportamenti aberranti. E l'arte, quando si riduce a essere un alibi per tutto, perde il suo valore trasformativo e diventa un megafono per messaggi tossici.
In definitiva, Tony Effe non è stato "censurato". È stato semplicemente escluso da un evento pubblico che, giustamente, dovrebbe rappresentare valori condivisi e non fare da palco a messaggi divisivi. La sua risposta, un concerto alternativo al Palaeur, è la dimostrazione che la libertà artistica non è in pericolo: è vivo e vegeto, i biglietti sono in vendita, e i suoi fan potranno godersi il suo show.
Ma forse il vero spettacolo non sarà quello sul palco. Sarà osservare come certi artisti, in nome di una solidarietà ipocrita, continueranno a difendere l'indifendibile, tradendo non solo la coerenza, ma anche i valori che sostengono di promuovere.