di Lorenzo Rossomandi
Leggo e ascolto, sempre più frequentemente, opinioni che considerano l’invio di aiuti militari all’Ucraina, per permetterle di difendersi, un’azione da “guerrafondai”.
Sicuramente mettere, un paese palesemente più debole militarmente, in condizioni di resistere, non consente di raggiungere la pace in modo veloce. E su questo, i pacifisti a tutti i costi, possono aver ragione. Ma pensiamo al prezzo da pagare per quella pace. Pensare alla popolazione civile e a tutte le conseguenze che deve subire è qualcosa di straziante, è vero, ma siamo sicuri che quella stessa popolazione civile non sia disposta a soffrire pur di non pagare il prezzo della propria resa?
Di quale prezzo sto parlando?
Il prezzo che un ragazzino dovrebbe pagare al bullo di classe, nel caso decidesse di non accettare i soprusi; quello che un negoziante dovrebbe pagare accettando il ricatto di chi gli chiede il pizzo; quel prezzo che dovrebbe sostenere il lavoratore accettando un lavoro a condizioni di schiavitù; o quello stesso prezzo che rischiano di correre il magistrato, il prefetto, il questore, il poliziotto, il carabiniere davanti alla minaccia di ritorsioni della mafia verso sé stesso o alla propria famiglia. Ma anche quello a cui dovrebbe rassegnarsi la donna che si arrende alla forza di un compagno violento, che la minaccia e la fa vivere nel terrore.
Davvero, coloro che sostengono che l’Ucraina debba essere abbandonata a sé stessa pensa che il ragazzetto, il negoziante, il lavoratore, il magistrato, il questore, il prefetto, il poliziotto e la donna che subisce la violenza, debbano essere lasciati da soli per “evitare il peggio”?
L’egoismo, il menefreghismo, l’indifferenza portano solo ad un risultato: quello di rafforzare il più forte a scapito del più debole.
Fino a quando il più debole sarà chi ha deciso di voltarsi dall’altra parte.
Allora sarà ipocrita gridare aiuto…